Tradimenti
Afghanistan 2021: dopo venti lunghi anni, durante i quali sono state alimentate speranze e illusioni di cambiamento e ritrovata libertà, e dopo qualche piccolo passo avanti in quella direzione, soprattutto per le donne, gli Americani e le forze alleate lasciano Kabul. Il gioco della guerra, la caccia ai terroristi e la presunta esportazione della democrazia si concludono con un nulla di fatto. Si torna a casa, incuranti di cosa si lascia indietro: un paese di nuovo in mano ai talebani e alle scorribande dei loro sostenitori; un paese in cui la condizione femminile piomba di nuovo nel più profondo oscurantismo. E tuttavia, in questo “nuovo mondo antico”, incontriamo tre donne con un comune progetto di libertà: Layla, Faruz e Farida.
Layla, 15 anni, è un’adolescente piena di sogni e di illusioni, la sua vita scorre felice fino al momento in cui viene data in sposa ad un lontano parente, più grande di lei e mai incontrato prima. E non può fare nulla per evitare che ciò accada: è la tradizione e va rispettata, pena dolori e sofferenze per tutti.
“Non voleva un uomo e soprattutto non voleva un marito. Ma era troppo tardi. Non c’era fuga, non c’era un posto dove nascondersi. Dio ti prego aiutami, mamma dove sei? E voi, che neanche riuscite a vedere le mie lacrime, sentite il mio dolore?[…]A casa aveva lasciato le sue bambole, i suoi disegni, i cd musicali che ascoltava con le sorelle. Non aveva neanche portato la gabbia dove teneva due uccellini finti che il fratello aveva intarsiato con il legno, e tantomeno tutte le scarpe che possedeva, mamma aveva detto che ne bastavano tre paia: uno per le faccende quotidiane, uno per andare a far visita a qualcuno, uno per le feste.”
Faruz, poliziotta, determinata e temuta, basta un suo sguardo e la sua fisicità a scoraggiare ogni gesto aggressivo. Uomini attenti! la sua è una professione difficile in un mondo maschilista. Vivere con un padre violento e una madre succube e rassegnata l’hanno temprata e segnata. Il ritorno al potere dei talebani le fa perdere il lavoro e il ruolo sociale confinandola in casa, come tutte le donne afgane, con in più la paura di essere uccisa per il lavoro svolto quando c’erano gli Americani. Ma Faruz ha in serbo una bella sorpresa per il regime.
“Per questo era diventata una poliziotta. Voleva vendetta, poi aveva capito che poteva fare giustizia, che era una cosa migliore e più sana. Quello che non sarebbe mai riuscita a risolvere, era il senso di colpa per non aver salvato la madre. Anche se tutti le dicevano che quando lei morì, era troppo piccola per poter fare qualcosa, era convinta che fosse colpa sua. Che non avrebbe dovuto permetterlo. Ma quando si era arruolata nella polizia, aveva capito che, se non aveva potuto salvare sua madre, forse avrebbe potuto salvare la madre di qualcun’altra. E la maggior parte delle sue colleghe erano lì per lo stesso motivo. Erano diventate poliziotte per combattere contro i loro stessi incubi.”
Farida è una giovane donna educata in una famiglia di vedute più ampie della norma. Insegna Inglese e sogna una vita di indipendenza e il matrimonio con un uomo che ama e che la ami e la rispetti. Quell’uomo esiste! E il colpo di fulmine scatta tra i due.
“…aveva visto Farida in una fredda giornata di neve. Le aveva visto cadere il velo dopo una folata di vento che le aveva scoperto i lunghi capelli corvini, scompigliati dall’aria. Lei si era guardata intorno e non notando nessuno, aveva per un secondo più del dovuto, lasciato scoperta quella testa sempre imprigionata, per godersi il freddo gelido di quel martedì.[…]Si erano conosciuti a scuola. Lei insegnava inglese e lui era uno dei suoi studenti. Avevano la stessa età anche se lei era l’insegnante. Due volte a settimana lei andava a insegnare inglese in un edificio del centro della cittadina dove vivevano[…]All’inizio aveva pensato che avrebbe insegnato a dei ragazzini, poi invece, venne passata in una classe di adulti, la maggior parte ragazze, ma anche qualche uomo. Non era insolito e non era disdicevole, le cose in quegli anni stavano cambiando lentamente e con molta fatica.”
Noi regine di un castello di carta
Layla, Faruz e Farida non si conoscono, ma sono donne afghane imprigionate dentro il restaurato regime islamista. In un modo o nell’altro sono colpite dalla stessa freccia avvelenata talebana. Nel loro caso la freccia, prima scatena dolore e caos, poi diventa messaggera di una nuova dimensione di lotta, amicizia, speranza e futuro, dimensione che accoglie numerose altre donne nelle loro condizioni e con il loro stesso obiettivo in mente:. Ex giudici, ex insegnanti, studentesse escogitano insieme la strategia vincente per portare avanti il loro progetto di ribellione, a partire da un corso di cucito.
“Ma c’è qualcosa che loro (i Talebani) non hanno e noi sì. Siamo intelligenti, e se loro hanno combattuto per 20 anni, noi donne lo facciamo da secoli per sopravvivere. Abbiamo ancora internet, dobbiamo far rete e lottare. Siamo sole e non abbiamo niente da perdere”. Farida sembrò perplessa. “Ma contro chi? Come?”. “così cominciò la militanza di Faruz e Farida, l’ex poliziotta e l’ex insegnante. Sicurezza e istruzione si fondevano in loro. La mancanza di paura dell’una compensava la prudenza dell’altra. L’intelligenza di Farida, e la conoscenza dell’etnia pashtun di cui facevano parte i talebani, le davano un vantaggio senza precedenti.[…]Le più giovani si occupavano dei social media e della tecnologia per raggiungere un pubblico più ampio e sensibilizzare la popolazione sulla situazione delle donne. Avevano ong e giornaliste amiche che le aiutavano senza mai tirarsi indietro. Questo era possibile anche grazie all’uso del VPN che permetteva di accedere a Internet senza essere rintracciati dai talebani.“
BURQA QUEEN (Ed.Radio Bullets) è un romanzo veloce e denso di significato, con una struttura circolare dove non c’è un vero inizio e una vera fine, dove vite di donne forti e combattive si incrociano in un viaggio doloroso ma non privo di speranza, nel mondo maschilista, ottuso e violento dell’Afghanistan post 2020.
L’autrice
Barbara Schiavulli, direttrice responsabile di Radio Bullets e corrispondente di guerra, autrice di questo interessante romanzo, ci suggerisce il modo per individuare “le regine del castello di carta” e metterci al loro fianco.
“Se siete persone ottimiste, che non voltano lo sguardo alle storie degli altri, come spesso ormai fanno i giornali, Farida, Faruz e Layla sono proprio qui. Io lo so, ma non lo posso dire. Dovete trovarle voi. Se aguzzaste la vista mentre andate in giro, potreste anche intravederle. Le regine non passano, di certo, inosservate. Sicuramente si sono sollevate il burqa per mostrarsi in tutta la loro luce. Potrebbero essere le donne velate che vi passano accanto, o quelle che lo hanno riposto nelle pieghe della loro storia.”
Assaggi
Layla, doveri di una donna “La madre nei giorni scorsi le aveva sciorinato le sue pillole di saggezza sul matrimonio: parlare poco, farsi vedere il meno possibile, chiedere ma non troppo, essere invisibile in casa quanto fuori. Doveva tenere la casa pulita, mangiare dopo di lui in cucina. Chiedergli sempre come fosse andata la giornata, ma non doveva aspettarsi che lui facesse altrettanto. Doveva dirgli cosa le serviva ma con gentilezza.
il ritorno dei talebani “Sua madre le aveva raccontato dei talebani durante gli anni ’90 quando era piccola e le aveva anche detto che non sarebbe mai più accaduto, invece eccoli lì, il peggiore degli incubi delle donne, si era avverato. Era come se avessero preso forma dai loro pensieri, nei loro salwar kamiz colorati, i capelli lunghi appiccicati dallo sporco – lavarsi troppo non serviva a nulla – il turbante o il berretto kandahari e il kalashnikov immancabile sulla spalla sotto a quegli occhi vuoti che facevano più paura di qualsiasi fucile. Alle armi erano abituate, erano nate, cresciute e vissute in guerra, ma a quegli occhi che le guardavano con un inspiegabile disprezzo, no, non sarebbero riuscite ad abituarsi.”
Uscite “Quelle rare volte che era uscita in quegli ultimi mesi, aveva superato amiche senza sapere che fossero loro. Alcune le riconosceva dalle scarpe, perché magari quando era ancora possibile, erano andate a comprarle insieme. Altre, invece, avevano un’andatura così particolare che le avrebbe riconosciute anche con un sacco addosso, esattamente come accadeva. Erano giovani, guardavano su internet i tutorial sul trucco per ore, eppure nessuna di loro poteva più mostrarsi. Era come se vivessero in una cappa di fumo che le circondava ovunque andassero.”
Najib marito e amante “come migliaia di giovani uomini senza lavoro del paese, era entrato nell’esercito afghano per poter avere uno stipendio stabile, sapeva che sarebbe stato pericoloso, ma doveva mantenere la sua famiglia d’origine e il suo senso del dovere verso i suoi genitori e il paese lo aveva portato verso quella professione pericolosa, che molti avevano considerato una condanna a morte. In questi vent’anni erano stati uccisi nei combattimenti decine di migliaia di soldati che avevano lottato contro quelli che ora governavano e che si erano presi tutto perché erano stati abbandonati da quelli che avevano messo piede nel paese per cambiarlo e poi stufi del giochino, avevano lasciato, rovesciando il tavolo e facendo saltare per aria tutte le pedine.”
il corso di cucito “in quelle ore che trascorrevano insieme, facevano ginnastica in vista di un corso di difesa personale tenuto da Faruz, mentre Farida insegnava a leggere e a scrivere a chi ne aveva bisogno e traduceva alle altre libri in inglese che parlavano di donne forti che nella storia aveva fatto la differenza. Era come se in quel cortile entrasse un mondo che nessuna di loro aveva mai conosciuto e che fuori sarebbe stato messo al rogo. Più parlavano e leggevano, più si sentivano forti, determinate, pronte. Ma a cosa? Che cosa potevano fare? Non aveva importanza in quel momento, avrebbero trovato una soluzione, prima dovevano prepararsi. Le donne si portavano dietro i bambini o venivano accompagnati dai fratelli perché non potevano uscire da sole e mentre si concentravano sulla loro formazione, le voci dei piccoli risuonavano nel cortile come se fosse una cosa del tutto normale, faticoso da sopportare fuori da quel cancello. Era come se chiuse là dentro, fossero più libere di quanto sarebbero state a casa loro, tra le strade, nella loro città e nel loro paese.”
donne che imparano insieme “Avevano anche imparato le tecniche di crittografia per proteggere le loro comunicazioni come codici e messaggi cifrati. Molte donne che si erano unite al gruppo prima lavoravano per i centri antiviolenza, che erano stati chiusi immediatamente dai talebani al loro arrivo, ma questo non significava che il loro bagaglio fosse andato perduto, e scambiavano informazioni sui diritti, sulle leggi che le avrebbero protette, sulle leggi islamiche e su quello che diceva a proposito il Corano e gli altri libri a cui le autorità de facto facevano riferimento. Condividevano anche informazioni sulle condizioni di vita delle donne in altri paesi musulmani e sugli abusi delle forze talebane.”