I. Calvino-LA GIORNATA DELLO SCRUTATORE. Tre Manifesti al Cottolengo-Torino.

 

Ancora una perla dal Vecchio Scaffale: La Giornata di uno scrutatore di Italo Calvino (1963). Riuscite a pensare ad una lettura più opportuna, ad una settimana dal fatidico voto italiano?

Prendo tra le mani questo esile libretto, mi lascio turbare dalla copertina, lo sfoglio e mi lascio subito catturare dalle sottolineature di mia figlia Stefania, a tratti leggere, a tratti scure e marcate. Le ho vissute come frammenti di un discorso amoroso tra lei e me e ho cercato nei pensieri di Calvino qualcosa del suo animo di lettrice, in quel momento di vita universitaria a Venezia. Emozionante.

“Amerigo Ormea uscì di casa alle cinque e mezzo del mattino. La giornata si annunciava piovosa. Per raggiungere il seggio elettorale dov’era scrutatore[…]il seggio elettorale era situato all’interno del famoso “Cottolengo” di Torino, altrimenti detto “Piccola Casa della Divina Provvidenza”.

E il racconto di questa giornata particolare diventa la storia delle elezioni Italiane, tra presidenti di seggio timorosi, scrutatrici pronte alla verbalizzazione di ogni piccola trasgressione, vestali istituzionali esecutrici di un dovere già concordato, elettori che fanno pensare…

Non mancano i quadretti che ci aspettiamo di trovare: l’onorevole che si da un gran da fare perché tutti votino: malati, beghine, suore, preti… Ma alla fine, si ritrova con se stesso e con le sue fragilità, come tutti i comuni mortali. Che paura!

“l’onorevole si trovò solo, nel cortile, e doveva aspettare che la sua macchina tornasse. Il sole occupava metà del cielo; ma ancora, a sprazzi, dalle nuvole cadeva qualche goccia. L’onorevole ebbe quel momento di solitudine che provano i re e i potenti quando hanno finito di dar ordini e vedono il mondo che gira da solo. Gettò intorno un’occhiata fredda, ostile…”p.48

Ma la giornata non è fatta solo di operazioni di voto. Amerigo incrocia, proprio in questo giorno, un evento che gli stravolgerà la vita. La sua ragazza Lia, con cui stancamente va avanti in un rapporto di comodo, ha qualcosa da comunicargli.

Amerigo è un comunista del 1953 ed ha un suo modo di stare dentro al partito e alla politica. Si fa tante domande, legge i classici del pensiero politico, riflette sui massimi sistemi, ma viene spiazzato dalla vita del Cottolengo, con i suoi malati deformi e problematici, le suore linde e sempre pronte ad aiutare tutti, gli ambienti asettici. E comincia a porsi un mare di domande: chi sono i veri esseri umani? Chi ha veramente diritto al voto? Chi è veramente felice su questa terra? Dove alberga la bellezza? Che tipo di società stiamo costruendo? Che tipo di futuro?

L’incontro che lo illumina è però quello con il papà contadino, rozzo ma affettuoso, con il figlio malato. Ogni domenica lo va a trovare, gli sbuccia le mandorle, gliele avvicina alla bocca e non smette un solo secondo di guardarlo negli occhi. È suo figlio, è parte della sua persona che vede riflessa in lui. Per Amerigo è “l’Epifania”.

“Anche l’ultima città dell’imperfezione ha la sua ora perfetta, pensò lo scrutatore, l’ora, l’attimo, in cui in ogni città c’è la Città”p.83

Il racconto di Calvino mi riconcilia con l’asprezza e le assurdità della campagna elettorale che stiamo vivendo. Per evitare di scadere nella più trita banalità  chiudo con le sue parole, non una di più non una di meno:

“No, per poco che cominci a spiegare e a commentare quello che ho scritto, dico delle banalità… In somma, tutto quel che mi sentivo di dire è nel racconto, ogni parola in più già comincia a tradirlo. Dirò soltanto che lo scrutatore arriva alla fine della sua giornata in qualche modo diverso da com’era al mattino; e anch’io, per riuscire a scrivere questo racconto, ho dovuto in qualche modo cambiare.” estratto dalla presentazione del libro