1976- 1993 è il periodo in cui si svolgono gli eventi che Roberto Saviano racconta in Solo è il coraggio. Giovanni Falcone. Il romanzo.
Si comincia con il racconto dell’infanzia tragica e bombardata del feroce capomafia Totò Riina. Chi comincia così ha già un destino segnato. Poi cominciano ad apparire sul palcoscenico i protagonisti della vicenda, dai direttori di banca collusi, ai malavitosi che sparano e, finalmente, a tanti uomini e donne che con coraggio e visione iniziano la loro guerra legale contro la criminalità organizzata, la Mafia, Cosa Nostra.
Tra questi emerge Giovanni Falcone che decide di dare credito alla sua più dirompente intuizione. Segui il denaro… Chiedi i resoconti bancari, colpiscili negli affari. Intuisce che dietro le “ammazzatine” esiste una vera organizzazione a delinquere capace di gestire un sistema che produce denaro e potere. Partono indagini coraggiose, ma i mafiosi reagiscono e uccidono chi indaga, chi istruisce processi, chi propone e fa approvare leggi contro di loro.
L’astronave verde
Ma il coraggio spinge in avanti il pool antimafia, fino al Maxiprocesso nell’aula bunker che i giornalisti chiamano Astronave verde. Alla fine centinaia di mafiosi verranno condannati. Il primo importante tassello del mosaico è stato messo. C’è ancora tanto tanto da fare, ma gli ostacoli vanno aumentando e Falcone è sempre più isolato.
Una società malata
Il dramma in cui ci fa calare Saviano è quello di una società malata di mafia. L’autore ci accompagna con dovizia di particolari e di riferimenti reali (norme, leggi, testimonianze dirette) dentro le vite di decine di giudici, poliziotti e gente per bene che hanno avuto un unico grande torto agli occhi dei mafiosi: ripulire con coraggio e determinazione la società dalla male erbe, ridare dignità a un territorio (La Sicilia e l’Italia) deturpato dall’infamia delle uccisioni, della prevaricazione, della malvagità di Cosa Nostra.
Ma la bestia reagisce con la sua proverbiale ferocia. Devono morire tutti per questo “peccato”, per l’affronto fatto a loro, “uomini d’onore”. E moriranno infatti di morte violenta, proprio nello stile di questa accozzaglia di reietti.
E nello stesso periodo…
1976 – 1990 è il periodo della mia vita a Messina. Nel seguire la cronologia degli eventi raccontati nel romanzo, mi sono spesso chiesta come, da cittadina “normale”, io abbia vissuto quei momenti, quali informazioni mi arrivavano e in che modo partecipavo agli eventi che si stavano dipanando intorno a me.
E mi rendo conto che ero talmente presa dalle vicende della vita quotidiana che non avevo capito fino in fondo cosa stesse veramente accadendo. Ho sfiorato il mondo dell’antimafia grazie ad alcune menti brillanti e “civili” di Messina con le quali ho partecipato ad attività di sensibilizzazione al fenomeno mafioso. Ma l’impresa era titanica. La frase più ricorrente in certi ambienti era “A Messina la mafia non esiste, e dunque di cosa parliamo?”
Le pagine sul giudice Rocco Chinnici e le sue visite alle scuole per parlare di Mafia ai giovani, su cui riponeva le sue speranze per salvare l’Italia, mi hanno fatto ricordare un episodio. Avevamo organizzato una conferenza con Danilo Dolci in un liceo classico della città. Durante la conferenza si scatenò una specie di rissa verbale tra i partecipanti, alcuni dei quali si erano sentiti quasi offesi da quanto si andava dicendo sulla presenza della mafia a Messina. Erano i primi anni 80 e il sangue scorreva copioso nelle strade siciliane. Qualcuno commentava: “Si ammazzano tra loro… fanno pulizia”.
Studiare per raccontare
Saviano ha “studiato” molto per scrivere il libro. In appendice, per ciascuna sezione/capitolo in cui è organizzato il volume, elenca tutti i libri e i documenti che ha consultato e quelli che gli hanno ispirato deduzioni, ipotesi, fughe narrative. Sono davvero tanti e tutti autorevoli. Il romanzo è il risultato di un’opera di tessitura di una rete narrativa che ha permesso al lettore un approccio alla storia disteso ma coinvolgente, a tratti perfino troppo coinvolgente! Sono stata spesso assalita da sentimenti forti e contrastanti: rabbia, sconforto, tristezza, ma anche tenerezza verso i protagonisti nei loro momenti di vita quotidiana con gli amici, i colleghi, i familiari, i loro affetti più cari.
La storia d’amore di Giovanni e Francesca
Lo scrittore si permette una licenza poetica e cita il Sonetto n. 8 di William Shakespeare per renderci partecipi dei pensieri di Falcone sull’opportunità di avere figli, di sposare la sua Francesca e di lasciarla vedova nel giro di poco tempo, perché così era scritto nel suo destino. Mai avrebbe immaginato di averla accanto anche nell’ultimo atto della loro vita.
“Temi di bagnar l’occhio di una vedova
Tu che in celibe vita ti consumi?
Oh se pur morirai senza un erede
Gemerà il mondo quale sposa inutile;
sarà il mondo la tua vedova in pianto
perché forma di te non lasci al poi,
mentre a privata vedova riappare
negli occhi dei figlioli il caro volto.
Guarda, quello che un prodigo disperde
Muta sol luogo. E il mondo ancor ne gode;
ma chiuso al mondo è di beltà lo sperpero
e chi l’ha, se non l’usa, la dissolve.
Amor d’altri non è dentro quel petto
Che tal vergogna suicida commette.
(Trad. Rina Sara Virgillito. Grandi Tascabili Economici 17- Newton1988)
Ma ancora una volta il coraggio vince e i due si sposano. I presunti pensieri e dubbi di Giovanni prima e durante la cerimonia sono commoventi e si riallacciano al contenuto del sonetto di Shakespeare. Alla fine la cerimonia intima e veloce ha luogo al comune di Palermo con Leoluca Orlando Sindaco officiante.
Roberto dentro la storia
In alcune delle pagine in cui l’autore dice di aver “romanzato” gli eventi, credo che ci sia molto della sua esperienza personale, vedi ad esempio i passaggi “sulla paura e sul coraggio ”. Rimandano nel mio immaginario alla figura di Saviano e del suo rapporto con la paura e con le scelte coraggiose fatte.
Quanto costa il coraggio? “Senza paura non c’è coraggio. Viaggiano insieme. Come adesso Giovanni. Questa zavorra che ti porti addosso, questo chiodo nel piede, questa tua cara menomazione. Ti sentiresti più leggero se ne avessi un po’ meno: dell’una e dell’altro” 471
“Quanto costa il coraggio? Quanto al grammo?
Di cosa è fatto, per bruciare così tanto?
Che vanità il coraggio! Quanta esibizione!
Ti ci riempi il petto, o almeno il cuscino?
È abbastanza morbido da dormirci sopra?
Lo rivendi bene o è un affare a perdere?
Quando l’hai scelto? Te lo ricordi?
Lo maledici ogni tanto? Certo che lo fai. È chiaro.
Quanto l’hai pagato? Questo tuo bel coraggio?
Non lo sai ancora. Credi, ma non sai.
Che rumore fa?
Il coraggio
Quando cade per terra? p.475
Conclusione
La conclusione della storia è di un’intensità straziante. Paolo Borsellino ha saputo della strage:
”«Giovanni, Giovanni!» mentre le lacrime gli rigano le guance, si fanno strada sulla pelle rasata precipitando tra le sue scarpe nere. Nemmeno lui ha mai smesso di crederci ( a un mondo senza più mafia). Soltanto che adesso si sente solo. Ed è inevitabile che sia così, perché solo è il coraggio.”
Perché leggere questo libro
Solo è il coraggio è un’opera che ti spinge a porti molte domande, una può riassumerle tutte. “ma è successo tutto veramente?” Sì, è successo tutto veramente. Non c’è niente di inventato perché tutto è scritto e documentato negli incontrovertibili atti legali, nelle autentiche testimonianze di chi ha vissuto quegli eventi e può fortunatamente raccontarli, negli effetti che tali eventi hanno prodotto sui comportamenti dei cittadini, sulla legislazione, sulla società in senso lato.
Sono una convinta estimatrice di Saviano e delle sue indubbie doti di scrittore, quindi non posso che consigliare la lettura anche di questo suo ultimo lavoro, ma con un’ avvertenza: leggetelo con attenzione, con consapevolezza e, se possibile, fuori da ogni pregiudizio. Quanto narrato può fare molto male perché ci si rende conto di essere dentro meccanismi che, a distanza di tanto tempo da quando sono accaduti gli eventi, sono ancora lì ben oleati. Magari hanno cambiato vestito, magari camminano su gambe e teste più eleganti e raffinate, ma nel profondo della loro essenza sono sempre gli stessi.
E si prova dolore perché ci si cala nella vita delle famiglie di questi grandi “ combattenti per la legalità” e si comprende il loro dolore e la loro rabbia. Solo è il coraggio. Giovanni Falcone Il Romanzo è una grande opera di narrativa civile.
E ancora non è finita. Anzi…
Questo romanzo non è una biografia, né una storia di mafia e antimafia tout court, queste sono pagine di Storia del nostro paese, una storia che continua ad avere infauste conseguenze sul nostro presente.
Oggi, 19 Agosto 2022, a trenta anni dal massacro di Falcone, Borsellino e dei loro agenti di scorta, mi ha colpito l’ intervista sul Fatto Quotidiano di Giuseppe Pipitone a Roberto Scarpinato , giudice in pensione, collaboratore di Falcone e Borsellino nel pool antimafia.
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