Ho finito di leggere Il Catino di Zinco di Margaret Mazzantini, non senza difficoltà. Le ultime pagine, percorse tra ospedali, cliniche di riabilitazione e hospice caritatevoli, immersi nel verde romano profumato di glicine, mi hanno affaticato. Prenderò una lunga pausa e soprattutto modificherò la mia pessima abitudine di non informarmi meglio sulle trame dei libri che mi accingo a leggere. Ormai non basta più la curiosità dell’esploratrice che si avventura in mondi sconosciuti, sicura di essere in possesso degli strumenti adatti ad affrontare le insidie dell’ignoto.
La storia del Catino di Zinco è quella di una nipote che vive il bisogno di riappropriarsi del proprio “albero genealogico”, sovrapponendosi o distanziandosi dalle anime dei propri antenati, fino ad accompagnarle nell’ultimo viaggio, come nel caso di nonna Antenora. La nonna evocata in questo romanzo vive diverse vite:
- con la sua complicata famiglia d’origine;
- con il marito “poromo” toscano bancario al Monte dei Paschi, che diventa “santomo” dopo la sua morte;
- da sola, dopo la morte del marito viaggiando per esplorare se stessa e il mondo;
- con i figli mostrando la sua anima tragica. Terribile è la vicenda del coniglio di Vittorio, suo figlio e padre della nipote narratrice;
- con gli ambienti, le persone e gli eventi che l’hanno circondata sin da bambina.
Tanti e spesso drammatici, ma sempre vissuti con determinazione, sono gli episodi che la vedono protagonista. Le succede di tutto! Ma la sua granitica personalità le permette di risolvere ogni problema, a modo suo. Il viaggio a ritroso che Margaret ci descrive è all’interno di un mondo arcaico che il catino di zinco, usato per vari scopi personali e domestici, rappresenta.
Siparietti
Incontriamo Don Sauro, il gaudente patriarca, le sue colazioni a base di maritozzi, il suo amore smodato per il cibo, le sue sette figlie “bocche di sciuscella”.
e il mite professore marito di Monda che fa volare il piatto con gli spaghetti dalla finestra per senso di giustizia ed equità;
e il bancario che ama profondamente il mare e coltiva il suo sogno archetipico marino, fino a realizzarlo quando va in pensione, comprandosi una casa al mare.
Esercizi di stile
Lo stile di Mazzantini è straricco di immagini, a tratti così pieno, da soffocare, quasi. Tra il moderno e l’antico, mette insieme linguaggio formale e colloquialismi crudi e potenti. Qualche fuga nel flusso di coscienza di nonna Antenora testimonia l’approccio più raffinato (113-117). I riferimenti alle devastazioni fisiche dei corpi dei vecchi e alle loro funzioni corporali sottolineano la vena popolana e naturale delle parole. Il forte contrasto tra i due stili produce un effetto interessante. Mi sono lasciata sorprendere da questo lessico, a me familiare, che mi ha ricordato oggetti e situazioni della mia infanzia Marsicana.
Questo primo incontro con Margaret Mazzantini mi lascia una forte sensazione di “affollamento emotivo”. Mi sono spesso sentita catapultata dentro una sorta di “Va dove ti porta il cuore” , messaggio d’amore da Nonna a Nipote, trasformato in Va dove ti porta la voglia di passato e di ricordi antichi, messaggio d’amore/odio da Nipote a Nonna.
Sinossi Feltrinelli
“Antenora, la nonna che Margaret Mazzantini evoca in questo romanzo, s’impone come un piccolo eroe di un mondo arcaico. Confinata tra le pareti domestiche, esercita con energia un matriarcato casalingo e indiscusso, nel quale si impongono valori netti e semplici, sentimenti forti ed esclusivi, che la rendono capace di affrontare esperienze decisive (la guerra, il fascismo, il dopoguerra) senza mai perdersi d’animo. Di fronte alla sua morte, in un gelido mattino d’inverno, la nipote si interroga e disegna il ritratto di una donna che è riuscita a essere se stessa nonostante l’ostilità del mondo e della storia. Il romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1994.” Sinossi Feltrinelli
Un pensiero riguardo “M. Mazzantini-IL CATINO DI ZINCO e un senso di stanchezza mi assale.”
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