Scrittrici Italiane

Dalla parte di lei di Alba de Cespedes è stata una lettura lunga, spalmata tra Giugno e Agosto. Forse la “sua abbondanza narrativa” mi ha disorientato. Alle storie d’amore si sovrappone la storia delle donne del 900 e della loro sofferta emancipazione.
Del romanzo ho apprezzato la storia, i ritratti e le atmosfere di una Roma fascista/antifascista, postfascista, l’immersione totale dentro le vite, le esperienze, gli amori, i problemi di donne giovani e meno giovani, l’incursione in un Abruzzo mitico dove l’esistenza è scandita dalla natura e dalla capacità organizzativa delle donne, della vecchia nonna soprattutto.
L’universo maschile, come in molte altre storie, è molto schematico, quasi sordo agli appelli delle madri, delle compagne, delle mogli, delle figlie. La vita di un uomo è come una camicia stirata da Sista, un sigaro inalato a pieni polmoni, un amplesso routinario preparatorio al sonno. Poi arriva Tomaso, l’amico di Federico grande amore di Alessandra, che sembra meno sordo degli altri, ma il suo ascolto sa tanto di strategia pre-cedimento della donna amata e difficile da conquistare.
Alessandra Minelli è la protagonista, c’è lei al centro della storia, da bambina, da adolescente, da adulta. Impariamo a conoscerla attraverso il suo io narrante, spesso così simile a quello di Alba. Gemella di Alessandro sarà perseguitata dallo spirito di questo infelice fratello morto nel fiume accidentalmente.
Eleonora sua madre è una pianista molto sensibile, romantica. Il suo matrimonio non è dei più felici ed è reso ancor più triste dalla perdita di Alessandro. Ma la musica e le lezioni di piano ai bambini ricchi di Roma, l’aiutano a coltivare la sua spiritualità e a provare ancora un sentimento d’amore fortissimo per Harvey, giovane e affascinante rampollo dei Pierce, musicista anch’egli e fratello adorato della ragazza a cui Eleonora da lezioni di piano.
Alessandra assiste estasiata e ammaliata ad ogni azione e pensiero della madre, da lei assorbe il romanticismo e il bisogno d’amore e bellezza, ma anche una certa fragilità esistenziale. Nonostante tanta bellezza il destino picchia duro su Eleonora. Il marito non le concede di lasciarlo sebbene con molta onestà gli abbia rivelato il suo amore per Harvey Pierce. Potrebbe viversi il suo amore in “clandestinità”, come fa Lydia e poi sua figlia Fulvia, come fanno tante altre donne nella sua condizione, ma no, Eleonora non può, il suo bisogno di chiarezza e di confini chiari non glielo permette. Piuttosto…
Piuttosto getta la spugna, si abbandona alle dolci acque del Tevere e raggiunge il suo adorato figlio, rinunciando all’amore e lasciando Alessandra sola ad affrontare una vita complicata con armi inadatte. Nella sua vita arriva Federico suo grande amore, arriva Tomaso, arriva l’Abruzzo , il lavoro, la guerra, la fame, la resistenza e la liberazione… ma arriva anche un imprevedibile finale a sorpresa!
Ritrovo in De Cespedes qualcosa che deve aver ispirato Elena Ferrante, come l’amicizia tra Alessandra e Fulvia che mi fa pensare a Lila ed Elena. Come nella Napoli di Ferrante, è ricca di suggestioni la descrizione della vita nei caseggiati romani in cui Alessandra vive, in quartieri che oggi sono considerati eleganti ma che negli anni 30/40 erano solo nuovi insediamenti, embrione della liberata Roma postfascista.
“Spesso anche Fulvia m’ignorava per giorni interi. Poi d’improvviso mi chiamava dal cortile: «Vieni su» diceva dispoticamente. Appena ella mi chiamava, io chiudevo il libro e la raggiungevo salendo le scale a due a due. Trovavo la porta socchiusa e, nella casa vuota e silenziosa, Fulvia occupata in qualche cura personale che non interrompeva per il mio arrivo. Nei tardi pomeriggi d’estate, ci trattenevamo a discorrere sul terrazzino. Era alto sulla città, sembrava che la gran casa dove abitavamo ci portasse in trionfo. Di là si vedevano solo terrazze deserte, tetti rossi e un campanile sul quale si rifugiavano le rondini. Noi usavamo per sedile una stretta asse di legno posata su due grossi barattoli vuoti. Talvolta Fulvia si sdraiava sull’asse lasciandomi appena un piccolo spazio per sedere ai suoi piedi; la sua vestaglia s’apriva sulle spalle, sul seno, sulle gambe, che io contemplavo con avida curiosità.”
E ritrovo una certa sintonia con Sibilla Aleramo sull’amore e sul patriarcato:
“E l’amore, cosa è l’amore? Si ama solo se si va incontro ai bisogni del marito, e solo allora si può pretendere amore? Giustificare comportamenti ingiustificabili, cercare qualche spiraglio di affetto tra le tante, troppe manifestazioni di odio è possibile? Si può sperare di essere amati quando invece si è continuamente umiliati, sottomessi e violentati per mantenere una parvenza di superiorità sulla moglie? Bisogna sopportare lo scherno di fronte ai piccoli traguardi di carriera che lei si conquista con la sua intelligenza e il suo lavoro? La pace, desiderare solo la pace…Ma il cuore si ribella, e con lui il corpo e la mente.” Aleramo, forse prima tra le grandi scrittrici del 900, sposta il discorso oltre la singola donna e cerca di farsi paladina di una rivendicazione di genere, di un’accusa precisa del patriarcato. Lo fa da un punto di vista forse …READ MORE
Vite di donne nel caseggiato/ romano
“Primo sbattere delle imposte era il segno d’avvio alla giornata, come la campanella in un convento di monache. Tutte, rassegnate, accettavano, col nascere di un nuovo giorno, il peso di nuove fatiche: si davano pace considerando che ogni loro gesto quotidiano era appoggiato a un altro gesto simile compiuto, al piano di sotto, da un’altra donna ravvolta in un’altra sbiadita vestaglia.”
“Libere dai loro ingrati doveri, e anzi per un gesto di coraggiosa polemica verso la sorda vita alla quale erano costrette, nel pomeriggio le donne fuggivano le stanze buie, le cucine grigie, il cortile che inesorabile attendeva, col calare dell’ombra, la morte di un’altra giornata di inutile giovinezza.”
Conclusioni
Dalla parte di Lei è un romanzo che merita di essere letto e approfondito per la sua ampiezza di suggestioni, di stimoli, di riflessioni sociali, politiche, umane. Dicono che sia un romanzo rivelatore della personalità di Alba De Cespedes, che Alessandra sia una sorta di alter ego di Alba ed effettivamente la partecipazione intensa alla vita della protagonista, l’esplorazione attenta dei suoi sentimenti e delle sue azioni, ci inducono a pensare che la scrittrice sia molto più coinvolta di quanto si pensi.
Chiudo con una sua citazione sulla nazione italiana post bellica e sulle speranze tradite. Federico rappresenta in qualche modo questa parabola: dalla lotta e dalla resistenza per liberarsi degli oppressori fascisti all’accettazione di piccoli grandi compromessi, all’appiattimento in una democrazia parlamentare già stanca alla sua nascita:
“non potevo ancora sapere a qual punto di corruzione la nazione italiana potesse giungere. Ma lo presentivo. Vedevo i protagonisti politici della Resistenza avvilirsi e a poco a poco spegnersi nell’accettazione dei riti della democrazia parlamentare. La tragedia diveniva commedia.”
Assaggi
Ho cercato di estrapolare alcuni passaggi significativi della molteplicità di spunti del romanzo. Vale la pena dare uno sguardo.
La parentela Abruzzese– “Nella stessa scatola erano conservate fotografie dei parenti di mio padre: una famiglia di piccoli possidenti abruzzesi, poco più che contadini. Donne dal seno colmo, stretto nel busto nero, i capelli spartiti e calanti in due grevi smerli ai lati del volto massiccio. C’era anche una fotografia del mio nonno paterno in giacca scura, cravatta a fiocco. «Sono brava gente» mia madre diceva: «gente di paese.» Da loro ci giungevano, spesso, sacchi di farina e cesti di fichi imbottiti, saporitissimi; ma nessuna delle mie zie si chiamava Ofelia o Desdemona o Giulietta, e io non ero abbastanza ghiotta da preferire la torta di mandorle alle amorose tragedie di Shakespeare. La parentela abruzzese, perciò, in tacito accordo con la mamma, era sprezzata. I cesti ricoperti di tela ruvida, cucita tutta in giro, venivano aperti senza interesse e anzi – nonostante la nostra povertà – quasi con tolleranza. Soltanto Sista ne apprezzava il contenuto e lo riponeva gelosamente.”
Felici per amore, si può– “E intanto mi stringeva. Non lo sapeva, certo, ma anche il suo era un modo disperato di stringermi. Io rabbrividii, smarrita entro una improvvisa pietà per la mia condizione di donna. Eravamo, mi pareva, una specie gentile e sfortunata. Attraverso mia madre, e la madre di lei, e le donne delle tragedie e dei romanzi, e quelle che s’affacciavano nel cortile come alle sbarre della prigione, e le altre che incontravo in istrada e che avevano occhi tristi e ventri enormi, sentivo pesare su di me una secolare infelicità, una inconsolabile solitudine. «Mamma» le chiesi con disperazione: «si può essere qualche volta felici per amore?» «Oh, sì» disse lei; «credo di sì, bisogna aspettare, soltanto. A volte» aggiunse più piano «si aspetta tutta la vita.»”…read more
Scatti Andalusi.
Luoghi, persone, atmosfere sivigliane nello sguardo dell’Architetta-Fotografa Stefania Scamardi Fortuna, che vive e lavora nella meravigliosa città Andalusa.
Amapolas. Galleria d’Estate tra i papaveri andalusi di scamardistudio