Gertrude Stein with Ernest Hemingway’s son, Jack Hemingway (nicknamed Bumby) in 1924. Stein is credited with bringing the term “Lost Generation” into use. (Wikipedia)

 No, i giovani italiani tra i trenta e i quaranta anni non sono assolutamente una “Generazione Perduta”, come vengono definiti da qualche “ben in-formato”.

Inoltre, l’associazione con  la Lost Generation  degli anni  Post World War I( definizione  introdotta da Gertrude Stein  e resa celebre da Hemingway nel suo The Sun Also Rises) non regge per vari motivi.  

Irene Tinagli li spiega  in modo molto efficace nel suo  articolo L’importanza dei trentenni , (La Stampa, 7 Agosto 2012) sottolineando invece  quanto il ruolo che questa generazione ricopre sia   determinante nella società attuale, sebbene non venga nè riconosciuto nè valorizzato.

La considerazione  che vale la pena aggiungere all’appassionata e lucida analisi di Tinagli  riguarda il considerevole numero di 30-40enni Italiani residenti all’estero, dove lavorano, trasferiscono tutto il “Know-how” Italiano nell’economia locale  e cercano di migliorare le proprie competenze professionali.

Sono la generazione di chi ha creduto fermamente che un mondo condiviso potesse esistere, che lavorare in Gran Bretagna o in Spagna o  in America, significasse lavorare per contribuire allo sviluppo e al progresso dell’umanità.

Sono la prima generazione Erasmus o, comunque, di giovani che ha voluto  conoscere di persona il mondo “fuori casa”. Oggi sono tanti, forse  in crisi perchè cominciano a vedersi come nuovi migranti che si trovano a dover  fronteggiare  una crisi economico-sociale globale e feroce.

Lavorano all’estero, con maggiore o minore successo, ma rimangono  Italiani convinti  che cercano in tutti i modi  di tenere alta l’immagine del loro paese e lo fanno meglio  di tante  nostre istituzioni deputate allo scopo (Ministero Esteri, Istituti di cultura etc etc).

Non una “Generazione Perduta” dunque, ma un generazione che ha creduto e continua a credere nei valori dell’internazionalità, vissuta e rielaborata attraverso la propria identità nazionale.

Sono persone bellissime, forti, coraggiose e determinate che, sebbene in territorio non Italiano, contribuiscono  a dare una forma migliore alla nostra vita dentro i confini   nazionali, dove tutti noi siamo  al sicuro, per lo meno  da insidie linguistiche, incomprensioni culturali, forme di diffidenza e talora di  razzismo.