“Questo film mi piacerebbe vederlo con Stefania”.
Pensavo tra me e me guardando la locandina. Era qualche tempo fa, a Padova.
Oggi, 30 Novembre 2014, il sogno si avvera. Sono a Siviglia con lei e stiamo andando a goderci insieme le meraviglie di Sebastião Salgado ne Il Sale della Terra di Wim Wenders.
Placido e paziente il pescatore aspetta. Placido e brillante il Guadalquivir scorre verso la sera. Noi, lentamente passeggiamo al suo fianco, verso il cinema.

Il Pescatore nell’oro del Guadalquivir
Placido e paziente
il pescatore aspetta.
Placido e brillante
il Guadalquivir scorre
verso la sera.
Noi lentamente,
passeggiamo al suo fianco.
J.McGraw 2016
Sebastião Salgado, un uomo, un economista, un figlio curioso della modernità e un osservatore spietato del ‘900, si offre a noi nel film di Wenders in una forma umana indimenticabile.
A proposito di offerte, due sono i riferimenti alla filosofia di Tião che ritrovo nella fotografia di Stefania Scamardi: l’uso della luce come figura retorica che impreziosisce l’immagine, proprio come la parola impreziosisce l’opera letteraria, e l’idea del ritratto come “dono”, come offerta del soggetto ritratto al fotografo, che ricambia con il suo sguardo speciale. Anche Salgado si offre disarmato allo sguardo di Wenders, che ne fa un ritratto portentoso.
Il film si apre con la visione allucinante della miniera d’oro di Serra Pelada in Brasile, dove gli uomini impazziscono in una corsa all’oro che potrà solo renderli davvero e totalmente schiavi. Questa è la prima pagina di un libro traboccante di realtà durissime, nonostante o grazie al filtro sublime del grande fotografo.
Salgado ci fa da guida preziosa nei suoi viaggi, spesso “Danteschi” come lui stesso li definisce, illustrando le immagini degli ultimi del mondo in fuga da guerre, malattie carestie e persecuzioni. La sua fotografia sociale ci catapulta nel bel mezzo della tragedia umana mondiale, e lui vive in prima persona i tormenti e le estasi della creatività, uscendone spesso consumato, quasi annichilito.
La cattiveria dell’uomo può essere incommensurabile. Lo testimoniano gli esodi biblici e terribili della gente d’Africa, le guerre insensate nei Balcani della “democratica Europa”, i pozzi di petrolio tra le fiamme d’Inferno dell’inutile guerra in Kuwait e in Iraq, tutti vissuti e rappresentati da Salgado nei suoi reportages.
L’ economista Salgado arricchisce il processo creativo, subendone anche gli effetti negativi sulla sua sensibilità e sul suo fisico, con una profonda consapevolezza “economica” dei processi di trasformazione dell’ ambiente prodotta dall’intervento umano.
Le fotografie di Salgado graffiano l’anima, ma, nello stesso tempo, fanno respirare l’aria dei grandi spazi, come quelli latino-americani ed aprono alla speranza. La natura rispettata, amata e recuperata sa offrire all’uomo una seconda chance di salvezza.
Film e cinema multilingue
Mi ha catturato il gioco delle lingue all’interno di tutto il sistema di comunicazione che il film esplora, come testimonianza di un internazionalità vissuta pienamente sul campo dai protagonisti.
Nell’accogliente cinema AVENIDA V.O. riecheggiano infatti parole vive in Francese, Inglese e Portoghese. I sottotitoli in Spagnolo aiutano a completare il puzzle di concetti ed emozioni.
Ci fanno compagnia due amiche femministe. Il loro sguardo si è posato subito sulla condizione della moglie di Salgado, Lélia Wanick, e sulla sua “scelta” di un ruolo subalterno di cura della famiglia e di appoggio alla creatività del marito. La prima macchina fotografica di Tião è proprio quella di Lélia, di questa brillante architetta appassionata di fotografia che la cede volentieri al compagno intuendone le grandi potenzialitá come fotografo.
Ma Lélia ritaglia per sé un ruolo straordinario di progettista, editor, valorizzatrice di tutti i progetti di Salgado. Le due giovani donne Sivigliane rimangono perplesse. Io e Stefy la pensiamo diversamente. Léila riveste un ruolo essenziale nella produzione di Salgado, in mancanza del quale le cose sarebbero andate sicuramente in modo diverso…
Conclusioni
Sono molti i fattori che hanno influenzato la mia reazione al film di Wenders, ma su tutti svetta quello personale che (confronto troppo audace lo so) forse Salgado apprezzerebbe, vista l’esperienza di esplorazione che ha vissuto con il figlio Juliano.
Avere accanto mia figlia, appassionata fotografa e ritrattista e condividere l’emozione del documentario, mi hanno fatto apprezzare, una volta di piú, la vita nelle sue piccole, grandi gioie quotidiane.
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