G. D’Annunzio-IL FUOCO. Vivere ardendo e non sentire il male.

Il Fuoco di Gabriele D’Annunzio è un sontuoso esercizio di stile e di cultura,

“un luminoso prototipo del moderno romanzo-saggio” (P.Gibellini),

ricco di grande musica, magnifica pittura, bel canto e meraviglie Veneziane; un romanzo-saggio traboccante di parole sontuose, colte, inusitate, immaginifiche, vuote e retoriche-piene e intime, danzanti, estatiche. Sono le parole di Stelio-Gabriele e catturano, affascinano, ammaliano.

Capitolo 1 L’epifania del Fuoco

In una magica serata di settembre a Venezia accadono eventi infuocati…

“Sono molti, sono molti quelli che tu hai sedotti con la tua speranza e con la tua gioia. Ora essi hanno sentito dire che tu parlerai a Venezia, nel Palazzo Ducale, in uno dei luoghi più gloriosi e più splendidi che sieno su la terra! Essi ti potranno dunque vedere e ascoltare per la prima volta circondato di quella magnificenza inestimabile che sembra a loro il quadro appropriato alla tua natura. Il vecchio Palazzo dei Dogi, rimasto nelle tenebre per tante e tante notti, ora s’illumina d’improvviso e rivive. Tu solo, per loro, hai avuto il potere di riaccendere le fiaccole. Comprendi dunque la loro ansietà? E non ti sembra che tu debba parlare soltanto per loro? La condizione da te posta, per colui che parla a molti, può essere adempiuta. Tu puoi sollevare nelle loro anime un moto veemente che le volga e le protenda per sempre verso l’Ideale. Per quanti di loro, Stelio, potrà essere indimenticabile questa notte veneziana!”

Capitolo 2 L’Impero del silenzio

Nell’animo dei protagonisti la fiamma arde e trasporta il lettore verso l’intimità e il Fato

“Vivere ardendo e non sentire il male”-Gaspara Stampa

 Stelio Èffrena, giovane e brillante letterato, uomo affascinante e passionale trascorre a Venezia e in altre bellissime zone del Veneto un periodo di intensa passione e comunione con la divina Foscarina, attrice di grande fama e bellezza e di raffinatissima cultura.

Si narra del loro amore alimentato dalle bellezze veneziane e dalla comune fiamma della cultura e della creazione artistica. Ma, all’orizzonte appare Donatella Arvale, cantante giovanissima e di segreto fascino, che mette in crisi soprattutto Foscarina.

PERDITA -Anthony Frederick Augustus Sandys

 Risulta molto incisiva la caratterizzazione della musa Foscarina-Perdita (nome della protagonista di Winter’s Tale di W.Shakespeare)  con l’analisi scavata dei suoi pensieri e delle sue paure, in una sorta di stream of consciousness che a volte tocca vette melodrammatiche, ma più spesso ci mostra una donna in preda a paure amorose ed esistenziali di fronte alla maturità che avanza e alla giovinezza prorompente del suo amante e della sua nuova potenziale fiamma Donatella, che si va ineluttabilmente insinuando nella mente e nel corpo dell’amato.

“Sento l’amore in tutte le tue vene, nei tuoi capelli salire salire; lo veggo sgorgare di sotto alle tue palpebre… Quando le tue palpebre battono, mi sembra che battano come il mio sangue e che l’ombra delle tue ciglia tocchi l’intimo del mio cuore…”

 Lettura difficile, ma stimolante. Ho avuto spesso la tentazione di smettere e tuttavia, il solo pensiero di trovare tra le righe    qualche perla di nuova conoscenza mi ha frenato e spinto ad andare avanti. Inoltre, il viaggio per Venezia sulla gondola in compagnia della musa Foscarina e di Stelio Èffrena è stato per me irrinunciabile. Ho ritrovato con loro posti noti e amati, ne ho scoperti mille da visitare. Irrinunciabili anche le descrizioni ispirate  delle opere d’arte dei grandi maestri Veneti.

 

 

“Non è un desiderio musicale questo di cui Venezia è piena, immenso e indefinibile? Tutti i rumori vi si trasformano in voci espressive. Ascolta! Al soffio impetuoso la città di pietra e d’acqua s’era fatta sonora come uno smisurato organo. Il sibilo e il rombo si cangiavano in una specie d’implorazione corale che cresceva e diminuiva con un mondo ritmico.”

Mi ha pervaso un senso di nostalgia all’interno delle ville magnifiche sul Brenta e delle storie che Stelio racconta sugli antichi proprietari; mi ha affascinato la semplicità della gita programmata in primavera sui Colli Euganei   nell’atmosfera poetica di Petrarca e del rosato paesino di Arquà. E poi  mi ha totalmente preso il richiamo dell’Abruzzo, dell’eremo e delle dune mosse che tanto hanno ispirato D’Annunzio.

Vista dall’Eremo Dannunziano

“Andavi alla finestra e rimanevi affacciato con lei a guardare il mare. Un bifolco spingeva due bovi giovani aggiogati all’aratro, ed arava la sabbia per insegnare ai giovenchi il solco diritto. Tu li guardavi con lei, ogni giorno, alla stessa ora. “

“Ah, Lady Myrta, non v’è terreno di corsa più bello della mia spiaggia libera. Voi conoscete gli immensi altipiani del Lancashire, il suolo asciutto del Yorkshire, le dure pianure di Altcar, gli acquitrini della bassa Scozia, le sabbie dell’Inghilterra meridionale; ma un galoppo su le mie dune più bionde e più luminose delle nuvole d’autunno, oltre le macchie di ginepro e di tamerici, oltre le brevi foci limpide dei fiumicelli, oltre i piccoli stagni salsi, lungo il mare più verde di una prateria, in vista delle montagne di neve e di turchino, oscurerebbe i vostri più lieti ricordi, Lady Myrta. – Italia, Italia! – sospirò la vecchia fata benigna. – Fiore del mondo!”

Colli Euganei dalla laguna di Venezia

“Guardate laggiù i Colli Euganei, Foscarina. Se il vento si leva, andranno vagando per l’aria come veli, ci passeranno sul capo. Non li ho mai veduti così trasparenti… Un giorno vorrei andare con voi ad Arquà. I villaggi sono rosei laggiù come le conchiglie che si trovano nella terra a miriadi. Quando arriveremo, le prime gocce d’una pioggerella improvvisa toglieranno qualche petalo ai fiori dei peschi. Ci fermeremo sotto un arco del Palladio, per non bagnarci. Poi cercheremo la fontana del Petrarca, senza domandare a nessuno la via.”

Continua il viaggio in laguna: Stelio decide di tornare a Roma e al teatro, Foscarina decide di partire per la sua tournée in America. I loro destini si stanno per compiere.

Verso la fine

La storia si conclude in un trionfo di morte-vita, dove il grande Wagner lascia la vita terrena per entrare nel  ciclo immortale della vitalità artistica.

“Essi portavano su le loro braccia il peso dell’Eroe, portavano il corpo tramortito di Colui che aveva diffusa la potenza della sua anima oceanica sul mondo, la carne moritura del Rivelatore che aveva trasformato in infinito canto”

Immagini di fuoco e di bellezza

Venezia,  Anima Autunnale

“pensava in un pomeriggio recente – tornando dai Giardini per quella tiepida riva degli Schiavoni che all’anima dei poeti vaganti potè sembrar talvolta non so qual magico ponte d’oro prolungato su un mare di luce e di silenzio verso un sogno di Bellezza infinito – io pensava, anzi assisteva nel mio pensiero come a un intimo spettacolo, alla nuziale alleanza dell’Autunno e di Venezia sotto i cieli.”

«La mutua passione di Venezia e dell’Autunno, che esalta l’una e l’altro al sommo grado di lor bellezza sensibile, ha origine in una affinità profonda; poiché l’anima di Venezia, l’anima che foggiarono alla Città bella gli antichi artefici, è autunnale.”

I vetri di Murano

“Ferveva il lavoro intorno alla fornace. In cima ai ferri da soffio il vetro fuso si gonfiava, serpeggiava, diventava argentino come una nuvoletta, splendeva come la luna, scoppiava, si divideva in mille frammenti sottilissimi, crepitanti, rutilanti, più esigui dei fili che si vedono al mattino nelle foreste tra ramo e ramo. Gli artefici foggiavano le coppe armoniose, ciascuno obbedendo nell’operare a un ritmo suo proprio generato dalla qualità della materia e dalla consuetudine delle movenze atte a dominarla. I garzoni ponevano una piccola pera di pasta ardente nei punti indicati dai maestri”

Venezia nella memoria

“Ah, mi torna alla memoria qualcuna delle belle parole che diceste di Venezia, quella sera, quando la raffiguraste con mani meravigliose intenta a comporre le sue luci e le sue ombre in una continua opera di bellezza. Voi solo sapete dire quel che non è dicibile…”

Foscarina è stata Giulietta a Verona

“Entrammo a Verona una sera di maggio, per la porta del Palio.L’ansietà mi soffocava. Mi stringevo contro il cuore il quaderno dove avevo trascritta di mio pugno la parte di Giulietta; e ripetevo in me le parole del primo apparire: «Chi mi chiama? Eccomi. Qual è la volontà vostra?». La mia imaginazione era sconvolta da una strana congiuntura: compivo quel giorno quattordici anni, l’età di Giulietta!”

L’esule Dante

 “Imaginate l’ Alighieri, pieno già della sua visione, su le vie dell’esilio, pellegrino implacabile, cacciato dalla sua passione e dalla sua miseria di terra in terra, di rifugio in rifugio, a traverso le campagne, a traverso le montagne, lungo i fiumi, lungo i mari, in ogni stagione, soffocato dalla dolcezza della primavera, percosso dall’asprezza dell’inverno, sempre vigile, attento, aperto gli occhi voraci, ansioso del travaglio interiore ond’era per formarsi l’opera gigantesca. Imaginate la plenitudine di quell’anima nel contrasto delle necessità comuni e delle infiammate apparizioni che gli si facevano incontro di repente allo svolto di un cammino, sopra un argine, nella cavità di una roccia, pel declivio di una collina, nel folto di una selva, in una prateria canora di allodole. Per i tramiti dei sensi la vita molteplice e multiforme gli si precipitava nello spirito trasfigurando in viventi imagini le idee astratte ond’esso era ingombro. Ovunque, sotto il passo doloroso, scaturivano sorgenti imprevedute di poesia.”