E. M. Remarque-LA NOTTE DI LISBONA e la vertigine del fuoriuscito. Ieri come oggi in fuga verso il futuro.

la notte di lisbona neri pozza

Inizio e fine perfetti. Che soddisfazione leggere questo romanzo! Nonostante il contenuto altamente drammatico,  la storia  ti lascia dentro un’emozione così profonda e bella che, paradossalmente, apre ad un futuro possibile.

“Guardavo attentamente la nave tutta illuminata che un po’ distante dalla banchina era ancorata nel Tago. Benchè fossi a Lisbona da una settimana, non mi ero ancora abituato alla luce spensierata della città. Nei paesi dai quali venivo, le città, di notte, erano nere come miniere di carbone, e un fanale nelle tenebre era più pericoloso della peste nel medioevo…”

Siamo a Lisbona, una delle città che molti si portano stretta sul cuore ed io tra questi. La luce del Tago con le sue magie, dall’alba al magnifico tramonto, esalta la sagoma dell’agognato mezzo di trasporto verso la Libertà! L’uomo guarda l’Arca e sogna…

Il grande   romanziere tira fuori dal cilindro stratagemmi narrativi che inchiodano il lettore alla pagina. Il fuggiasco tedesco Josef Schwarz, nome preso in prestito come il suo passaporto, offre ad un suo conterraneo in fuga la chance della vita: due biglietti e i documenti necessari per emigrare in America, ma pone un’unica condizione: essere ascoltato finché non termini il racconto degli eventi che lo hanno portato a quel  gesto incredibile.

L’avvincente racconto di Schwarz, dove passato e presente si rincorrono e si accavallano in un viaggio tormentato da mille difficoltà, illusioni e delusioni, trasporta il lettore in un mondo frenetico di fughe e rifugi all’interno di piccole oasi di felicità intima, di corse verso la protezione, di odio verso l’orrore nazista, di conflitto profondo con un fratello nazista che fa di tutto per trattenere in Germania contro la sua volontà  Helen, il grande amore di Josef.

O-fado

Lisbona si rende complice silenziosa e luminosa dei due. Di notte li accompagna tra i piccoli locali dove si canta il Fado, dove si balla, dove si incontrano altri fuggiaschi, spie, persone equivoche, dove i fuoriusciti si scambiano sguardi sospetti nel timore di essere scoperti e buttati in qualche campo di concentramento.

“Il locale era una specie di bar con un piccolo quadrato per ballare e una terrazza, un posto adattato al movimento dei turisti. Si udiva una chitarra e nello sfondo vidi una cantante di fado. Sulla terrazza alcune tavole erano occupate da stranieri. C’erano anche una signora in abito da sera e un signore in smoking bianco. Cercammo un posto in fondo alla terrazza donde si poteva vedere meglio Lisbona, le chiese al pallido bagliore, le strade illuminate, il porto, i bacini di carenaggio e la nave che pareva un’arca” 21

Schwarz continua a raccontarsi e, in molti passaggi, la sua storia è anche la storia dell’ascoltatore. Si specchiano in un’esperienza comune. La notte trascorre tra ricordi, pensieri e alcol. Uno dei due non vede l’ora che il racconto finisca per avere finalmente i biglietti, tornare dalla sua Ruth e lasciare il Portogallo; l’altro è divorato da un’esigenza vitale di narrazione che lo porta a soffermarsi su ogni minimo particolare della sua personale odissea, che continuerebbe a raccontare per giorni.

Ma finalmente l’alba arriva, il racconto termina, la catarsi si è realizzata, il futuro si apre. I biglietti passano di mano con i passaporti e un’altra storia può iniziare per la coppia felice, prima sulla nave poi in America. Una storia che, tuttavia, continuerà a sorprenderci.

La Notte di Lisbona è un bellissimo romanzo civile e d’amore, come gli altri bellissimi di Eric Maria Remarque (Arco di Trionfo, Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale), che ancora ricordo con profonda emozione. Leggerli aiuta a capire e vivere meglio l’attualità del nostro complicatissimo mondo, in cui si continua purtroppo a giocare il mortifero “gioco di scacchi con gli uomini”.

Assaggi

L’uomo non era nulla, un passaporto valido tutto-“La costa … era l’ultimo rifugio dei fuggiaschi per i quali giustizia, libertà e tolleranza contavano più che la patria e l’esistenza. Chi non riusciva a raggiungere di lì la terra promessa dell’… era perduto e costretto a dissanguarsi nel groviglio dei rifiutati visti d’entrata e d’uscita, degli irraggiungibili permessi di lavoro e di soggiorno, dei campi d’internamento, della burocrazia, della solitudine, della terra straniera e della orribile indifferenza generale di fronte alla sorte dei singoli, la quale è la solita conseguenza della guerra, della paura, della miseria. A quel tempo l’uomo non era nulla, un passaporto valido tutto.” 15

La molesta fatica di pensare e i toni della propaganda-“…ciò mi parve anche significativo della vuota, sinistra ossessione del nostro tempo il quale con paura e isterismo segue le parole della propaganda, indifferente se vengano gridate da destra o da sinistra, purché tolgano alla folla la molesta fatica di pensare e di assumersi la responsabilità di sentirsi impegnati per ciò che si teme e che non si può evitare…”64

 La felicità è il Mezzogiorno-“Il Mezzogiorno è un seduttore, allontana i pensieri e fa lavorare la fantasia, la quale non ha bisogno di grande aiuto tra le palme e gli oleandri, molto meno che tra gli stivaloni militari e le caserme. Il cielo ondeggiava sopra di noi come una grande bandiera sventolante con sempre più stelle, quasi fosse la bandiera di un’America dell’universo che ogni minuto diventasse più larga. La piazza di Ascona scintillava coi suoi caffè in riva al lago e il vento si levava fresco dalle valli”.153

Così cominciò l’Odissea-“Sì, Bordeaux. Quell’andare saggiando i valichi di confine. I Pirenei: Il lento assalto a Marsiglia. L’assalto ai cuori fiacchi e la fuga per non cadere nelle mani dei barbari. E intanto la follia della burocrazia imbestialita. Non avevamo il permesso di soggiorno…ma neanche il permesso di emigrare. E quando infine si riusciva ad ottenerlo, ecco che era scaduto il visto di transito spagnolo, che a sua volta si otteneva solo avendo il visto di entrata in Portogallo, e questo molte volte dipendeva da un altro, la qual cosa significava che bisognava cominciare da capo… Le code davanti ai consolati, anticamere del Paradiso e dell’Inferno! Un circolo vizioso della pazzia!”241

Assaggi video

La traduzione

La Notte di Lisbona è del 1962  e viene pubblicato  per la prima volta in Italia nel 1965 da Mondadori. Il traduttore è Arrigo Bongiorno, giornalista e poeta. Il  suo stile? Un tocco di “Italiano antico”