Nella biblioteca Idea Store, invenzione di un torinese…(da La Stampa di oggi, 29 Gennaio 2011)
«Qui le etnie si integrano
e il ghetto non fa più paura»
Andrea Malaguti, corrispondente da Londra
Per compiere il suo personale miracolo di integrazione, fatto di libri e di «social inclusion», come amava chiamarla Tony Blair, Sergio Dogliani, italiano di Torino, 51 anni, una fronte da pugile che nasconde una dolcezza segreta, ha preso la sua vita e ne ha fatto molto di più. Il primo passo è stato trasferirla a Londra. Quell’altra però, quella complicata. L’East End per essere precisi, tra la City e il Tamigi, che in fondo è come stare in Bangladesh, oppure a Bombay o a Islamabad. Le donne indossano l’hijab e gli uomini portano caffetani colorati e zuccotti bianchi ricamati a mano. Vendono mele, magliette, sigarette, giubbotti di pelle, spezie, cibo. Barbe, mercati, signore che spingono carrozzine, ragazzi con i cappucci di felpa, molti abbracci, grida, sirene in lontananza. Il quartiere si chiama Tower Hamlets, la fermata della metro Whitechapel, ed è esattamentre qui, gigantesco agglomerato che tiene stretta la storia di 230 mila persone, che la città cambia pelle e i bianchi diventano minoranza. Nelle graduatorie di reddito della Gran Bretagna è al quartultimo posto, in quello della violenza al quarto. Una zona cresciuta in modo irregolare. Con strade tristi come la pioggia in un cortile di collegio durante la ricreazione e superbi edifici di multinazionali. «Piano piano diventeremo un quartiere chic».
Il miracolo di Dogliani ha cinque anni e si chiama Idea Store, uno dei cinque che ci sono in città. Li dirige tutti lui. Quello di Whitechapel è un palazzone azzurro e verde che potrebbe stare a Manhattan. Dire che è una biblioteca è riduttivo. «Siamo un punto d’incontro del terzo millennio». Distribuiti su quattro piani ci sono computer, divani, sale per i corsi di lingue, di yoga, di arte, di massaggi. Un asilo per bambini, docce, una caffetteria che domina la città e guarda la torre di Gherkin. E’ tutto perfettamente pulito, ordinato, svizzero. «Spendiamo molto in manutenzione, perché l’incuria genera vandalismo. Siamo aperti sette giorni su sette e ospitiamo duemila persone al giorno». A Tower Hamlets, dove il livello di disoccupazione è al 20% e le gang di minorenni controllano la notte. Si sono inventate un giochino feroce. Bloccano i ragazzi che non conoscono e gli chiedono il codice postale. Se non lo sanno vuole dire che vengono da fuori. Allora li riempiono di botte. Prima della nascita dell’Idea Store il numero di residenti che frequentavano le biblioteche era di 18 su 100, contro una media nazionale di 50. «Oggi sono 55 su 100».
Metà dei soldi per questo progetto da 20 milioni di sterline li ha messi lo Stato, l’altra metà la lotteria nazionale, poi ci ha pensato l’amministrazione locale a fare economie di scala. Ha ridotto le biblioteche da tredici a sette. Solo che ne ha fatto dei posti speciali. Erano vuote, le ha riempite. «Ci siamo rivolti alla gente con una grande indagine. Che biblioteca volete?». Le risposte sono state molto simili. Vogliamo un posto bello. Dove ci si sente liberi. Dove si può leggere, studiare, mangiare, bere e usare il cellulare. Casa nostra, insomma. «Gliel’abbiamo data. Adesso si presentano anche le scolaresche in gita. Una mattina ne arriva una senza appuntamento. La maestra ci dice che ha fatto una competizione e che il vincitore, un bimbo di otto anni, come premio ha scelto di portare i compagni da noi. Mi sono commosso». Racconta la storia Norman, ex autista di autobus. Andava all’Idea Store ogni giorno. Quando è morto i suoi amici hanno organizzato una serata per lui. Si sono trovati al terzo piano, davanti ai libri e ognuno ha portato il suo ricordo. «Ho partecipato anch’io. Poi abbiamo mangiato e ascoltato musica jazz».
I tavoli della caffetteria sono pieni. Laila Arashi, una donna giamaicana con una voce di tulle, dice che tutti i giorni viene a Whitechapel con la figlia Oona. «Io da bambina non ce l’avevo un posto così». Guarda Dogliani con tenerezza, lo chiama «il mio angelo con la giacca». E trema, impercettibilmente, come una ballerina di carillon alla fine della carica.
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