Dalla Prefazione
“Gonzalo Pirabutirro è un misantropo affetto da un male oscuro tra le cui molteplici manifestazioni spicca un odio feroce nei confronti dell’ “imbecillaggine generale del mondo”. Al centro del romanzo è il rancore esasperato che egli nutre verso la sua tragica condizione esistenziale e che converge in un accanimento spietato contro la Signora, sua madre, artefice, secondo lui, di tanta sofferenza. Gonzalo è ossessionato dal pensiero della morte della donna. E il drammatico epilogo prende forma sul serio: al rientro da uno dei suoi viaggi di lavoro Gonzalo trova la madre agonizzante in seguito a un’aggressione. Per mano di chi sia stata compiuta, però, non viene rivelato. Rimarranno solamente, certi ed eterni, l’atroce senso di colpa per un possibile matricidio e la consapevolezza dell’assurdità del caos cosmico, che Gadda dipinge con rabbia e grottesco espressionismo”.
Relazioni difficili
Ne ho tanto sentito parlare. Un capolavoro! Michele me lo ha presentato come un concentrato unico e speciale di lingue e pensieri. Riconosco ora alcuni tratti nella storia di Gonzalo che potrebbero essere suoi e su cui mi soffermo in queste righe tralasciando i mille altri rivoli nei quali scorre questa storia magnificamente ricca. Uno per tutti, il rapporto con la madre: conflittuale, amoroso, risentito, totalizzante. Madre-Maestra attenta e amorosa solo con i suoi alunni, o almeno così percepita da un figlio con un profondo bisogno d’amore. E il Padre? Un ritratto pestato fino alla rottura totale, vetrosa, di carta ingiallita…
Gennaio 2010, Stefy è con noi quando finisco di leggerlo. Poco da dire dopo aver letto le note dell’autore e la bellissima Autunno. Entrambe sintesi critica della storia narrata. Poco da dire e molto da pensare. Monologo interiore indiretto, poetico, spesso difficile e, altrettanto spesso, chiaro nel suo profondo significato di dolorosa cognizione. A pagina 171/172 ritrovo il titolo e capisco.
“Per intervalli sospesi, al di là di ogni clausola, due note venivano dai silenzi, quasi dallo spazio e dal tempo astratti, ritenute e profonde, come la cognizione del dolore: immanenti alla terra quando chè vi migravano luci e ombre. E, sommesso, venutogli dalla remota scaturigine della campagna, si cancellava il disperato singhiozzo.”
C’è molto da dire sul gioco delle Lingue. Affascinante, transnazionale con un po’ di colore sullo Spagnolo, l’ Inglese, il dialetto del Sur…sia esso Maradagalese o Italico o altro.
“I think; già but I’m ill of thinking…” mormorò il figlio “I pronomi! Sono I pidocchi del pensiero…”
È un efficace tocco di nero: il nero dei pidocchi che fanno grattare e si trovano nelle unghie, i pronomi! Un tocco di nero su quel Francese insegnato all’odiato altro fanciullo verso cui la madre mostra affetto, comprensione, dedizione che mai Gonzalo ha sentito su di sé. Questo difficile amore tra madre e figlio! Quanti problemi, quanti uomini distrutti dagli effetti di una siffatta, problematica relazione. Affascinante, Woolfiano, Joyciano, Freudiano but I’m ill of thinking…
Un tocco di nero sulla sorprendente fine, non certo nei termini della Poe’s surprising end. Ma una non-conclusione comunque inaspettata. Un tocco di nero e di mistero, di sangue e di violenza. Le note ci spiegano perché Gadda si interrompe. A me piace pensare ad un device tecnico. Modernismo e finale aperto.
A te, Lettore, le conclusioni!
Appendice: L’Editore chiede venia del recupero chiamando in causa l’Autore
“Il testo de La Cognizione del dolore deve considerarsi come ciò che rimane “quod superest”, di un’opera che circostanze di fatto esterne alla volontà consapevole, al meditato disegno di lavoro, e però alla responsabilità morale dell’autore, gli hanno indi proibito nonché di condurre a compimento ma nemmeno di chiudere. Il lavoro per la Cognizione si ascrive agli anni 1938-1941, il qual fatto può già di per sé motivare la storia esterna del racconto incompiuto e le cagioni dell’incompiutezza, esterne o interne che fossero all’animo dell’autore. Le calamità catastrofizzanti che l’Europa conobbe dal 1939 al 1945 e che gli intelletti meno insani dovettero già presagire a se stessi fin dal 1934-38 avevano a un tal segno conturbato l’animo dello scrivente da ostacolargli (fino al 1940) indi rendergli a poco a poco inattuabile ogni forma di prosa”
2 pensieri riguardo “C.E.Gadda-LA COGNIZIONE DEL DOLORE. “I think; già, but I’m ill of thinking…””
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