Al Festival del Cinema di Venezia presentano Il Partigiano Johnny. Ed è illuminazione o flashback, insomma i tempi sono maturi perché io riprenda in mano il libro-dono e ricominci a leggerlo da dove, tre anni fa, avevo lasciato. Vorrei andare a vedere il film. Mi incuriosisce capire e rendermi conto di come si possa trasferire in immagine una così peculiare operazione linguistica. Vedo qualche scena da un’anteprima e, immediatamente, decido che non andrò a vedere il film con la sua storia dei blu e dei rossi, ma continuerò il viaggio con Johnny.
E così mi inoltro con lui nell’inverno lungo e speranzoso di neve, accompagnata, nel segnare le pagine, da un daffodil primaverile colto a Consett e lasciato lì, per tre anni, a maturare la sua essenza pergamenacea, tra le pagine.
Curioso, l’Inghilterra, i daffodils che subito evocano Wordsworth, il Lake District, ma soprattutto quel Coleridge che tanto ha affascinato e catturato Fenoglio, così profondamente.
“L’incontro con l’Inglese, sui banchi del primo ginnasio, ha per lui il valore di una rivelazione, è la scoperta, tra i soliti imparaticci scolastici, di una lingua magica, di un apriti-sesamo con cui avventurarsi, negli anni dei giochi e dell’adolescenza, in un mondo tutto suo, più affascinante e più degno della realtà che gli sta intorno…” [1].
Johnny Partigiano/Soldato di Cromwell “con la Bibbia nello zaino e il fucile a tracolla” arriva nel mondo dell’Inghilterra Elisabettiana e rivoluzionaria per cercarvi la propria formazione in una lontananza metafisica dallo squallido fascismo provinciale che lo circondava. L’Inglese diventa per lui
“una pura esperienza mentale, la lingua della sua rivincita intellettuale sul proprio ambiente”.
Una lingua duttile, scomponibile e ricomponibile nei suoi elementi costitutivi, con estrema mobilità, ma soprattutto con estrema libertà espressiva, che così bene si presta a riprodurre il suo libero cammino verso la maturità. Troppa la libertà stilistica che, in qualche modo, deve essere comunicata e contenuta nell’Italiano e allora, lavoro di lima, di libertà tradotta, di creazione pilotata: nasce il Fenglese. Spesso arbitrario, sempre efficace e nuovo.
“Una lingua magmatica con cui collaborare creativamente”.
A tutto si aggiunga la musica… La musicalità della creazione, sorda a volte, quando scende l’inverno e la tanto desiderata neve che, alta, morbida, pura e incontaminata, nasconde tutto: le tracce, i sentieri. gli odori. Il profumo del pericolo della morte.
Cresce il conflitto interiore che, tuttavia, l’abbraccio caldo, lungo e confuso con la lupa e la vecchia della Langa, attutisce per qualche istante magico. Poi, di nuovo con lui a sentire l’alito caldo, ma mortale dell’inseguitore sul collo, mentre il freddo delle lunghe giornate di primo inverno, gelido, fa avvertire sulle guance come un taglio di lama. E tu desideri solo entrare in una casa, sederti vicino alla stufa e accarezzarti i piedi.
Poi non ci sono più pagine da girare, Johnny termina il suo viaggio…E io con lui.
Il Romanzo
Il partigiano Johnny è la continuazione di Primavera di bellezza, il romanzo pubblicato da Garzanti nel 1959 che aveva come protagonista un giovane studente di Alba, soprannominato “Johnny” dagli amici a causa del suo amore per la letteratura inglese (come detto, anche questa una chiara proiezione autobiografica dello stesso Fenoglio).[2] In Primavera Johnny, giovane sottufficiale dell’Esercito Italiano sbandato dopo l’8 settembre, tornava nelle sue Langhe per morire in una delle prime azioni della guerra partigiana. In realtà questo finale era stato consigliato a Fenoglio dai suoi editori della Garzanti (tra gli altri, Pietro Citati).
Il partigiano Johnny riprende la storia di Johnny a partire dal ritorno a casa dopo l’armistizio: invece di aderire subito alla Resistenza, Johnny si rifugia presso la sua famiglia, che lo imbosca in una villetta in collina[…] Dopo aver vissuto, per qualche tempo, la monotona e angosciosa vita dell’imboscato, Johnny prende parte a una sommossa davanti alla caserma dei carabinieri per la liberazione di alcuni prigionieri. In seguito all’episodio, Johnny, spinto anche dai suoi ex professori di liceo Pietro Chiodi e Leonardo Cocito, decide di lasciare Alba e la famiglia, e di unirsi al primo gruppo di partigiani che incontra nelle Langhe … read more
[1] Isella, D. La Lingua del “Partigiano Johnny”, p. 486 ssgg, Il saggio accompagna l’edizione commentata e mette a fuoco in modo molto efficace alcuni aspetti qualificanti del libro e dell’opera di Fenoglio.
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su La Stampa di oggi, Gianni Riotta, scrive di Beppe Fenoglio, del Partigiano Johnny e soprattutto del suo Itanglish. Un altro modo per definire il Fenglese, alto e magico livello di sperimentazione linguistica di questo grandissimo scrittore Italiano.
G.Riotta Itanglish:così parlò il Partigiano
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