Eco il cimitero di praga

 A metà  del tomo mi chiedo: qual è il senso di questo romanzo? Storia di un avventuriero? Noiosa; storia di una spia crudele, spietata o solo smemorata? Fuori fuoco, niente di coinvolgente; romanzo storico? Troppi dati, nomi, situazioni, manca anche la suspense che la storia e la realtà sanno produrre. Ma vado avanti, fino all’ultima parola…

 I titoli sono molto, molto importanti in un libro. Spesso ne determinano il successo. Il richiamo ai misteri di un cimitero di una città famosa e i complotti di tutte le specie esercitano sempre un gran fascino, specialmente sui lettori di oggi alla disperata ricerca di un elemento che li aiuti a capire la realtà in cui vivono. Aggiungi il nome di Umberto Eco  e il boom è servito!

 Nel  Cimitero di Praga, arrivano rabbini inquietanti da tutto il mondo, come una sorta di “cupola” in riunione a cielo aperto, nella notte fonda e tenebrosa, per stilare il programma della conquista del mondo. Ghiotta invenzione del  falsario Simonini.

La città si presta al mistero, alla magia, alla circolazione di figure grottesche e  inquietanti. Viene alla mente il ritratto  multi-faceted di Ripellino in Praga magica. Al mistero si aggiungono  i cadaveri nella cloaca, le fogne di Parigi,  i pallori vampireschi, le donne invasate eppure affascinanti, gli adolescenti tentatori, gli sdoppiamenti  freudiani di personalità.

  Un narratore intrusive e presupponente tenta disperatamente, con appelli più o meno diretti, di  accompagnare il lettore nel percorso di lettura. Non è un gradevole compagno di viaggio.

La nota finale molto “Lector in Fabula” è troppo! Sebbene sia una lettrice “di non fulmineo comprendonio”, avrei potuto fare tranquillamente a meno della tabella riassuntiva capitolo-intreccio-storia, quasi fossimo di fronte all’Ulisse di Joyce!

 Non manca il tormentone degli elenchi come quello semi delirante di pagina 377, dei titoli del Gran Maestro del Supremo Consiglio di Charleston… E allora vado anche io con un elenco minimo dei tormentoni nel libro: Le illustrazioni da feuilleton che dovrebbero avvincere e convincere. Il medaglione di Diana che si apre e voilà,  la mamma di origine ebraica appare e ci fa capire il perché della follia di sua figlia…

 Sete di denaro e di potere, paura del femminile, nutrono una misoginia imperante; paura del diverso e antisemitismo atavico e di maniera sono serviti in tutte le salse. E arrivano anche i “cattivi maestri” gli intellettuali “vil razza dannata” e la stampa martellante, le dimostrazioni degli studenti, gli infiltrati, i voltagabbana, i servizi segreti, i falsi protocolli, i preti malvagi e sporcaccioni…

 Il cibo per finire. Questo libro ha lo stesso gusto e la stessa pesantezza di quei cibi ricchi di tutto che Eco descrive, soprattutto nella prima parte, da Chez Magny, nelle bettole di Parigi o a casa del nonno, il pesce stocco a ghiotta siciliano. (fantastico peraltro!) Tanto,  tanto cibo, che verso la fine torna a fare capolino tra le vicende conclusive. Ci vuole stomaco per digerire tutto!

Mi manca il respiro, ma forse il romanzo è solo una grande provocazione!