A. Scurati – LA FINE E IL PRINCIPIO… di un regime dittatoriale: un’operazione verità dolorosa ma necessaria.

Automatismo del mio ritmo di lettura? Calcolo involontario? Di fatto oggi 25 aprile 2025 Festa della Liberazione dal nazifascismo, finisco  M. LA FINE E IL PRINCIPIO di Antonio Scurati.

Della saga ho letto appunto, il Principio, volume1 e la Fine, volume 5. Ho ripercorso con lo scrittore gli anni bui della nascita e della “morte” del regime fascista, con la fine di Benito Mussolini suo padre e i “parenti” stretti che gli sono rimasti accanto, devoti, fino all’ultima ora. Confesso che, chiudendo il libro, ho pensato:

“Perché non si è ucciso? Perché non ha fatto in modo di morire combattendo? Perché ha scelto la strada dell’umiliazione, della vergogna, della morte lenta psicologica e fisica? Bisogno di espiazione? Vigliaccheria? Opportunismo? Speranza, coltivata fino all’ultimo, di cavarsela fuggendo in Svizzera? Menefreghismo declinato fino all’ultimo respiro?”

Il suo corpo, a cui si è votato con fede religiosa per tutta la sua vita, tra dolori e piaceri, rimane protagonista anche dopo la sua morte. Sconvolgente il racconto che Scurati fa delle ore successive all’ esecuzione del Duce, della sua Claretta e dei suoi più fidi collaboratori. Quei corpi inerti e spenti, privi di ogni fascino eroico, vengono  buttati via a formare un mucchio informe nello stesso spazio di Piazzale Loreto dove erano stati buttati i corpi violati di quindici tra operai e comuni cittadini, presumibilmente antifascisti.

“All’alba del 10 agosto 1944, 15 detenuti di San Vittore sono costretti a indossare tute blu da operai e vengono caricati su un camion. Sono stati tutti incarcerati dai nazifascisti perché sospettati di far parte a vario titolo della Resistenza. “ I 15 DI PIAZZALE LORETO

La sorte che le salme dei fascisti subiscono è terrificante, è la testimonianza della ferocia umana che si abbandona a gesti di vendetta e rabbia incredibili, dello stesso livello di quelli della terribile e temutissima  brigata nera mobile Muti della Repubblica di Salò.

Scurati descrive, azione per azione, lo schifo che le salme subirono. Inquietante è anche il lavaggio delle salme con il getto d’acqua dei vigili del Fuoco e la successiva decisone di sottrarre i corpi ad ulteriore vilipendio fisico, offrendoli tuttavia, appesi a testa in giù, al vilipendio psicologico di chi  si affollava per “scrutare” le ferite mortali e gli abusi perpetrati sulle salme.

Sono convinta che la conoscenza, il più possibile oggettiva e comprovata da testimonianze dirette e indirette affidabili, della storia del fascismo, e della lotta partigiana che ci ha traghettato verso la democrazia, sia lo strumento più efficace per non ricadere in abissi come quello vissuto negli anni dal 1922 al 1945 del ‘900, con Mussolini e le sue tetre squadre al governo della nave Italia. Un periodo che, purtroppo, ha visto le forze democratiche rimanere per lo più inerti di fronte alla valanga fascista che si stava abbattendo sul paese. 

È finita veramente?

“Taglierete questa fune da mattatoio, il cadavere martoriato sarà rimosso, occultato, compostato nella terra. E voi vi giurerete reciprocamente che è finita. Ma mentirete. Mentirete, sì, mentirete, perché questo pezzo di macelleria non è stato abbattuto da un colpo letale. È appeso, a testa in giù, a mezz’aria, a due metri dal suolo, non giace, pencola, né atterrato né assunto in cielo, insepolto, sbattezzato dalla vostra violenza infantile, servile eppure ferina, questo Lucifero popolaresco non ascende e non precipita, pende, oscilla, sospinto da moti stolidi, sciocchi, inconclusi e inconcludenti, né su né giù, e senza requie, a destra poi a sinistra, un po’ di qua e un pochino di là, mai centrato, fuori asse, eternamente fuori di sesto, sempre feroce o sciocco, feroce eppure sciocco, feroce proprio perché sciocco, consegnato a un moto perpetuo, a una cattiva infinità, a un meschinello, parrocchiale eterno ritorno.

E, allora, tornerà. Voi mozzerete quella fune ma il cadavere resterà appeso per sempre al traliccio di questa pompa di benzina, incompiuto, pronto all’uso, maledetto e maledicente. Tornerà a ogni cattivo raccolto, nella canicola irrespirabile di agosto, nella tristezza del sole al tramonto verso occidente, nella malinconia di un nuovo secolo che non promette niente e, proprio per questo, mantiene la promessa. Tornerà nei patetici busti in bronzo, trasmessi di padre in figlio, esposti con vanterie vezzose nei salotti borghesi, ma, soprattutto, tornerà nella vita bassa, ridotta ai suoi umori – rancore, risentimento, tradimento –, e nella sua più grande passione, la paura. Tornerà ogni volta che invocherete l’uomo forte che non siete né mai sarete, il Capo capace di guidarvi standovi dietro, a soffiare sul vostro scontento, ogni volta che sull’orlo della tenebra piagnucolerete per una favola della buonanotte – ancora una, papino, ancora una, ti prego. Tornerà e vi ripeterà sempre la medesima nenia: io sono il popolo, il popolo sono io e al diavolo tutto il resto; il male non esiste, esistono soltanto uomini malvagi con il loro maleficio; la realtà non è complessa, è semplice, è bambina la realtà, tutti i problemi si riducono a uno soltanto, quel problema a un nemico, il nemico a uno straniero, lo straniero a un invasore. E il nemico straniero invasore si può uccidere, si deve uccidere, un colpo alla testa e uno al cuore. Alla fine, come in principio, saranno soltanto i morti. In principio come alla fine sarà ancora soltanto il corpo. Il corpo macellato e ricomposto, morto e resuscitato, laido e glorioso. Il corpo del vostro Duce. Sì, il mio pubblico ci sarà ancora. E ancora. E ancora. Il cadavere tornerà, io tornerò perché i morti non pesano soltanto, i morti sopravvivono. Sono cose più antiche del mondo. E io queste cose le so, le so perché è inutile, non c’è niente da fare, io sono come le bestie: sento il tempo che viene.”

Grazie, Antonio Scurati per questa tua operazione di verità storica e di narrativa alta.