
Due i motivi che mi hanno spinto a leggere Donne Informate sui Fatti: è un regalo di Vladimiro ed è un romanzo di Carlo Fruttero, nella sua più pura vena “gialla”.
Il setting, affascinante e misterioso come al solito, è Torino e il suo territorio.
Qualche “device” colorato: Il dettaglio dei papaveri rossi, fiore bellissimo e delicato finchè rimane nel gruppo, “dancing in the breeze”, per allietare lo sguardo dei passanti. Fiore che muore subito, se reciso. Crolla a terra, stramazza, senza vita.
Milena, giovane e bella ragazza rumena, dalla vita complicata, viene trovata morta nella campagna tra Beinasco e Rivalta, da donna di passaggio che segnala la presenza del cadavere alla polizia:
“Quando una ha deciso di dire la verità tanto vale dirla tutta fino in fondo[…]E così io ho raccontato che mentre ero giù in mezzo al prato e iniziavo a raccogliere ho visto arrivare in motorino la ragazza del bar, che è scesa e ha iniziato col falcetto a tagliare l’erba del fosso per il suo coniglio. Qualche metro e poi si è fermata di brutto, si è rialzata, ha dato ancora un’occhiata nel fosso e poi è tornata al motorino, salta su e via velocissima…”
La narrazione è molto efficace. Mi piace il punto di vista multiplo nei romanzi, le ambiguità che crea e, nello stesso tempo, i dettagli che fa emergere nel puzzle della ricostruzione.
Donne che raccontano, che testimoniano, che spiegano e deducono, più o meno reticenti, più o meno affidabili. Sempre complesse e sfaccettate. Pochi uomini, spesso “cattivi soggetti”. Durante la lettura di queste testimonianze ho talora percepito qualche nota stonata: le parole delle “narratrici” e il loro stile espositivo appare a volte poco consono al loro status, alla loro appartenenza, al modo di essere che l’autore vorrebbe comunicarci.
Le citazioni e i rimandi culturali di alcune mi fanno pensare più a Fruttero stesso che non alla bidella, alla barista, alla volontaria, anche se, della caratterizzazione di quest’ultima, mi piace l’incontro con Milena in chiesa, al ritmo del rosario e delle giaculatorie mariane.
L’unica persona che sembra parlare con voce propria e adeguata, (o meglio il cui stile è più credibile e vicino a quello dello scrittore stesso) è la vecchia contessa.
Il tema è scabroso, ma viene affrontato da Fruttero con la sua consueta levità sapiente.
Titolo molto, molto efficace e pertinente.
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