SAPIENZA-ARTE DELLA GIOIA

Trama

La trama di quest’opera è ricca di “vie di fuga” e pertanto, molto complessa da riassumere. È infatti lungo e accidentato il percorso di  formazione della protagonista.  Siamo agli inizi  del  Novecento in Sicilia, Modesta (su questo nome ci sarebbe tanto da dire…) nasce in una famiglia molto povera. È molto intelligente, vivace e curiosa. Sin dall’infanzia  prova impellente il desiderio di  conoscere  e di esplorare la natura e le persone.  Le condizioni  di miseria in cui  vive con la madre  e la  sorella affetta da disabilità grave contribuiscono a sviluppare in lei un forte  bisogno di  fuga verso il suo ideale di “normalità”.

Purtroppo il carattere e l’ambiente in cui vive  le fanno incontrare il suo destino troppo presto. Viene violentata ancora bambina da un amico della madre che, poco dopo, muore insieme alla figlia malata in un incendio che porta con sé tutto quel piccolo mondo triste.  Per salvarla da un destino  ormai  scritto con inchiostro indelebile sul suo corpo, Modesta  viene affidata  alle cure di Leonora, madre superiora del  Convento. Dopo questo inizio  traumatico il percorso di formazione di Mody procede, più o meno pericolosamente, tra scelte rivoluzionarie in ambito personale, sessuale, politico.

Nel corso della sua vita all’interno  delle tristi mura del convento,   Modesta trova conforto nell’amicizia con il custode Mimmo che le da consigli preziosi  per preservare la sua vita e la sua salute mentale. Leonora la tiene sempre più prigioniera sotto le sue soffocanti ali protettrici Incredibilmente, dopo la sua morte alquanto sospetta, si scopre che ha lasciato un testamento  in  favore di  Mody che da quel momento sarà affidata ai Brandiforti, in attesa di prendere i voti.

Modesta si trova catapultata nel mondo  nobiliare di cui Leonora era potente rappresentante.  In questo mondo, a contatto con la forte nonna Gaia, tra le braccia della dolce Beatrice e le lusinghe degli uomini che orbitano intorno alla proprietà, Modesta sviluppa tutte le armi mentali, psicologiche e fisiche che le serviranno per diventare l’ affascinante  donna di potere che la storia ci rende. Altro che monaca!

La  storia attraversa più generazioni, germogli specchio  delle personalità di padri e madri, spesso intrecciati tra di loro in una sarabanda incestuosa a livello  fisico e psicologico.  Qui tutta la trama

Il romanzo della GIOIA

Gioia=stato o motivo di viva. Completa, incontenibile soddisfazione (Devoto -Oli)

È stata una lettura lunga, complessa, a tratti esaltante a tratti stancante, un po’ come le emozioni e le reazioni di Modesta nei confronti  della natura e delle persone che la circondano. Ma alla fine dell’ avventura rimane un senso di  pienezza, e perché no, di gioia, nell’avere accompagnato  questa  donna così peculiare nel suo viaggio di formazione. I  critici affermano che c’è molto di autobiografico nel romanzo. In effetti, leggendo  la prefazione di Angelo Pellegrino e la postfazione di Domenico Scarpa, capisco perché.

Goliarda Sapienza 1

“non si capisce bene se stia parlando di G. S.(Goliarda Sapienza) o di Modesta, che proprio quell’anno ha cominciato a prendere forma: «Una donna che le rassomiglia?» Gianni Infusino, che intervista G. S. per «Il Mattino» di Napoli (15 marzo 1983) è il primo a porre la domanda. G. S. gli risponde di no: Modesta «è l’insieme di mia madre, di Wally Toscanini di cui sono stata amica e di altre donne che ho incontrato, conosciuto e frequentato».”D. Scarpa

Chi è Modesta? Che cosa significa la parola “gioia” per lei? E gli altri personaggi? Tanti e tutti,  in buona parte, sono   “Modesta”.

“numerosi personaggi di questo romanzo. Che erano in buona parte se stessa, con storie appartenute ad altri. Goliarda non si riconosceva molto in Modesta – dopo tutto L’arte della gioia non è romanzo autobiografico –, rispondeva sempre un po’ turbata che Modesta era migliore di lei, segno che Modesta può dirsi proprio lei, almeno quanto l’autore può essere un suo personaggio, ma sommata e mescolata a Beatrice, Carlo, Bambú, Nina, Mattia, e persino nonna Gaia, mentre non aveva quasi nulla di Joyce, Carmine, Pietro, di Prando, di Stella, e neanche di Jacopo o di Carluzzu. Chi l’ha conosciuta bene potrà in parte confermarlo.” A.Pellegrino

Voci narranti

Il punto di vista è alternato, oscilla tra la prima persona, (la voce di Modesta) e la terza persona, in una sorta di  Stream of Consciousness tra sogno e realtà, tra pensiero e azione, che cerca l’unità dell’essere. La stessa alternanza la viviamo tra passato e presente, ma senza salti e strappi. Tutto sembra fluire naturalmente, proprio come  un elemento fluido in cui  Modesta si immerge fino ad annullarsi. Ad un certo punto della storia mi è sembrato  di  ritrovarmi tra le pagine di  Lady Chatterley’s Lover di H.D. Lawrence. Soprattutto  nelle atmosfere calde del sesso, con Carmine, con Beatrice, con Nina, con Joyce, con Mattia e infine, inaspettate, con Marco. Eppure…

“Riferimenti dei recensori a D. H. Lawrence e a Stendhal, a Flaubert e a Moravia, a Sterne e a Lampedusa, a Casanova e a Dostoevskij, a Henry Miller e a Balzac e a Freud e a Victor Hugo, possono essere fondati in qualche caso, ma sempre inefficaci a farci entrare nel suo libro. Anche quando sono indicati in modo pertinente i modelli arrivano a dirci ben poco, perché G. S. li ha emulsionati fino a cancellarli dalla nostra e dalla sua visuale.”

E poi c’è la Sicilia

Catania tra mare e montagna

Con la sua magia, i suoi incanti, la sua eleganza avvolgente, le sue brutture ataviche, il suo fatalismo che aiuta a sopravvivere e a cercare il bello nelle cose e nelle persone. Non a caso  Modesta è “La Gattoparda”. Secondo Adele Cambria, (Dopo l’Orca arriva la Gattoparda) “La Sicilia si esprime nel Novecento con una voce di donna, feroce come la Horcynus Orca  di D’Arrigo, femmina anche quella ma non di specie umana”(D.Scarpa)

Assaggi dall’inizio alla fine, con le parole di Goliarda per capire Modesta

Sentimenti forti: l’ odio- “Avevo quella parola per combattere. E col mio esercizio di salute – ormai lo chiamavo cosí dentro di me –, nella cappella col rosario fra le dita ripetevo: io odio. China sul telaio sotto lo sguardo spento di suor Angelica ripetevo: io odio. La sera prima di dormire: io odio. Questa fu da quel giorno la mia nuova preghiera.”

Destino e dialetto siciliano– “Strada triste che portava solo al convento. Ma almeno la conoscevo, quella strada. «Chi lassa la strata vecchia pi la nova, sapi chiddu ca lassa, ma non sapi chiddu ca trova», come diceva mia madre. E se quello doveva essere il mio destino… destino, altra parola di mia madre. C’era il destino?”

Beatrice guida dantesca- “Anch’io dovevo cucirmi la bocca e ascoltare. Ascoltare Beatrice. Forse, seguendo la sua voce – proprio come il poeta – avrei potuto scorgere la via per uscire da quella selva di sete, marmi, sorrisi e ori. E sembrava proprio la Beatrice del Doré quando, alzando le braccia sempre in bilico su un abisso, per la tensione di stare dritta, mi indicava una finestra chiusa all’ultimo piano.”

Beatrice-Dore

Lo zio Jacopo e i suoi libri: eretico ma buono– “sapessi che voce dolce aveva! Sempre venivo qui ad aiutarlo per le sue collezioni di farfalle, conchiglie e minerali. In questi vasetti teneva cose vive. Non so dirti perché… faceva esperimenti. Tanti libri ha scritto e pubblicato a Roma e in Francia. Maman dice che non si capisce niente di quello che c’è scritto. Era medico e anche chimico, sai? quelle cose difficili[…] Vedi, quel vaso sul caminetto? Lí sono le sue ceneri. Su, vieni, che fai lí impalata? Non era cattivo, Modesta, veramente, anche se… Finalmente avevo trovato un altro eretico. Quei libri che ammiccavano nella penombra mi attiravano piú della voce carezzevole e rapida di Beatrice. Se lei non ci fosse stata avrei subito preso uno di quei libri, almeno uno… ma mi tirava, adesso, e io dovevo essere prudente”

Il dialetto palermitano della tata di Beatrice- “Certo che lo capisco. Con la tata, quando eravamo sole, ‘u parravamu sempri. A me piace tanto, ma in casa è proibito: francese, inglese, italiano, ma niente siciliano. Quante cose mi raccontava! Mi parlava sempre in siciliano, anzi in palermitano. Lei era di Palermo, e ne era molto orgogliosa. Odiava Catania: catanisi soldu fausu, diceva sempre. E io mi divertivo a sfruculiarla. Lei si arrabbiava e poi ridevamo facendo la pace. Che bei tempi”

Brava…proprio come un uomo- “matematica, il pianoforte… Il pianoforte! Beatrice aveva detto che il suo maestro era stato un grande concertista russo. E se lei diceva che era bravo, sicuramente era cosí. Anche il precettore era di una cultura che in confronto madre Leonora sembrava un’ignorante. La filosofia… quella in convento forse non avrebbe potuto studiarla… Si doveva informare. Che mondo ricco e misterioso «il mondo delle idee», cosí aveva detto il precettore. E aveva detto anche: – Brava, signorina, associa le nozioni proprio come un uomo!”

Dante e il Paradiso dell’amore- “Non sapevo cosa significasse quella parola: «Amor che muove il sole e l’altre stelle». Certo, quando mi abbracciava tutto girava intorno a me. Non era come con Tuzzu o come con madre Leonora. Una tenerezza mai conosciuta mi faceva essere tranquilla fra quegli alberi che giravano intorno al sole, sicura di non sprofondare.”

Modesta assapora il gusto del potere- “Posso prendere il vestito, signorina? Già. Aspettava un mio ordine. Quell’attesa mi ridiede la fiducia che avevo perduta. Ero della famiglia adesso. E per rafforzarmi in quella fiducia la feci aspettare qualche minuto. Quell’immobilità rispettosa e quella testa bassa calmarono completamente il mio tremore. Con la calma le idee tornarono a rifluire limpide. Almeno non dovevo piú temere i muri, le tende, la servitú di quella casa, come era stato nel passato. –“

Il passato torna ma possiamo tenerlo sotto controllo- “ma era bastata quella casa, quel bambino all’abbeveratoio per far ritornare il passato. Ecco come tornava il passato… non con gli stessi personaggi, come nei romanzi, ma con altri nuovi che ci portano il ricordo di paure non cancellate. E questo era molto pericoloso. Non dovevo cercare, come avevo pensato scappando dalla casa di Carmela, di dimenticare il passato, ma anzi ricordarlo sempre tutto, cosí da tenerlo sotto controllo e farmene una forza”

Studiare le emozioni- “Ecco la strada giusta: bisognava, cosí come si studia la grammatica, la musica, studiare le emozioni che gli altri suscitano in noi.”

Modesta incontra il mare, finalmente!- “Appena la macchina si fermò, col fiato mozzo balzai fuori seguita da Beatrice. E, forse perché mi aspettavo di vederlo dall’alto come prima, dovetti alzare gli occhi per trovare quel cielo liquido rovesciato che fuggiva calmo verso una libertà sconfinata. Grandi uccelli bianchi scivolavano in quella vertigine di vento. I polmoni liberati s’aprivano e per la prima volta respiravo. Per la prima volta lagrime di riconoscenza mi scendevano sulle labbra.”

Carlo spiega a Beatrice il valore delle fiabe- “dici buone, Carlo? Non sono tutte buone le fiabe? – Eh no, Beatrice, non tutte le fiabe sono buone. Anzi, come dice la nostra compagna Montessori, e in questo sono d’accordo con lei, quasi tutte le fiabe sono cattive, sono uno strumento per terrorizzare i bambini ed educarli al timore della legge e dell’autorità. Ne abbiamo parlato a lungo, o meglio, lei me ne parlava esortandomi a scrivere delle fiabe di nuovo genere. Mi ricordo che a Roma, appena accennava alla questione fiaba, tutti a scappare. Certo è valida la sua posizione contro le favole di Andersen, dei Grimm e di tanti altri. Ma pretendere che tutti i compagni, medici, ingegneri o fuochisti, la sera invece di dormire si forzassero a trovare trame e avventure diverse per la rivoluzione… – La rivoluzione con le fiabe!”

Paura e libertà- “e ora poggiava le palme mute alla porta. Aveva paura. Una paura nuova, sconosciuta. Nella chiana aveva temuto le ire della madre, l’indifferenza di Tuzzu. In convento aveva temuto di restare prigioniera e dopo, in quell’altro convento di seta, aveva avuto paura di Gaia, Argentovivo, di Beatrice stessa. Ecco che cosa era: non era mai stata sola in una casa vuota, libera di andare e venire a suo piacimento. Ecco cos’era quella paura che per poco non aveva scambiato per nostalgia di Beatrice e perfino di Argentovivo. No, non le rimpiangeva, rimpiangeva solo un modo di vita cosí a lungo impresso nelle sue emozioni, che non poteva mutare da un’ora all’altra. Doveva accettare quella paura, e pian piano abituarsi a quella solitudine che ormai, era chiaro, portava con sé la parola libertà.”

Carmine e la Certa che si avvicina, e  più forte diventa la voglia di vivere– “com’è? – E che so, picciridda! O forse lo so. Vedi figghia, da quannu quelli giú a Catania mi dissero che tre, quattro mesi potevo durare, ricordi di fatti belli e brutti, di facce amate e scomparse da tanto e di paesi magnifici c’ho visto mi sono tornati alla mente. Come te lo posso spiegare? È come una nostalgia delle belle cose e primavere che il destino e la buona fortuna m’hanno accordato. Carmine uomo fortunato è stato, e anche nella mala sorte pienamente ha vissuto. E allora, a quella parola fine, desiderio forte di riviverla la vita m’ha preso. Per farti un esempio, anche ’sta notte, quale vecchio nei dintorni e nel mondo intero poteva avere la buona sorte di sentirsi addosso peso bello come a te? – E non hai paura? –”

Modesta ama Joyce- “Ha deciso di godere del suo amore per quella donna anche se sa che lei non potrà mai amarla, presa com’è dal suo amico Nazim, poeta ed eroe turco, da quel Silone, scrittore e grande antifascista, da quel Jose… Non fa che parlare di lui. Che sia innamorata di quello spilungone dal naso storto?”

La meraviglia del teatro dei ragazzi di casa Brandiforti “GIUFÀ Oh, la cometa! Addio albero amico, bosco caro! E quelle luci ca spruzzano belle là in fondo al mare che sono? LUNA Sono i delfini che saltano sulla mia scia, presi dall’allegrezza del mio lume d’argento…”

Tutti fanno l’occhietto a Mussolini. Terribile– “terribile, anche la Russia fa l’occhietto a Mussolini. Lasciamo andare Chamberlain, ma Stalin… – E allora? Lo scopri questa sera? – No, no! Ma scherzare, dare feste… – Non solo scherzare Jò, ma ridicolizzare! È un modo di sfaldare un mito per loro cosí giovani, un esorcismo per non assorbirlo e prepararsi a calpestarlo un giorno. Un giorno che temo noi non vedremo. E poi li offendi, Jò! Sai bene che tutti, anche Bambú, non si accontentano”

Se parole fasciste usi fascista diventi  “Prando: Guarda che disfattista è come me ne frego. Termini fascisti e volgari, come dice la mamma, è meglio non usarli. Come dici mamma? Ah, sí: usando le parole dei fascisti finisci con l’assorbirle, piano piano ti lavorano dentro e un bel mattino ti trovi bello e pronto per loro, con camicia nera e pantaloni alla zuava. A me è sempre sembrata una esagerazione ma… E com’è mamma che non rispondi? Che forse non l’ho riferito bene il tuo pensiero? Il”

Compare Jean Gabin “Ma sí zia, lascialo perdere! Anche con me fa sempre cosí, gli piace fare il cattivo. ‘Ntoni: – Vuoi dire il duro, Bambolina. È colpa del cinema. S’è innamorato di Jean Gabin. Bambú: – Oh, è vero! Se non avesse quei lineamenti perfetti somiglierebbe a Jean Gabin. ‘Ntoni: – E certo! L’ho visto io, all’uscita del cinema, che imitava la sua camminata. Prando: – Scemo! Non imito nessuno io! Bambú: – Ma sei troppo bello, cuginetto mio, per diventare duro come lui.”

Contro la guerra la libertà di scegliere. A Prando: “parti per l’America, ruba, insomma, fa quello che vuoi! ma che tutto nasca da te e non da un ordine del re, del Duce, o del Führer! Desiderare la guerra è già piegare il futuro, e non solo il tuo, verso la sventura. Lo vuoi capire sí o no? È l’ultima volta che cerco di farmi capire da te e dai maschi boriosi come te. Tu non appartieni né allo Stato, né a me, e non ti illudere che io dia ordini. Sangue di Giuda! Ma come si deve fare per farvi capire che molti desideri vi vengono inculcati dall’alto per usarvi? Capisco che sia difficile per un povero che deve sfamarsi e imparare a leggere prima di sapere chi è e cosa vuole. Ma tu, tu hai pane e libri, e non puoi avere scusanti. Sei responsabile di te e di quelli che domani tu puoi trascinare con te.”

Con Nina compagna di  cella, anche in prigione si  prova gioia– “terra, ginocchioni, con le mani sugli occhi per non vedere le contrazioni del viso di Nina congestionato dallo sforzo di tenere la bocca chiusa per non ridere. È lei che mi comunica quel riso. E deve anche essere il vuoto nello stomaco che con polpastrelli di vento mi solletica… Non può essere gioia, non ho mai sentito che in prigione si possa trovare tanta gioia.”

Gramsci isolato-“Eravate troppo avanti col sogno, Nina, l’anarchia è un punto d’arrivo e non… – Sí, troppo avanti! e quand’è che ci decidiamo a farlo un vero piccolo passo avanti, eh principessa dei miei stivali? E il vostro Gramsci? Voi l’avete condannato! Arminio l’ha visto, mio fratello, oh! Sempre solo in cella, e all’aria isolato dai compagni e disprezzato. E i secondini hanno avuto mano libera. – Allora? – Allora Antonio soffriva di insonnia e quelli ogni ora a suonare le sbarre per svegliarlo.”

Ottavio, il papà anarchico di Nina– “«Ecco qua piccola, per prepararsi alla rivoluzione si deve bere tanta e tanta fantasia”

Finito il fascismo restano i fascisti  con completo a righini bianchi, profumati al bergamotto-“E se a casa sto zitta, lí almeno mi diverto a farle impallidire quelle gote: «Vuole dire la prima donna pagata per collaborare? Perché, non usa piú la parola collaborare? Sí, sí, collaborare con gli agrari, i baroni, i preti?» «Ma principessa, la democrazia! Ci sarà la democrazia! Dobbiamo solo dimostrare prima con elezioni amministrative, come l’America ha suggerito, che noi italiani siamo in grado di averla questa democrazia! E con la democrazia noi… vedrà presto… Ma non è che ci diventa comunista, principessa?» –”

Togliatti  finché fa comodo– “Già, è cosí Bambú. Parri cade e il gesuita De Gasperi va al governo. Il gesuitismo riprende il suo posto, come avrebbe detto Jose. – Ma c’è anche Togliatti! – Finché fa comodo, e certamente per aggirare il pericolo di rivoluzione. Ah, ecco cosí dirò domani, mi voglio divertire.”

Noi donne all’opposizione sempre– “Dirò che sono comunista e che credo solo nella rivoluzione. All’opposizione si deve stare, ci ho pensato. Nina ha ragione. Soprattutto noi donne: all’opposizione sempre.”

La gioia piena- “di un gesto brusco, di una parola sgarbata. Come la mia Beatrice, Bambolina (n.d.r.figlia di  Beatrice e Carlo) tende alla gioia piena come un diritto di natura e sa come conquistarla, come donarla agli altri.”

Il potere nuovo come il vecchio?- “Decisa a non collaborare col nemico che anche se travestito in cento maniere moderne… – che viso aveva quel potere nuovo che si svolgeva in tanti tentacoli silenziosi di polipo mimetizzato dai vari colori della scienza, dell’arte, delle professioni?… – era sempre quel potere a tutto tondo nella sua divisa elegante di altero guerriero.”

Il dopoguerra per le vie di Roma– “La folla paurosa girava come in sogno intorno a lei: italiani affamati accanto ai visi rosei, paffuti, di americani in cerca d’affari. Uomini dell’Europa centro-orientale sfiorati da ex detenuti dei lager: smilzi ebrei seguiti dai passi appena piú sicuri di ex prigionieri… Le donne da un anno o due scendono in strada senza cappello e senza calze. Là in fondo una donnina bionda, timida forse, porta ancora un fazzoletto in testa e cerca rasente il muro di passare inosservata: stringe al petto un tesoro nuovo, la rivista sgargiante «Grand Hotel» di marca americana che fa furore. Sui tavolini: gelati, caffè e selve di esili bottiglie di Coca-Cola. – Desidera, signora?”

Mody rifiuta la candidatura al Parlamento e apre una libreria a Catania– “Che dici Mody, glielo possiamo dire? Tua madre apre un negozio accanto al mio, e dato che lei si intende piú di libri che di lane: un negozio di libri. – Voglio fare una libreria che sia anche un posto di ritrovo, come quella di Roma in via Veneto. Pochi libri scelti e qualcuno al quale puoi chiedere consiglio, almeno le mie letture serviranno a qualcosa. – Tu, dietro un banco? Ma che, siamo pazzi? – E che c’è di male, Prando? Te l’avevo detto, Nina, che era meglio non dirgli niente.”

La Certa- “Davanti alla porta chiusa di quella parola paurosa la tentazione di entrare, osservare tutto ti prende, vero Modesta? Certo, a ogni cantone, dopo aver imboccato quella porta, puoi incontrare la tua morte. Ma perché aspettarla lí fuori, le spalle curve, le mani molli nel grembo? Perché non andarle incontro e sfidarla giorno per giorno, ora per ora, rubando a essa tutta la vita possibile?”

Invecchiare è un atto rivoluzionario– ” la sigaretta s’è spenta fra le dita e l’acqua incita alla lotta. Saponi profumati da Mille e una notte – chi l’avrebbe immaginato allora, vero Beatrice? – accendono di rosa, verde, azzurrino la mensola in ombra. È Bambú che li ha messi lí per darmi gioia. Forse ha capito la mia viltà? «Sei distante zia, perché? Distante e distratta. Ti prego, torna come prima!» Insaponarsi è dolce, il corpo compatto ha solo bisogno di movimento. È ora di muoversi, di lottare con tutti i muscoli e i pensieri in quella partita a scacchi con la Certa che attende. E ogni anno rubato, vinto, ogni ora strappata alla scacchiera del tempo, si fa eterna in quella partita finale. Pensa, Modesta, forse invecchiare diversamente non è che un ulteriore atto di rivoluzione…”

Meravigliosi  cinquant’anni- “Riversa sullo scoglio, Modesta osserva come i suoi sensi maturati possano contenere senza fragili paure d’infanzia tutto l’azzurro, il vento, la distanza. Stupita, scopre il significato dell’arte che il suo corpo s’è conquistato in quel lungo, breve tragitto dei suoi cinquant’anni. È come una seconda giovinezza con in piú la coscienza precisa d’essere giovani, la coscienza del come godere, toccare, guardare. Cinquant’anni, età d’oro di scoperte, cinquant’anni, età felice ingiustamente calunniata dall’anagrafe e dai poeti.”

Una nuova grande e inattesa  gioia per Modesta: l’amore adulto con Marco Clayton- “Se di me non parlo e non mi ascolto mi succede poi che mi confondo.” PATRIZIA CAVALLI”

Patrizia Cavalli

Il destino di un romanzo

La fortuna editoriale  di L’Arte della Gioia  nasce all’estero, nemo propheta in patria, si dice. Il  romanzo ha incontrato insormontabili ostacoli  prima della pubblicazione in Italia. Fino a che Angelo Pellegrino, che ne aveva curato la revisione,  lo  pubblicò per i tipi di  Stampa Alternativa,  a sue spese dopo la morte di Goliarda nel 1998. In Francia tutt’altra storia grazie a tre grandi donne la pubblicazione fu un vero trionfo!

“sul «Nouvel Observateur» l’8 settembre; la firma è di Catherine David. Tutto è straordinario in questo libro a cominciare dal titolo, L’arte della gioia, che si direbbe piú adatto per un saggio filosofico. Invece si tratta proprio di un romanzo, un romanzo vero, che vi trascina e vi scombussola, un romanzo pieno di febbre e d’intelligenza, concreto al massimo, visivo al massimo, erotico e famigliare, psicologico e politico, radicato in un’isola popolata di mandorli selvatici e di vendette. Un romanzo che ci presenta lo sguardo di una donna eccezionale sulla nostra vita, i nostri pregiudizi, la nostra attualità. Piú che un romanzo, L’arte della gioia è una saga, con le grazie e le furie che appartengono a questo genere rinnovabile all’infinito, e con la vertigine che deriva dal trascorrere accelerato delle generazioni.”