Europa 33 è la storia di un’esperienza di fotogiornalismo in “quattro” tappe: Europa 33, I grandi alberghi europei, Una visita a Trockij e Popoli che hanno fame.
Abbiamo imparato a conoscere George Simenon per lo più tramite il suo commissario Maigret. Con Europa 33 lo scopriamo fotogiornalista di grande presa. Con la macchina fotografica, lo sguardo da intellettuale curioso e la moglie al seguito, inizia la sua esplorazione nell’Europa dei tormentati anni 30.
“In questa Europa mi interessava vedere i nostri amici. Qualunque scolaretto saprebbe recitare a memoria: «Gli alleati della Francia nel 1933 sono: il Belgio, la Polonia, la Romania, la Cecoslovacchia e la Jugoslavia». Ma che ne sa quel bambino, che ne sa suo padre, che ne sa il suo maestro di un polacco o di uno iugoslavo? E il belga immaginato da un contadino francese ha qualche elemento in comune con un vero belga del ’33? Sono andato a far visita a tutti loro. Sono ancora in viaggio, e non busso alle porte dei ministeri e dei parlamenti, ma a quelle delle fattorie, delle case operaie e delle botteghe.“
Simenon è interessato alle persone e al loro ambiente. E il viaggio che intraprende gli offre molteplici occasioni di investigare sui comportamenti di molti e diversi cittadini “Europei”.à
“non busso alle porte dei ministeri e dei parlamenti, ma a quelle delle fattorie, delle case operaie e delle botteghe.”
Il suo sguardo descrittivo immortala l’attimo in una foto. Un limite insormontabile di una lettura su Kindle è la leggibilità e l’efficacia delle fotografie. Puoi solo intuire la loro bellezza da quei quadratini incastonati in un piccolo schermo. Peccato. Forse mi procurerò il libro solo per vedere meglio e godermi meglio le foto.
“«Sì, va bene. Ma come sono le strade laggiù? Che cosa mangiano? Come si vestono? Come passano il tempo quando non lavorano?». Ebbene, è soprattutto per rispondere a tali domande che ho fatto questo viaggio. Ho giurato a me stesso che non mi sarei interessato alle idee, che sarei stato un semplice operatore, un fabbricante di istantanee. Ed è per questo che ho raccontato i miei primi andirivieni con tanta minuzia. Sono riuscito, nonostante la deformazione professionale, a non fare letteratura? Lo spero e vorrei continuare così.”
Lo sguardo e le intenzioni appaiono semplici e diretti, a tal punto che hai quasi l’impressione di essere tu, e non George, a raccontare e fotografare. Ma non cadiamo nell’inganno! È la semplicità narrativa che fa di un grande scrittore un grande fotoreporter.
E tuttavia, in alcuni casi il coinvolgimento travolge il fotografo. Ho trovato il viaggio e le conseguenti peripezie a Odessa e in Russia eccessivamente politicizzati. La recente rivoluzione bolscevica viene stigmatizzata attraverso le foto, le parole, i commenti, le reazioni. Non so, è come se Simenon mettesse da parte l’ ”oggettività” dello sguardo per lasciare spazio al bisogno irrefrenabile di portare allo scoperto quello che non funziona nella nuova società. Impressioni.
Alcune immagini restano impresse nella memoria visiva: i giovani vestiti di bianco, leggeri, felici e proiettati verso il futuro, nonostante gli evidenti condizionamenti politici e culturali.
“I giovani Russi sono allegri ma- “«Crederò nella Russia solo quando li vedrò giocare a belote». A belote o a qualsiasi altro gioco! Non giocano! Non fanno niente di inutile! Non leggono romanzi! Se si fanno il bagno è per allenare i muscoli e tonificare la pelle al sole. Se camminano per strada, lo fanno a passo di marcia. E poi frequentano i circoli.”
Grandi Alberghi
Lo sguardo sui grandi alberghi europei è spesso disincantato, talora critico, ma sempre umanamente ironico. Ciò che colpisce Simenon è l’evidente abisso tra la realtà e l’apparenza. Tra le vite dei ricchi e quelle dei poveri.
“Naturalmente ogni albergo di lusso ha la sua specificità, la sua clientela, il suo stile e il suo genere. In ogni capitale, per esempio, c’è un hotel sontuoso e vecchiotto, dove vi viene mostrato l’appartamento reale e dove ancora oggi soggiorna l’aristocrazia. Poi c’è l’albergo dalle dorature sgargianti e dal personale turbolento, che è specializzato in sudamericani e in generale nel lusso chiassoso. Cinema. Grandi banchieri. Re del cotone o della trafileria. Quindi viene l’albergo per inglesi, più sobrio, più discreto, dove nella hall e negli ascensori si incontrano sempre cani.”
La fame nera
Tutta la sezione dedicata alla “fame vera” è molto cupa. Realistica? Forse si, ne è testimone l’ansia montante di Simenon di non poter tornare a casa a causa dei continui blocchi burocratici.
“Sono sei mesi che, come reporter, attraverso l’Europa in lungo e in largo, da nord a sud e da est a ovest. All’inizio non sapevo che cosa cercavo. Volevo vedere. Ho ammirato la Norvegia e i suoi fiordi, la Danimarca e i suoi sindacati, l’Olanda ricca e solo leggermente inquieta; ho incontrato Hitler e assistito alle sfilate dei nazisti; ho visto Mussolini e visitato le nuove fabbriche italiane. Poi, un bel giorno, mentre mi dirigevo verso est, ho incontrato la Fame.”
Risultano amaramente comici i discorsi tra i quattro passeggeri al rientro sulla nave Italiana: c’era un italiano, un turco, un francese e un tedesco…Quasi da barzelletta. La moglie è sempre dietro le quinte.
«Quella gente fa man bassa di tutte le merci e va a lavorare anche nel Mare del Nord e nel Baltico! Hanno delle vecchie bagnarole che le assicurazioni si rifiutano di garantire. Non pagano i marinai, che si accontentano di mangiare un po’ di ratatouille. E fanno pagare la tonnellata metà della tariffa praticata dagli altri». «La Grecia non è un paese!» afferma il turco. Esattamente quello che l’italiano diceva della Turchia. E più o meno quello che il tedesco pensa dell’Italia. «Quanto alla Russia…». Eccoci!”
Perché leggere Europa 33
Credo che valga comunque la pena leggere Europa33 perché, al di là del maggiore o minore coinvolgimento di Simenon nel reportage, emergono indubbiamente aspetti culturali e sociali che non possono non far riflettere i cittadini Europei del terzo millennio.
“Io sono partito con uno scopo più modesto, quello di vedere il volto dell’Europa di oggi. C’è stata un’Europa di prima del 1914, poi un’Europa squarciata dalle trincee e infine un’Europa del dopoguerra. Ma forse è ancora un’altra Europa questa Europa del 1933 che sonnecchia sotto la neve e che, come chi dorme male, è scossa da bruschi e terrificanti sussulti.”.
Assaggi in viaggio
Patriottismo–“sentono parlare in francese? Benissimo. Vi concedono che la vostra è una bella lingua, che ha avuto i suoi poeti. Ma nell’Europa centrale e orientale ci sono una mezza dozzina di lingue che derivano direttamente dal sanscrito. Sicché… Tutto questo significa che ogni piccolo paese coltiva nel suo intimo un patriottismo esacerbato, di cui i grandi paesi non hanno la minima idea. E tale patriottismo si traduce in orgoglio e al tempo stesso in suscettibilità.”
Conoscersi -“Se vogliamo o se dobbiamo capirci, non è meglio conoscerci? Conoscere i nostri difetti e i nostri pregi, così da perdonare gli uni in ragione degli altri.”
Origine delle dittature–“La crescita delle contraddizioni sociali e nazionali spiega, a mio avviso, l’origine e la relativa stabilità delle dittature. Il fascismo non è frutto di una psicosi o di una sorta di “isteria collettiva” (ipotesi consolatoria di tanti teorici da salotto sul tipo del conte Sforza), ma di una profonda crisi economica e sociale che sta consumando senza pietà il corpo dell’Europa.
La crisi ciclica che stiamo attraversando ha solo aggravato certi processi patologici già in atto. Alla fase di crisi seguirà inevitabilmente una fase di ripresa, che tuttavia sarà più lenta di quanto ci si aspetti. Ma la situazione generale dell’Europa non migliorerà molto. Dopo ogni crisi le piccole imprese, già di per sé deboli, diventano ancora più deboli, o muoiono completamente; le imprese forti ne escono rafforzate”
Belgio fratellino della Francia–“Il tizio che ha inventato la storia del fratellino non li aveva guardati in faccia.”
Paesi Fiamminghi-“Boerenbond». Che significa: associazione di contadini. Troverò la stessa casa in tutti i paesi fiamminghi. E quasi ovunque anche lo stesso parroco giovanissimo, energico, aitante, con un’aria da studente o da venditore di automobili e in più il piglio grave della sua gente.
In Polonia– “«Quando lascerà la Polonia dove andrà?». «In Romania». «Farebbe meglio a restare qui!». Dopo un po’ è tornato con un altro piatto: «Tipico di voi francesi! Ha solo quindici giorni per visitare la Polonia e va a perdere tempo in Romania!».
Il dormitorio di Varsavia– “Non si fuma. Non si mangia. Non si beve. Ci si cura. Perché qui c’è un campionario di tutte le miserie, di tutte le deformazioni che possono martoriare un corpo umano. Vorrei che fossero tutti vecchi. Mi direi che sono dei rifiuti. E invece no! I giovani sono numerosi quanto i vecchi.”
Vilnius– “Ci sono soprattutto grandi case tristi con, alle finestre, pezzi di cartone che rimpiazzano i vetri via via che si rompono, strade innevate su cui scivolano fetide slitte, e poi poveri, poveri ogni dieci metri, poveri più poveri che in qualsiasi altro paese del mondo.”
Germania,Giornalisti e coraggio– “Una sera c’è stato un gran consiglio ed è stato deciso che serviva una scusa per mettere a tacere i comunisti prima delle elezioni. Hitler proponeva di organizzare un falso attentato contro di lui per galvanizzare i suoi sostenitori. Goebbels, più calmo, lo ha dissuaso dicendo che un falso attentato avrebbe potuto dare a qualcuno l’idea di commetterne uno vero. Allora hanno ripiegato sul Reichstag. Mancava una settimana alle elezioni, era sabato. Ho telegrafato la notizia a Parigi, al giornale della sera. Non hanno avuto il coraggio di pubblicarla. Il mercoledì sera il Reichstag bruciava e nessun tedesco dava il minimo segno di stupore! Sfido”
Ordine, finalmente!– “Ma di che cosa stavo parlando? Ah sì! Le «ammucchiate», il nudismo, la speculazione, il freudismo, i ragazzini e le ragazzine, lo squilibrio e l’irrequietezza, lo sport, l’eroina, la cocaina e compagnia bella. Ebbene, ora decine di milioni di tedeschi hanno l’impressione che sia finita, che sia stato ristabilito l’equilibrio, che finalmente sia stato dato loro uno scopo nella vita. E l’artefice di tutto questo è Hitler! Le persone si agitavano disordinatamente, si divertivano come potevano, senza convinzione, ognuno a modo suo, e il risultato alla fine era la noia generale. Hitler li ha rimessi in riga.”
Arrangiarsi in un’ Europa all’incontrario– “«E allora? Ognuno commercia come può…!». Naturale! Come diceva quello, la merce è merce, va e viene! L’Italia fornisce armi agli ungheresi. A Herstal, fino a tre mesi fa, ne fabbricavano per le truppe di Hitler. Il Giappone ne fabbrica per il Giappone…”
I Turchi “«Non sa di che nazionalità è?». «Mio padre era italiano, ma io sono nata qui a Istanbul e non ho mai lasciato la Turchia. Ora mi rispediscono nel mio paese». «Probabilmente ritroverà parte della sua famiglia». «E dove? Non so nemmeno in che regione dell’Italia era nato mio padre. Quanto a mia madre, era greca». E poi non parla l’italiano e non sa neanche se l’Italia sarà disposta ad accoglierla.”
A Istanbul per incontrare Trockij– “Per andare a intervistare Trockij mi ritrovo sul ponte – più affollato del Pont-Neuf di Parigi – che collega le due parti di Costantinopoli, la città vecchia e Galata. Mi sembra di essere sulla Senna in una domenica di sole, dalle parti di Saint-Cloud, di Bougival o di Poissy. Chissà come mai. Le imbarcazioni, assiepate attorno all’intrico degli imbarcaderi, mi fanno pensare ai bateaux-mouches. Sono più grandi? Non c’è dubbio.
Hanno anche una certa aria marina e l’elica smuove acqua salata. Ma è una questione di proporzioni. È l’intero scenario a essere più vasto, perfino il cielo è più lontano. Qui una riva si chiama Europa e l’altra Asia. Continua a sembrarmi una domenica di sole, di sobborghi, di balere. Sul ponte del traghetto ci sono coppie di innamorati, contadini che trasportano gabbie con dentro galli e galline, marinai in licenza che sorridono pregustando il piacere della gita.”
La Casa di Trockij– “All’interno le pareti sono spoglie, bianche, e l’unica macchia di colore sono gli scaffali con i libri. Ci sono libri in tutte le lingue, fra i quali noto una copia di Viaggio al termine della notte con la copertina malconcia.”
Lui– “Lo hanno descritto migliaia di volte e non intendo farlo anche io. Vorrei soltanto riuscire a rendere l’impressione di calma e di serenità che mi ha trasmesso, la stessa calma, la stessa serenità che si respiravano in giardino, in casa e in tutto l’ambiente circostante.”
Passaporti e nuove professioni– “E così chi non ha famiglia, voglio dire chi non ha più una patria, vaga di consolato in consolato, di dogana in dogana, alla ricerca di un posto dove gli sia permesso lavorare. E per quanto tragica sia la situazione, c’è sempre qualcuno che ne approfitta. Ci sono in giro dei veri e propri specialisti nell’aprire le serrature più complicate e nello scassinare le casseforti più sicure. Si mettono serrature alle porte dei paesi? Nello stesso momento, se così possiamo dire, nasce una nuova professione: quella delicata e lucrosa del fabbricante di passaporti! Ne ho incontrati alcuni ad Atene, a Istanbul, a Budapest, perfino a Marsiglia.”
Kafedj– “Stavo per fargli avere un passaporto rumeno ma, all’ultimo momento, mi hanno chiesto un prezzo troppo alto. Insomma: è persiano…». E mi mostrò un passaporto nuovo con le armi di Persia. «È falso?». «Niente affatto. È assolutamente autentico. Non mi arrischio mai con i falsi. È troppo pericoloso…». «Ma lui parla persiano?». «Che importa?». «Se non sono indiscreto, quanto costa un passaporto come questo?». «L’ho avuto per poco: cinquecento franchi. Va detto però che non vale un granché. Per un passaporto italiano, per esempio, ci vogliono dai duemila franchi in su…». «Sempre veri?». «Quasi sempre. Bisogna sapere a chi rivolgersi, conoscere il personale dei consolati…». «È un’attività che rende bene?». Alzò le spalle di fronte a un tale candore.”
Ucraina, dal Pireo passando per Smirne a Odessa– “Odessa, autentica capitale del Sud, è attrezzata per ricevere e sorvegliare gli stranieri. Ma io ho voluto fare anche il giro del Mar Nero su un’imbarcazione russa e fermarmi nei vari porti. A Sebastopoli, Jalta, Novorossijsk, Batum, che non vedono mai un turista, l’organizzazione è meno perfetta. E sulla nave, che in genere gli stranieri non prendono, non c’è ombra di organizzazione.”
Migranti-Lasciare la Russia–“Non ho mai visto uno spettacolo simile. Molto probabilmente non lo vedrò mai più. Gente in fila con tutto quello che possiede, materassi, un canarino, vecchie brocche, stracci, un fonografo guasto, bambini e chissà che altro…”
Assaggi dal web: il respiro malato dell’Europa
“Un viaggio complesso quello di Simenon e di questo Europa 33. Un viaggio che, proprio dal titolo, ricorda l’invito del medico al paziente mentre ne saggia il respiro: dica 33. Che qui diventa, oltre che un anno cronologico, esattamente lo stetoscopio di uno scrittore che ne vuole sentire non solo il respiro ma, ancor più, il cuore e i nervi. E allora eccoci condotti, senza paternalismi, attraverso un continente che non sapeva di esserlo, che talvolta non lo accettava (come oggi) e che viveva di miseria e nobiltà (decaduta) tra case misere e alberghi di lusso. Tutto, sempre, raccontato mescolandosi alle persone di cui racconta, vivendone le parole ma, soprattutto, i gesti, le contraddizioni, le bugie, le idiosincrasie. Quelle frontiere che, allora come ora, erano prima mentali e culturali e poi fisiche.” L’ottavo
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