Trama
I risultati delle elezioni amministrative in una capitale senza nome di un paese, anch’esso senza nome, mostrano un’inaspettata preferenza dei cittadini per le schede bianche. Sono la stragrande maggioranza! Il governo del paese, retto da un non meglio specificato p.d.d. (partito di destra), che si contende il potere con il p.d.m. (partito di mezzo) e il minoritario p.d.s. (partito di sinistra),corre ai ripari, decide di far spiare i cittadini dalla polizia e di indire nuove elezioni, annullando le precedenti. Ma i risultati non cambiano, anzi! Le schede bianche aumentano. Il mistero si infittisce, le istituzioni vacillano. Che fare?
Ordine signora, ordine!
“Ordine signora, ordine!” Disse l’impettito generale alla giovane signora seduta al tavolo di Burraco, in un indimenticabile albergo sul mare, al cospetto di un tramonto altrettanto indimenticabile. Il Generale pretendeva che le carte fossero disposte in bell’ordine, senza confusione visiva e mentale, con lucidità.
L’ ordine nelle mosse della signora, o il mancato ordine, si trasferisce a questa scelta di lettura. Volendo cominciare a scoprire Saramago, cosa fa la signora, ormai ahimé non più giovane ma sempre appassionata di burraco? Comincia dal romanzo che viene dopo, con lucidità.
Premonizioni. Il romanzo inizia sotto la pioggia…
“ tempo pessimo per votare, si lagnò il presidente di seggio della sezione elettorale quattordici dopo aver chiuso violentemente il parapioggia inzuppato ed essersi tolto un impermeabile che ben poco gli era servito nell’affannato trotto di quaranta metri da dove aveva lasciato l’auto fino alla porta da cui, col cuore in gola, era appena entrato.” (p.11)
Un romanzo “fiume”
Nel romanzo fiume, senza nomi né luoghi, si intrecciano flusso di coscienza/stream of consciousness, dialoghi giustapposti a descrizioni, incursioni del narratore onnisciente, riflessioni e spiegazioni, in un bellissimo caleidoscopio di parole, idee pesanti, sebbene raccolte in nuvole svolazzanti e imprendibili, nel sogno come nella realtà. La percezione soggettiva e figurata del tempo colpisce l’immaginazione del lettore.
“…sarebbero trascorsi i tre giorni che mancavano per completare il termine, martedì, mercoledì, giovedì, tre fogli di calendario che stentavano a staccarsi dalla cucitura della mezzanotte e che dopo restavano quasi appiccicati alle dita, trasformati in una pasta glutinosa e informe di tempo, in una parte molle che gli resisteva, ma nello stesso tempo lo risucchiava al suo interno.” (263)
La tensione narrativa è tangibile, non si lascia intimorire dalle difficoltà del discorso complesso, anzi, si alimenta delle suggestioni che il flusso narrativo contiene, tra le righe.
Il romanzo fa rivivere le atmosfere preoccupanti e distopiche di 1984, di George Orwell, in un non-luogo, capitale di un ipotetico paese contemporaneo, dove accade, ancora una volta, l’impensabile: l’83 % dei cittadini vota scheda bianca. Quattro anni prima, un altro evento epocale e inspiegabile aveva gettato il paese nella tragedia civile e politica, a causa della improvvisa e dilagante cecità collettiva.
I “Biancosi” scelgono di votare scheda bianca e i governanti decidono di risolvere questo “problemino elettorale” adottando misure drastiche, che lentamente, gradualmente e inesorabilmente, attraversano tutte le fasi tipiche dei processi dittatoriali: dallo stato d’assedio della capitale, fino all’accentramento dei poteri nelle mani di un gruppo sempre più ristretto di politici.
Il risultato rivoluzionario delle elezioni diventa terrorismo, sebbene la Costituzione preveda il voto segreto, le schede bianche o nulle e l’ astensione.
I governanti e il Presidente della Repubblica non si lasciano neanche sfiorare dall’idea che il risultato delle elezioni possa essere la conseguenza logica della loro gestione politica sconsiderata, sostenuta, più o meno direttamente, dal Partito di Mezzo, dal Partito di Destra e dal Partito di Sinistra.
Chi è il cieco? Chi è capace invece di analizzare con lucidità gli eventi? E i cittadini? Cosa fanno? Perché? La capitale sotto assedio sembra comunque tranquilla, non succede niente, anzi, la città lasciata a se stessa, senza polizia, senza politici, senza palazzi pullulanti di politicanti, portaborse, faccendieri e roba simile, sembra quasi respirare un’ aria nuova, più pulita.
Pdm, Pdd e Pds sono sigle che richiamano alla mente sia le sferzanti arringhe politico-populiste del rappresentante di un certo movimento stellato, che il coinvolgente sarcasmo teatrale di Ascanio Celestini. Sono sigle che richiamano alla mente decisioni non prese, giochi di potere per lo meno ambigui, mancanza di sapienza e di discernimento. Ottusità e cecità.
Capro espiatorio
“Bisogna trovare i responsabili dell’affronto!”
E allora, ci vuole un capro espiatorio, è la soluzione più immediata e facile. Grazie anche alla collaborazione spontanea del primo cieco, ne affiora uno perfetto dal disastro di quattro anni prima. I poteri si attivano per acciuffarlo.
Il commissario che viene incaricato di questa indagine delicata e ambigua pensa o spera di racchiudere in sé i più famosi eroi del genere, da Poirot, a Sherlock Holmes, al Marlowe di Chandler, a Bogart con il suo impermeabile e il suo cappello, a Maigret. Lo accompagnano due assistenti, un ispettore e un agente semplice (Goodwin? Hastings? Watson?).
Saramago non risparmia nessuno: cittadini, politici, giornalisti. Quante manipolazioni affollano questa storia! Tutte e sempre a scapito della verità e della semplicità. Tutte volte a creare un complice stato di paura e ad alimentarlo per biechi fini di opportunismo politico e di potere.
La lingua e i linguaggi diventano strumenti duttili, malleabili e a volte nauseabondi, sulla bocca e sulla penna di chi li usa. Ma non sono una cosa seria! Se non fossero tragici li si potrebbe definire ridicoli.
Fanno sorridere amaramente le conversazioni in codice tra il commissario in missione e il ministro degli interni, pulcinella di mare l’uno e albatro l’altro. Con una certa autorironia lo riconosce anche il commissario/Pulcinella di mare!
Nell’appartamento di copertura degli agenti, sede di un’assicurazione “provvidenziale”, tutto è ”griffato”: lo stemma della polizia è su tutti gli indumenti forniti, il pigiama, la vestaglia, l’accappatoio e persino le pantofole! Temono una crisi d’ identita? Mah! Forse non hanno poi tutti i torti, a giudicare da cosa succederà dopo.
Il racconto dei sei superstiti della cecità di quattro anni prima è quasi un tuffo dentro Rashomon (Akira Kurosawa, 1950). Ciascuno racconta, dal proprio punto di vista, la storia vissuta dal gruppo.
Conclusione
Chi volesse “confortarsi o arrabbiarsi” per la ripetitività e prevedibilità della Storia e della Politica, deve leggersi questa intensa storia civile. Non propone un lieto fine consolatorio, anche se a tratti alimenta la speranza che si verifichi, ma ci aiuta a guardare e a interpretare con maggior lucidità tutto ciò che ci sta accadendo intorno e che presenta molti tratti in comune con gli eventi narrati in questo no-place, no-time, no-names but anywhere.
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