Ron Stallworth, primo poliziotto nero a Colorado Spring, la tana dei lupi razzisti, riesce senza troppo sforzo a far accettare ai suoi capi un piano all’apparenza folle e impraticabile: infiltrare nell’Associazione (leggi Ku Klux Klan) se stesso e un suo collega poco consapevolmnte ebreo, Flip Zimmerman. Parte così una serie di eventi tra il grottesco e il drammatico in cui il Ron nero interagisce con l’associazione al telefono, il Ron bianco-ebreo di persona.
Il titolo è fantastico, riassume in sé, come ogni titolo dovrebbe, il succo del film e aggiunge un elemento visivo, cinematografico appunto, che colpisce: le tre KkK in fila, un tocco da maestro. La minuscola centrale perché? Lo sapete?
Sullo sfondo una meravigliosa ambientazione anni ’70, post assassinio di Martin Luther King, nel pieno fervore di una nuova consapevolezza nera, di un black power da coltivare ed esercitare su se stessi e nella società, non necessariamente in modo violento.



