Ho deciso di leggere questo libro senza sapere nulla del suo contenuto. Di Mastrocola avevo letto Una barca nel bosco, preso in prestito dalla piccola biblioteca di mia figlia. Di quella storia ricordo non tanto lo spaesamento sociale del protagonista, figlio di meridionali immigrati nell’algida Torino, ma il paradosso di quella foresta puntigliosa costruita, foglia dopo foglia, all’interno della sua casa, metafora della costruzione di un’ identità “vegetale”, che fornisce ossigeno alla sua vita e a quella degli altri.

unabarcanelbosco_mastrocola

Di Mastrocola apprezzo  proprio il paradosso come elemento narrativo catalizzatore di eventi. Lo utilizza per sdrammatizzare o per illuminare i personaggi, la loro quotidianità, i rapporti problematici tra genitori e figli, i conflitti e i cambiamenti sociali.

La storia

In Non so niente di te il paradosso riguarda ancora una volta un giovane uomo, Filippo detto Fil, e la sua famiglia, questa volta alto-borghese, influente, residente in una ricca città del nord ai tempi della grande crisi globale del 2008.

NON SO NIENTE DI TE_MASTROCOLA

Il narratore ci parla dal 2060 e il suo è il ritratto di un mondo ormai scomparso, visto dall’alto! Saltano tra le parole, quasi come immagini in un pop-up book, scene della nostra contemporaneità: credit crunch, crisi globale, teorie economiche in antitesi tra loro, governi di emergenza, disorirentamento sociale. Una specie di riassunto letterario degli ultimi cinque anni di vita Italiana, Europea e  mondiale.

cafe a broad street OxMi piace molto la scenetta iniziale tra Burt e Judith, coppia di anziani pacificati, seduti al solito tavolino del solito bar, a fare colazione e a ricordare con nostalgia il passato, in un tempo dilatato di Novembre in cui l’aria inglese sa ancora di Indian Summer e può regalare mattinate dolci. Parlano di foglie cadute, di caducità della vita, di poeti incontrati nel passato, di ovvietà da terza età, che però emanano un fascino senza tempo….

“Quand’ecco che un compatto gregge di pecore sbucò dall’angolo, invase a poco a poco la via e cominciò ordinatamente a entrare, animale dopo animale, nel portone del Balliol College.

‘Sheep!’ esclamò Judith

 ‘Oh my God!’ Le fece eco Burt, smettendo di sorseggiare il caffè…”

Balliol College_Oxford

Pecore 

Fil è il figlio ideale, quello che fa le scelte giuste, con naturalezza conseguenziale. Si laurea a pieni voti alla Bocconi, frequenta un master alla London School of Economics approda al dottorato di Stanford e quindi, accede inevitabilmente ai piani altissimi della finanza o della politica o altro di questo livello. Il percorso “giusto” per contare nella società “giusta”. Questi i piani dell’orgoglioso papà Cantirami.

pecore Suffolk

Ma Fil, altrettanto naturalmente, inciampa nelle pecore Suffolk dal muso nero, che pascolano libere nel verde ipnotizzante dell’ Oxfordshire. Insieme a loro ri-orienta il suo destino  verso la piena realizzazione del suo più vero e profondo self, al ritmo del suo tempo interiore, lento e riflessivo.

La scelta è sua e ne sopporta le conseguenze, inclusi il dolore, lo sconcerto, la rabbia e la delusione dell’onnipotente padre, Guido Cantirami, costretto a scendere dal suo scranno e a confrontarsi con la grandezza e l’originalità delle scelte “controcorrente” di suo figlio. Anche la mamma e la zia prediletta, Giugiu, sono obbligate a rivedere la loro vita e i loro rapporti passati con Fil, alla luce di quanto vanno scoprendo su di lui. Il processo è immediato e quasi salvifico.

Fanno da co-protagonisti le simpatiche pecore dal muso nero, vere catalizzatrici della storia, le prestigiose Università Inglesi e Americane, duchi gentili è un po’ nel pallone, economisti di rango, economisti emergenti, ricche fanciulle occupy qualcosa, ammalianti  fiordi norvegesi.

fiordi norvegesi

La zia Giugiu

Personaggio amabile e necessario è la zia Giugiu, che lavora alla Biblioteca Centrale della città e che impara l’Inglese (e tutti pensano che lo faccia per amore di Fil che lei decide di andare a trovare in America) e finalmente capisce, con stupore e felicità, il significato delle parole di The Sound of Silence di Simon and Garfunkel e lo comunica allegramente a tutta la famiglia riunita per festeggiarla. (qui il testo della canzone)

 Jeremy
 Quasi una controfigura di Fil è Jeremy, che viene travolto dai piani dell’amico che, comunque, lo conducono verso il successo fermamente voluto e cercato. Forse l’avrebbe raggiunto lo stesso e in modo meno problematico, ma la vita si sa è sorprendente. È lui che racconta tutto a Giuliana, per la quale prova un immediata attrazione.

StanfordUSA

Durante il colloquio rivelatore con Jeremy a Stanford, Giuliana si sofferma a considerare le sue scelte, e la sua riflessione potrebbe essere la nostra:

“Le sue scelte… Ma quali erano state, poi, davvero le sue scelte? Ce l’aveva, lei, la vita che voleva? E che cos’è la vita che si vuole? Tutti dovrebbero sapere che vita vogliono, e quindi farla, o provarci. A patto che siano in grado di poter scegliere, o ovvio. E allora perché invece c’è tanta gente cha fa una vita non sua? Perché tutti,  quasi tutti, hanno una vita che non è quella che vorrebbero?” (p.144).

giovani

Conclusioni

Oggi, in questa bella giornata di Luglio, luminosa e calda, sono contenta di aver letto questo libro. Mai avrei pensato che potesse toccarmi così tanto! Nella storia di Fil, di Jeremy e delle loro famiglie ritrovo parte di me. Forse è una caratteristica generazionale, che investe quelli, o meglio, quelle che Mastrocola individua come “club delle madri di figli all’estero”.

Il tema centrale del romanzo è quello delle scelte esistenziali. Chi sceglie cosa? E perché? Chi ha il coraggio di escludere, scegliendo, altre possibilità destinate a rimanere ignote? Da madre di figlie all’estero, mi auguro solo che abbiano fatto e continuino a fare le “loro” scelte di vita, quelle che appartengono al loro mondo intimo e profondo, con convinzione, al di là delle aspettative di mamma e papà e dei condizionamenti sociali.

Non so niente di te…

Come capisco la riflessione di Nisina, madre di Fil, successiva a ripetuti tentativi di contattare il figlio, inutilmente! Esprime perfettamente un nostro bisogno di genitori. Solo nostro.

“È che a una madre non sembra lontano un figlio lontano, quando sa con precisione dove si trova, cosa fa, quali luoghi e quali persone frequenta. Fino a che ha almeno un barlume della sua vita concreta. Lontana, ma concreta. Più sa con precisione meno patisce. Lo colloca. È in grado di collocarlo in uno spazio definito, un ambiente, un tempo.[…] Quella sera, Nisina avvertì di colpo la lontananza di Fil perché di colpo non lo collocava più”.

Un ennesimo romanzo per genitori che non si rassegnano al distacco e al cambiamento dei ruoli familiari. Che pensano di conoscere benissimo i bisogni dei propri figli e si danno un gran daffare per esaudirli. Ma quanto si sbagliano!

Un invito ai giovani ad essere più coraggiosi e ad impegnarsi perché i loro sogni e le loro scelte si realizzino senza mamma e papà alle spalle e, soprattutto, senza farsi condizionare dalle ipocrisie di alcune convenzioni sociali. Certo il punto di partenza di Fil è “leggermente” diverso da quello di Jeremy, proveniente da una famiglia economicamente meno attrezzata della sua, ma questa è un’altra storia.

Non so niente di te è un bel romanzo per riflettere, discutere ed emozionarsi. Raccontato da diversi punti di vista e per questo ricco e sfaccettato, a geometria variabile.

Una colonna sonora, amatissima,  come sottofondo di lettura:  Procul Harum  A Whiter Shade of Pale, live in Danimarca 2006

2 pensieri riguardo “P.Mastrocola-NON SO NIENTE DI TE. La vita a geometrie variabili

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