Ron Stallworth, primo poliziotto nero a Colorado Spring, la tana dei lupi  razzisti, riesce senza troppo sforzo a far accettare ai suoi capi un piano all’apparenza folle e impraticabile: infiltrare nell’Associazione (leggi Ku Klux Klan) se stesso e un suo collega  poco consapevolmnte ebreo, Flip Zimmerman. Parte così una serie di eventi tra il grottesco e il drammatico in cui  il Ron nero  interagisce con l’associazione al telefono, il Ron bianco-ebreo di persona.

Il titolo è fantastico, riassume in sé, come ogni titolo  dovrebbe, il succo del film e aggiunge un elemento visivo, cinematografico appunto, che colpisce: le tre KkK in fila, un tocco da maestro. La minuscola centrale perché? Lo sapete?

Sullo sfondo una meravigliosa  ambientazione anni ’70, post assassinio di Martin Luther King, nel pieno fervore  di una nuova consapevolezza nera, di un black power da coltivare ed esercitare su se stessi e nella società, non necessariamente in modo violento.

Afrozone-funky01

Musica grandiosa del periodo, balli socializzanti, sensuali e ritmati (“però sanno ballare, glielo dobbiamo riconoscere”, dice lo stupido razzista Ivanhoe), abbigliamento in stile e  capigliature orgogliosamente afro, enormi e ben curate.

Tutt’altra storia per l’Associazione dei suprematisti bianchi che ipocritamente si celano dietro questa etichetta per non essere associati  al KKK, salvo invece  aderire alla filosofia razzista in toto. Il loro vero obiettivo, oltre che bruciare croci, è di  prendere il potere e scalare le istituzioni. (Ci riuscirà Steve Bannon capitalizzando per Trump  i voti dei nuovi  pericolosi suprematisti bianchi).

patrice dumas

Il ruolo delle donne  è significativo:  la nera Patrice Dumas, stile Angela Davies, è  presidentessa dell’Associazione Studenti Universitari  per i diritti dei Neri;

la bianca  grassoccia e isterica Connie è  desiderosa di compiacere il marito super razzista e schizzato e di accreditarsi con i capi del Klan, fino al punto di piazzare il C4 sotto la macchina di Patrice… provocando peraltro un esito  che non svelo.

Molto intense e belle, le scene in cui gli studenti sono raccolti  in religioso silenzio  per ascoltare il discorso   di rivendicazione del potere al popolo nero di Kwame Ture, attivista di punta del Movimento di Rivendicazione dei Diritti Civili,

e  quello del vecchio attivista che racconta la storia del giovanissimo  nero torturato fino alla morte  dal clan. Quest’ultimo racconto procede parallelamente  alla cerimonia di investitura del Ron Bianco e alla preparazione dell’attentato. Il sovrapporsi  di questi due momenti narrativi crea un effetto  cinematografico di crescente tensione ed efficacia.

BlacKkKlansman

Notevoli e inaspettate sono le scene finali che ci riportano ai nostri giorni e rappresentano  quasi un monito a riflettere su ciò che sta accadendo in America  sui diritti umani civili di tutti: bianchi, neri, gialli, arancioni, marroncini,  poveri, ricchi. Eventi  sui quali i nostri mezzi di informazione mettono il silenziatore.

Ieri ho iniziato la mia nuova stagione cinematografica con BLACKkKLANSMAN di Spike Lee, basato su Black Klansman (2014) di Ron Stallworth. Una promessa mantenuta: a Stefanino che me lo ha caldamente consigliato e a me stessa per tornare allo  sguardo caustico di  Spike Lee sulle relazioni tra bianchi e neri in America, e non solo.

Ricco di  azione, rabbia, sorrisi, ironia caustica, musica e narrazione  intelligente BLACKkKLANSMAN è un film sicuramente da vedere.

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