La signorina Jovis, Lisetta, L’odore del caffè, La torta nuziale, Poi si vedrà, Le evidenze, Il salotto, In punto di morte, Cirino e Marilda non si può fare, sono i nove racconti di Moscerine che confermano le notevoli qualità dell’autrice, Anna Marchesini, grande donna di teatro e persona di profonda umanità e grande cultura.
Sono tutti racconti brevi, rigorosamente character-oriented, ovvero imperniati sul personaggio principale e dunque sull’esplorazione della sua personalità in interazione con l’ambiente circostante e con le persone di contorno. Da questa interazione filtrano comunque elementi culturali e ambientali che dicono molto della realtà italiana.
Ogni storia mostra di essere stata scritta sulla base del one pre-established design alla Edgar Allan Poe. Ogni storia ha una apprezzabile Unity of Effects (One main character, one incident, one theme, one surprising effect)
Lo stile si basa su un linguaggio drammatico, teatrale, ricco di immagini, debordante, quasi una cascata
di fiori a volte dolciastri, altre più acidi e amari, che rischiano in qualche caso di soffocare il lettore.
Vita, morte, persone e animali si lasciano felicemente esplorare da Anna. Una vena di tristezza serpeggia tra le storie, fortunatamente accompagnate da un leggero senso del grottesco e da qualche sprazzo di apertura verso il futuro e la libertà.
In sintesi i racconti sono nell’insieme un bel pezzo di teatro sociale, alla Marchesini!
Uno sguardo ravvicinato ai nove racconti
La signorina Jovis. Suspense, cadute rovinose, un vestitino “linfri-lanfri” nuovo che si macchia di fango! Orrore e senso del tragicomico dominano: tacchi troppo alti sull’acciottolato in discesa ripida, risate soffocate e feroci degli “astanti”, ma soprattutto del vigliacco maestro Peres, che pure scrive lettere d’amore da Dio. La signorina Jovis, impiegata postale emigrata al nord (“la nostalgia è la sua vera casa”) è la protagonista perfetta di questo gran bel pezzo di teatro.
Lisetta. la vita e la sua forza sconfiggono la morte, la privano della sua carica di lutto, tristezza e paralisi. La vita è Lisetta, la somara da accudire, che la moglie di Nevio lascia in eredità a Santo, triste reduce di guerra che sente di essere morto dentro, finché non comincia a ri-frequentare l’amico Nevio, sua moglie Lisa e la loro cucina accogliente. Da loro impara che vivere è anche prendersi cura di qualcuno.
L’odore del caffè. Stranezze dell’emigrazione. Gli Svizzeri emigrano al Sud e portano in Italia l’odore penetrante e “addictive” del caffè che si diffonde come un incantatore tra le strette vie di Orvieto, ogni Mercoledì, giornata indimenticabile di tostatura. Nazareno il calzolaio ama profondamente il suo lavoro e il suo paese e non ha alcuna intenzione di lasciarli, suo genero invece decide di emigrare al Nord in cerca di lavoro.
Ah, quella magica polvere marrone che entra dappertutto a sollevarti lo spirito! Torna la bottega del caffè dove la gente entra, sceglie la miscela giusta che la macchina magica comincia a macinare: trrrrrrr. Zac. Finito.
La torta Nuziale. Ovvero “la lungimiranza delle mosche!”
In un ritmo incalzante la storia racconta delle vite parallele di alcune mosche e di una spettacolare torta nuziale bianca che più bianca non si può. la personificazione degli oggetti e degli animali prende vita tra colori simbolici come il bianco assoluto della torta e degli abiti degli sposi e il nero, altrettanto assoluto, delle mosche contaminanti che hanno un unico chiodo fisso: la perpetuazione della specie, ovvero come popolare il mondo di milioni e milioni di “moscerine”. Vite parallele che tuttavia si incontrano felicemente nel corpo dei due sposi e dei sudati invitati.
Poi si vedrà. Grande storia d’amore, di sensazioni inspiegabili, di illuminazioni e di scelte coraggiose. Protagoniste due sorelle nell’anima: Nelda e Flora.
Flora dai capelli rossi, la vera protagonista, che è stata adottata dopo una breve, tristissima vita di solitudine e di sofferenza, è la sorella tanto amata e ammirata da Nelda. Sono inseparabili, quasi fuse l’una con l’altra. Sembra una fiaba nordica, dove la più sfortunata, la più deprivata trova poi la sua realizzazione e diventa il faro vitale della fortunatissima e viziatissima Nelda. Cosa succederà in chiesa, il giorno delle nozze di Nelda, dopo che il prete avrà pronunciato il fatidico “vuoi tu… finchè morte non vi separi?”
Le evidenze. È la storia della stimatissima professoressa di Matematica Maria Luce Colli, unica rampolla di una famiglia benestante e ottusa, che scappa dalla Basilicata per approdare a Venezia, dopo una fuga drammatica e inevitabile. Ancora una volta la visione di Venezia, delle sue acque e dei suoi palazzi, che ne fanno una perla brillante, da spessore e fantasia al viaggio di Maria Luce.
Che vita da eroina russa quella della professoressa! Sembra quasi la protagonista di uno dei racconti di Dostoevskij, che vaga tormentata da un conflitto interiore devastante, tra le strade piovose e solitarie di San Pietroburgo! Che scelta (potenza dell’essere madre) e che nuova carambola quando, in preda alla Gioia dopo la tempesta (arriva con la Pastorale di Beethoven) rientra nel paesino dell’entroterra Veneziano e torna a fare la morigerata professoressa dalla bellezza sempre evidente e intoccabile! “Colli Maria Luce Santa e Santa subito!” Ma quel seno, Maria Luce Colli, quel seno! E qui riaffiora l’ironia di Anna Marchesini che ci fa scendere con leggerezza dalle vette della tragedia!
Il salotto. La storia è pura farsa. Con un leit motiv ricorrente
“Sono molto cattive le zanzare quest’anno?”
Un’altra donna è la grande protagonista: Madame Isidori, ricca e ancora piacente signora appassionata di vita mondana e di dettagli. Le sue feste hanno qualcosa dei Balli di Jane Austen. I suoi invitati, a volte grotteschi, richiamano alcuni personaggi di Orgoglio e Pregiudizio o di Ragione e Sentimento. Si va dalla madre grassa e pettoruta che cerca di “piazzare” le sue figlie zitelle attempate e scialbe, al colonnello sfatto, alle vecchie cariatidi sbracate sul divano semiassenti, al buffet sul quale tutti si gettano avidamente come fossero profughi di guerra che non vedono cibo da mesi! Figura che svetta per la sua meschinità è il vedovo Sorgi, che cerca inutilmente di conquistare Madame con una corte serratissima fatta di sorrisi, allusioni, lievi toccamenti e gioielli che, invariabilmente, si riporta a casa dopo il rifiuto cortese di Madame. Ma forse non è escluso che in futuro…
Madame Isidori cura il dettaglio, non può farne a meno. Fiori bellissimi in casa e nel giardino, specchi che creano atmosfera e nuove illusioni di spazio. Il pianoforte, la banda dei musicisti che lei vive e vede come grandi orchestrali. Che manie di grandezza!
In punto di morte. L’onorevole professore Casimiro Mei sta morendo. Il suo corpo lo sta abbandonando lentamente, ma la sua mente è lucida. Fino alla fine ripercorre la sua vita, constatando una sola verità: non si è mai concesso molto agli altri, mai abbandonato veramente all’amore. Non ha lasciato affetti dietro di sé. Nessuno che lo cerchi, che lo ricordi. Ma questa forse è solo la sua percezione. Basta infatti che suo nipote si chini con gentilezza su di lui per dirgli qualcosa e che gli sfiori la mano, per farlo tornare a vivere. Sente la vita riaccendersi grazie a quel gesto affettuoso che lo aiuterà a traghettare serenamente verso la morte. Questo racconto si legge con una certa tristezza, ma la conclusione aiuta a riprendersi.
Cirino e Marilda non si può fare. (L’Enigma 12 sarebbe perfetto come titolo alternativo). Il professore Cirino Pascarella fa lunghe e regolari passeggiate sul lungomare, con il giornale prestato dalla signora Olimpia sotto il braccio. Vive nell’ angusta e triste stanza 12 all’ultimissimo piano di un palazzone-pensione sul mare e tenta regolarmente di sfuggire alle grinfie della tenutaria e della sua insignificante figlia Marilda, irrecuperabilele zitella. Dai vetri della sua finestra, in una sera di particolare tristezza e riflessione sulla sua esistenza, si ritrova al buio, a fissare il suo sguardo sulla vita, la vita degli altri, la vita di quel bel giovanotto nella finestra di fronte, arraffata con sfrontatezza. Giorno dopo giorno Cirino non vive che per quel momento. Un’ossessione. Finchè un giorno, la luce della finestra di fronte rimane spenta.
” si rese conto, ma tutto insieme che quel fantasticare aveva assunto nel suo spirito una realtà massiccia ponderosa infrangibile[…]una sorta di prigionia di velluto, un incubo assurdo e minuzioso …un’insostenibile atroce afa della vita. “
ll professor Cirino Pascarella ha imparato la lezione e …
Questo libro è stato proprio un bel regalo di Natale, da un’amica cara. Grazie!
Un pensiero riguardo “A. Marchesini-MOSCERINE e tanta vita!”
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