Il giudice cicciottello, pieno di figli e amante del cibo Alverniate è il personaggio che più mi colpisce per la sua corporeità “normale”.
La normalità è la qualità più evidente nei romanzi di Simenon, la normalità del male, del cibo, della quotidianità, delle persone che affollano la vita del commissario.
La normalità brutale della Storia, che coinvolge il tagliatore di diamanti Jef Claes/Viktor Krulak, nell’ avventuroso incontro con la bambina, “in un giorno da Apocalisse” del 1940, sotto il bombardamento feroce della stazione di Douai, dove tantissimi profughi francesi e belgi sono in transito verso Sud.
Ebreo di origine lettone, ma nato ad Anversa, Jef avrà un ruolo fondamentale nella storia in cui anche Nina, la bambina dell’incontro fatale, si troverà coinvolta.
Manuel, vecchio malavitoso invalido, ormai a riposo (forse), vive a Montmartre, in un bell’appartamento con la bella e giovane Aline, che si rivolge a lui chiamandolo “papi”, con dolcezza. Alina rappresenta il suo corpo, il movimento e la possibilità di uscire ad incontrare il mondo.
Un bel giorno, Manuel viene trovato morto, ucciso nella sua carrozzella. Maigret conosceva Manuel già prima che fosse ucciso e, in un certo senso, lo rispettava. Lo considerava infatti un malavitoso vecchio stampo con un codice preciso di comportamento.
Maigret vuole indagare per arrivare alla verità. Sente di doverlo a Manuel e, come al solito, passo dopo passo, con pazienza e con i suoi metodi, il commissario con la pipa arriva a svelare il mistero.
Dietro l’omicidio di Manuel c’è di tutto: diamanti, investimenti in mattone, prostituzione, buon cibo, fiumi di birra e vini raffinati. Ci sono i soliti poliziotti, fidati collaboratori del commissario e donne protagoniste controverse.
Lettura piacevole come sempre, nonostante la solita struttura, la solita magistrale caratterizzazione, la solita sfolgorante Parigi e la solita normalità di Maigret.
E tuttavia, c’è bisogno di questa normalità, ogni tanto.
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