
La scrittura di Bollani è il ritmo stesso del suo autore, la sua fisicità, le sue trasgressioni, il suo essere con convinzione reader/listener oriented. Scrive, parla e suona per essere ascoltato e fa dell’ascolto una professione di fede. Non è un caso che si faccia accompagnare, anche fuori dal palcoscenico, dal “santino” del musicista Osvaldo Pugliese (cap 23), “protettore laico dei musicisti”. Sul retro dell’ immagine, appare una scritta significativa:
“San Pugliese, proteggici da tutti quelli che non ascoltano”.
E la voglia di ascoltare la musica che Stefano propone, con occhi e cuore aperti al mondo, è ciò che rimane di questo vibrante, jazzy book.
Amo il jazz e quando riesco a partecipare a qualche evento mi diverto molto ad osservare l’interazione tra i musicisti. Spesso mi sembra di cogliere vere e proprie conversazioni tra loro, a suon di strumenti, mossette ed espressioni facciali, movimenti a scatto di gambe e braccia.
Qualche anno fa i miei amici Thea e Ben mi invitarono ad un concerto di Andy Sheppard a Darlington, nella contea di Durham (North England). Non mi sono mai divertita tanto! I due sassofonisti ingaggiarono un vero e proprio duello, brioso e combattuto fino all’ultima nota e all’ultimo ghigno!
Nel concerto di Steve Coleman a Zurigo (1988) Bollani ha contato sulle dita delle sue mani, divertendosi, le battute per capire “che tipo di ritmo stessero utilizzando”, allo stesso modo io mi sono divertita a contare e trasferire in una lista tutti i musicisti e gli scrittori che Stefano mi ha fatto incontrare nel suo “viaggio di formazione”. Around 180? Circa cinquanta a me sconosciuti.
Ma da ora li considero tesori preziosi da svelare e…ascoltare.
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