Eral’11 Novembre 2020 e scrivevo questo post. La “base sicura” è sempre la stessa. Come il resto.

Ogni volta che chiedo alle mie figlie di chiudere  la nostra  videochiamata (quasi a prolungare fino all’ultimo secondo  l’incanto di un loro sguardo  o di un bacio inviato tramite lo schermo) e l’immagine si eclissa  inesorabilmente, mi fermo un attimo a pensare:

“Stanno bene, portano avanti  la loro vita, tra piccoli grandi affanni quotidiani, tra inevitabili stop&go. Insomma gestiscono l’ordinarietà. Mi sta bene, mi rassicura.”

Questa mattina  ascoltando NEGAZIONISMO IN RETE all’interno del programma   Tutta la città ne parla” (RAI-RADIO3)  mi  ha colpito il  concetto di “Base Sicura”, me lo sono sentito subito  cucito addosso.  Da nove  mesi vivo nella mia “base sicura”,  il mio punto d’appoggio per reggere gli urti dell’effetto Covid.

“La BASE SICURA è la possibilità e la capacità di un individuo di avere intorno a sé persone fidate con cui instaurare legami di attaccamento reciproci e solidi.   John Bowlby.”

Qual è la mia base sicura? la famiglia, la rete  di relazioni affettive e  amicali che ti fanno stare bene, che tu fai stare bene. In questi lunghi  mesi  vissuti come in una bolla d’aria, ne ho preso coscienza più chiaramente. Dunque, anche se a distanza (parola chiave di questo calvario), la base sicura è lì, pronta ad accogliermi, a consolarmi,  a tenere la paura lontano e a infondermi speranza. In sintesi,  a farmi  vivere dentro  uno scenario  che contempla anche  il momento  dell’abbraccio fisico e  dei baci.  È  solo questione di tempo.