Io a L’Aquila ho cominciato a vivere la mia seconda vita. Avevo 19 anni quando ho iniziato l’Università, lasciandomi alle spalle una vita da adolescente-sullo-sfondo, per diventare una giovane donna protagonista delle mie scelte. L’Aquila, gli Aquilani e i compagni di Università provenienti da altre città mi hanno sostenuto in questo nuovo percorso di vita.

Bella mia di Donatella Di Pietrantonio mi ha riportato ancora una volta tra le pietre, le chiese, gli ambienti universitari, le case degli amici e di mia sorella, che oggi o non ci sono più o sono così profondamente ferite da richiedere una lunga ed estenuante cura, non solo materiale. Ed è proprio di un percorso di cura che parla questo libro. Un percorso lungo, sofferto che non si sa quando vedrà la fine, nonostante la città e la sua gente stiano recuperando la loro fisionomia, molto lentamente, ma con tenacia.

I protagonisti

Caterina e Olivia sono due gemelle separate definitivamente dalla furia incontrollabile del terremoto del 9 Aprile 2009. Muore Olivia, mamma di Marco e gemella dominante. Caterina, la sopravvissuta ha enormi difficoltà a elaborare il lutto, sia come cittadina di una città martoriata, sia come sorella gemella che ha perso di fatto la metà di sé.

L’azione si svolge principalmente nelle piccole stanze di un’ abitazione del progetto C.A.S.E., decisamente innovativo per le sue piastre anti-terremoto, ma fragile per la fretta e l’approssimazione con cui è stato realizzato. È significativa e amara la scena di Caterina che versa nel lavandino lo champagne che il Caimano ha fatto trovare in frigo ai nuovi abitanti.

Caterina, sua madre e Marco si adattano con grande difficoltà alla nuova situazione. Sono tutti molto fragili (fragile è una delle parole più ripetute nel libro), sempre in bilico tra il crollo e la resistenza, proprio come la vecchia casa di Marco, dove tuttavia, sprezzante del pericolo, l’inquieto adolescente si reca spesso a trascorrere qualche ora, per respirare l’aria di una casa ormai deserta.

Suo padre Roberto, il grande musicista, vive a Roma con la sua nuova giovane compagna. A distanza, l’educazione del figlio è complicatissima. Eppure, gradualmente, Marco si riavvicinerà a lui, fino a seguirlo nei suoi concerti d’estate, girando le pagine del suo spartito.

Caterina è un’artista, crea ceramiche d’arte ed è molto legata anche alla tradizione, non a caso cita l’antica arte di Castelli. La ceramica può essere fragile, ma è duttile e plasmabile, e tra le mani dell’artista si lascia andare dentro le forme che lui-lei le da. Significativo è il processo di creazione delle due fanciulle urlanti, di dolore prima, di liberazione poi. Sono loro? Olivia e Caterina?

La vita reclama il suo tributo e dunque anche Caterina comincia a riaprirsi al mondo dei sentimenti. Il fascinoso professore che le ha concesso l’uso del laboratorio le mostra attenzione e lei risponde. Forse è l’amore che bussa di nuovo alla sua porta.

Anche la mamma-nonna comincia pian piano uscire dal guscio rigido del dolore paralizzante, attraverso Lorenza, la vicina di piastra a cui il terremoto ha strappato la figlia dalle braccia. Sembrava non avere più lacrime, quando arriva la notizia sconvolgente. È incinta. E allora la nonna di Marco decide che farà da nonna anche al nascituro, meglio se maschio. Lorenza e Antonio, suo amorevole marito, sono soli e dunque il suo aiuto sarà importante, anche se non abitano più nelle C.A.S.E. ma in un vero appartamento per famiglie.

Il titolo Bella mia è chiaramente L’Aquila, ed è una bellissima citazione  dalla commovente canzone tradizionale L’Aquila bella mè te vojio revetè. Nel romanzo  il verso diventa una sorta di mantra  consolatorio  sulle labbra della  “disfatta” donna della piastra accanto…

Tutti gli Aquilani, e non solo loro, vogliono rivedere la loro L’Aquila, quella meravigliosa del pre-terremoto 2009. Io porto nel cuore tutti i luoghi che Di Pietrantonio descrive come suoi luoghi del cuore, quando studentessa di medicina li frequentava e li viveva gioiosamente con i suoi amici. Proprio come facevo io in quella sorprendente “seconda vita” che tanto ha inciso sulla mia formazione ed esperienza.

Un pensiero riguardo “D. Di Pietrantonio-BELLA MIA. A L’Aquila con Caterina, Marco e nonna per riprendersi la vita dopo il grande sisma.

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