Come mi accade spesso, la domenica mattina seguo i ritmi calmi della festa. In attesa del programma di RAI3 “L’isola deserta”, ascolto l’ultima parte di Uomini e Profeti . Riconosco la voce che si diffonde nella stanza. è lui, Umberto Galimberti che risponde alle lettere di una donna-portavoce-di- tutte-le-donne.
Si parla di educazione sentimentale, di rapporti genitori figli, di mancanze e di presenze, di necessità psicologiche e materiali. Dei massimi sistemi ricondotti alla quotidianità. Una riflessione in particolare, cattura la mia attenzione e mi riporta ad una esperienza personale simile a quella discussa.
Un figlio dice ai genitori: “Non voglio fare la Prima Comunione“.
Come reagire ad una simile richiesta di “libera scelta” ? Rifiutarla? condizionarla? accettarla? Dubbi Amletici di molti genitori. Galimberti risponde con un riferimento personale: suo figlio gli ha fatto la stessa richiesta, quasi naturale in una famiglia dove il Cattolicesimo non è di casa. E tuttavia (ma lui sa come fare!) suggerisce al figlio di fermarsi un attimo e di riflettere su quanto l’avvicinarsi alle ritualità del Cattolicesimo e, in un orizzonte più largo del Cristianesimo, possa servirgli nella vita, visto che vive in un milieu Cristiano.
Conoscere il Catechismo può servirgli per esempio a capire la grande arte Italiana, dove i capolavori più esaltanti parlano di eventi religiosi come l’Annunciazione. E vengono in mente Beato Angelico, Botticelli, Piero della Francesca, solo per citare un paio di inarrivabili. La conoscenza diventa la chiave che apre le porte dell’esperienza e dell’appartenenza.

Beato Angelico-Annunciazione
Galimberti passa poi ad un altro atteggiamento dei bambini nei confronti della Prima Comunione, questa volta contrario al precedente:
“voglio fare la Prima Comunione perché anch’io voglio una gande festa e tanti regali come i miei amici.”
Io mi sono trovata di fronte a questa opzione. Mia figlia storce il naso quando le dico che una grande festa potrà farla comunque al suo compleanno, non c’è bisogno di fare la Prima Comunione. E continuo con astrazioni di ogni tipo. In qualche modo chiudiamo la conversazione, ma lei sembra poco convinta. Dopo qualche tempo, forse anni, mi confessa che in un pomeriggio domenicale all’oratorio, dove andava saltuariamente per stare insieme ad alcune compagne di scuola, decide di prendere l’ostia per sentire che sapore ha e che cosa accade nel suo corpo dopo. Decide così di fare la “sua” Prima Comunione, di soddisfare il suo legittimo desiderio di conoscenza, di avvicinarsi ad un gesto che la metta in comunione con i suoi amici.
Non era solo il desiderio di una grande festa, ma il bisogno di scambiarsi sensazioni, opinioni, chiacchiere su questo evento. Non lo avevo capito, allora. Oggi forse mi comporterei alla Galimberti, consapevole come sono che la conoscenza è la chiave di tutto, ma sbaglierei lo stesso, perché ancora una volta tralascerei quel fattore umano, sentimentale, che spinge i bambini e i ragazzi ad empatizzare con i propri coetanei.
E poi, aggiunge Umberto, non possono esistere modelli come dogma, ogni individuo vive la propria esperienza a modo suo, sebbene con dei riferimenti di supporto. Ma questa è la risposta ad un’altra domanda…
Grazie a RAI3 per questo inaspettato e felice incontro domenicale.
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