William Blake è un poeta molto amato. Anche dagli studenti liceali che ne sentivano la forza vibrante di energia e profezia quando lo leggevamo insieme, o lo ascoltavamo nelle parole e nelle note di cantanti e attori. Blake è molto amato anche dai suoi “colleghi”, intellettuali di ogni tempo, non sfuggono dunque Ceronetti e Ungaretti.

Cara Incertezza…
Titolo perfetto, suggestivo e bellissimo per questa raccolta di articoli che spaziano tra dubbi esistenziali dell’uomo moderno e antico, ritratti impressionanti di personaggi più o meno noti, analisi letterarie e sociologiche originali e spesso contro corrente, in un viaggio temporale tra gli anni 80-90,
“in prossimità dei tristi Duemila”.
La Tigre ruggisce tra le pareti scolastiche. Il suo fascino si esalta per contrasto: bene-male, luce-tenebra, gioia-dolore, cielo-inferno, acqua-fuoco, innocenza-esperienza”. E anche il ritmo è doppio: cantato-parlato.
“il passaggio improvviso dal ritmo trocaico a quello giambico e dalla rima baciata a quella non rima che è di fatto la eye rhyme, è di fatto un passaggio dal cantato al parlato, dalla musica alla prosa.
Intendiamoci, non c’è veramente né musica né prosa nel testo di Blake. Quello che c’è è un andamento poetico che ora si fa maggiormente musicale e ora si fa maggiormente prosastico; in altre parole, la poesia evoca nel suo flusso ora la presenza della musica ora quella della prosa.”Daniele Barbieri
Il prodotto dei contrasti? Musica pura… in cui ci tuffiamo con Patti Smith che canta e recita The Tyger.
Nell’articolo Blake e la Tigre,Ceronetti apre una finestra sul nascente mondo industriale Britannico, sui moti rivoluzionari di quel tempo ruggente, inclusa la tempesta Romantica che travolge gli intellettuali dell’epoca. Dalle forme e dai movimenti dello splendido animale, traspare un’ anima cupa, infernale e ruggente, in un’atmosfera rumorosa e meccanica, che i Bards esaltano con i loro strumenti.
Dopo la musica delle parole cantate, arriva qualche assaggio delle incertezze di Ceronetti.
Come nasce la poesia “Molte cose, infinitamente più che non s’immagini, concorrono a generare una grande poesia. Il verso, nel suo formarsi (a volte quasi geologico), assorbe tutto quello che ha intorno. Anche l’aria più infetta e più sporca, il fumo delle città, lo nutrono, ma se il poetante non è un vaso alchemico non ne nasce dell’oro. Se da un lato crescono tra il ferro e l’acciaio industria e schiavitù e dall’altro irrompe rivoluzione, il visionario autentico che passi di là ne sarà pedalato e vedrà le tigri in movimento. Tutto era in procinto di patire violenza su violenza, e non ci sarebbe stata risposta.”
Tigrificazione“La guerra, dice Machado, entigrece, tigrifica l’uomo: ma non c’è bisogno di guerra perché si riveli tigre chi è stato plasmato, divina immagine, come tigre.”
La belva meccanica, locomotiva notturna“Tutto l’immaginario figurato di The Tyger ha il respiro della creazione nuova, industriale, che si fa con nere, inesorabili materie di sottosuolo. Se fosse vissuto una decina d’anni di più, Blake avrebbe visto la locomotiva mettere il muso tra le case proprio nel centro di Londra, e la locomotiva è, per tutto il XIX, per antonomasia la belva meccanica…La Tigre è una locomotiva in the forests of the night, che potrebbe non avere nessuna Guida: questa è la nostra più grande paura.”
Tigre infernale “La Tigre è metallica, plasmata in una ferriera, colata di fusione rovente che si raffredda tra le mani di un Dio che non teme di ustionarsi né di sorridere, contemplandola, alla sua mostruosa creatura (Did he smile his work to see?). Il dottor Moreau di Wells sorride anche lui alle strane creature che escono dalle sue mani infernali; e anche Fermi avrà sorriso alla sua tigre in fasce…”
Lo stesso ruggito romba in Ungaretti (traduttore di Blake) e nel meraviglioso dipinto di Ligabue

La tigre
Tigre! Tigre! Divampante fulgore
Nelle foreste della notte,
Quale fu l’immortale mano o l’occhio
Ch’ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?In quali abissi o in quali cieli
Accese il fuoco dei tuoi occhi?
Sopra quali ali osa slanciarsi?
E quale mano afferra il fuoco?Quali spalle, quale arte
Poté torcerti i tendini del cuore?
E quando il tuo cuore ebbe il primo palpito,
Quale tremenda mano? Quale tremendo piede?Quale mazza e quale catena?
Il tuo cervello fu in quale fornace?
E quale incudine?
Quale morsa robusta osò serrarne i terrori funesti?Mentre gli astri perdevano le lance tirandole alla terra
e il paradiso empivano di pianti?
Fu nel sorriso che ebbe osservando compiuto il suo lavoro,
Chi l’Agnello creò, creò anche te?Tigre! Tigre! Divampante fulgore
Nelle foreste della notte,
Quale mano, quale immortale spia
Osa formare la tua agghiacciante simmetria?(traduzione di Giuseppe Ungaretti)
Consonanza di spirito
“…L’adesione, la consonanza di spirito, la tendenza a “riconoscersi” da parte di Ungaretti nell’opera blakiana ha infatti motivazioni profonde, e non esclusivamente relative alla ricerca di nuove soluzioni metrico-stilistiche — le quali, peraltro, si costituiscono già quale fattore di sensibile rilevanza —, come afferma il poeta nel Discorsetto del traduttore3 posto in apertura del volume del 1965. Si tratta, infatti, di un’adesione che investe la concezione della poesia come “vita d’un uomo” (dell’Uomo), come slancio ideale ed utopico verso “l’assoluto” gnoseologico, verso l’ineffabile e misterioso universo ontologico.
Per questo Ungaretti si “riconosce” in Blake: perché vi rintraccia, stratificati al fondo del suo mondo poetico, tutta una serie di motivi, di elementi che già informano, in parte, la propria ricerca poetica. Ed il contatto con l’opera di Blake è folgorante: Ungaretti vi ritrova quel miracolo della parola che aveva già sondato in Mallarmé, ma vi ritrova inoltre il mistero, il fluire d’echi d’ante vitam, la ricerca dell’Idea pura platonica che si dispiega nella Visione del poeta-vate, del poeta profeta e rabdomante.” Massimo Fabrizi.
Si ferma qui il breve movimento di un ingranaggio molto complesso, dove William Blake e la sua Tygerguidano le danze e ci invitano ad entrare nel loro mondo magico, per esplorarlo, approfondirlo ed espanderlo.
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