“La materia, lo strumento
mi impongono la tecnica, un mezzo
per dar vita a una cosa
Joan Mirò”
Mi piace andare per mostre, in compagnia preferibilmente, ma anche da sola.
In una calda giornata di Maggio post-lungo-weekend-di-festa, mi aggiro per le sale di Palazzo Zabarella a Padova, dove è in mostra Joan Mirò. Materialità e Metamorfosi. Mi aspetto tanto colore e poche forme classiche.
Mi investono invece tanti materiali diversi, tra di loro sovrapposti, intrecciati, incollati, bruciati. Sorprendente!
Sala dopo sala, mi accompagna il silenzio: rispettoso quello dei pochi visitatori, vigile e cortese quello dei custodi sull’attenti.
Guardo, leggo e mi lascio sorprendere e ammaliare dal mondo delle ossessioni di Mirò:
“Le icone più citate nelle sue opere sono astri, soli, lune, esseri umani dai grandi occhi sbarrati, figure che ricordano animali, fra cui gatti e uccelli, elementi di origine sessuale, un alfabetario apparentemente indecifrabile. Nel suo lavoro scompare completamente la simmetria, sia nella pittura che nella scultura; nel ginepraio di simboli appare una ricerca del vuoto.” Treccani
Mi ha colpito un dipinto su tutti Il canto degli uccelli in Autunno, per il movimento che le piccole ali-uccelli neri imprimono al disegno, per l’abbinamento tra i due colori che mi riportano al rapporto cielo-terra, per l’effetto globale di armonia.

Metamorfosi 1936 e Senza Titolo 1950 mi hanno proiettato nel mondo della creatività infantile e innocente. Mi hanno divertito le Sobreteixim-Sack 1973. Mi ha fatto sognare Personaggio e stelle nella notte 1965

Verso l’uscita
Nella saletta video, incontro Mirò che gioca con il fuoco, le vernici, le impronte delle scarpe del suo collaboratore sulla tela. Insomma incontro Joan a contatto con la sua ispirazione.
E concludo questa giornata calda di Maggio con un grande sorriso di soddisfazione.
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