Ancora un bel regalo dal Vecchio Scaffale delle mie figlie. Piccolo, sorprendente intermezzo poetico con Stefano Benni. Con lui torno alle atmosfere infuocate degli anni 80. Non capisco molto di poesia, ma sono convinta che non vada capita, ma sentita attraverso l’esperienza emotiva e di vita che ciascuno di noi si costruisce, attimo dopo attimo.
Le poesie di Benni mi hanno spiazzato. Non lo conosco molto se non per il famoso Bar sotto il mare, che le mie figlie mi hanno fatto leggere anni fa e di cui non ricordo niente e poi per La Compagnia dei Celestini, di cui tanto ho sentito parlare, ma che non ho mai pensato minimamente di leggere. Oggi mi imbatto in queste piccole perle satiriche e strane.
Ho voglia di riportarne alcune, che intercalo con un breve commento. (Ma si leggono tutte con estremo piacere e velocemente. E per una volta, la velocità si fa apprezzare).
da Blues Urbani (p.37)
Flipper, perché è musicale, perché già la parola mi fa suonare in testa il drindrindrin che mi riporta al caffè Settebello di Avezzano nel 1969, dove facevamo le nostre assemblee studentesche, preparando striscioni e disquisendo di lotta, giustizia e diritti.
Era d’inverno e con gioia ci tirava su una bella tazza di cioccolata calda con panna. Facevamo anche un po’ le smorfiose con i ragazzi che ci piacevano. Circolava passione ed energia.
La donna spaziale strizza l’occhio
a cavallo di una cometa viola
e un cowboy ridente doma un missile
stelle e pianeti si accendono
premendo solo con un dito
si illumina come Manhattan
questo bar di periferia
Michele ha una giacca di cuoio lucido
e il segno di un pugno sulla bocca
Oscar il tatuaggio di un cucchiaio
Gianni voleva essere Bruce lee
Lidia voleva essere Patti Smith
Consuelo vorrebbe essere già morta
Toni beve fernet e birra la mattina
e lavora dieci ore steso sotto i camion
sotto un cielo di olio e di ferro
spesso parliamo e ci eccitiamo
spesso restiamo senza parlare
o ci facciamo male con un sorriso
finti pugni veri pugni spintoni
allora io mi alzo e prendo il flipper
e vinco dieci, cento milioni
e qualcuno entra e guarda
e io tengo la sigaretta in bocca
bello impassibile come un capo indiano
e un giorno scuoterò questo mondo
e lo farò suonare e accendere
e impazzire e contarmi i milioni
e sarà tutto mio, non ci sarà
mai più la scritta il game è over
e la donna spaziale verrà giù
a baciarmi e far la smorfiosa
e salirò sul missile e partirò
da queste strade sempre vuote
dove camminiamo come cani
annusando qualche sogno non nostro.
Da Poesie per chi non se le merita(p.59)
All’anguria, perché i suoi succhi carnosi e rossi mi suscitano epifanie meravigliose, di un’infanzia magica e di estati bollenti in un paese di periferia…
Che vita rossa di sagra popolare!
Quando l’Agosto spegne
politica e disciplina
quando anche con Bisaglia
andresti in piscina
un rosso desidero
eppur resiste
saldi nel solleone
i compagni ti baciano
con devota passione
tu, rossa passionaria
o anguria
bandiera proletaria
Da Governo balneare (p.75)
Gli sposi, perché è una piccola freccia avvelenata al sapor di torta nuziale con la panna acida…
Regimino e Velina
travolti da passione
fecero una bambina
di nome Informazione
che però appena nata
era così censurata
che per dire papà
chiedeva già il permesso
alla Proprietà.
Da Giamaica (p.117)
Le cuffie, perché è così “profetico” quando mostra le cuffie come una protesi irrinunciabile (ancora walkman con cassette), che mi fa sorridere amaramente, specie negli ultimi versi che voglio condividere (troppo lungo per riportarlo tutto!):
…scusa se ti minaccio
ma la pistola è vera
so quello che faccio
o la cuffia o la vita
ecco: la mia cassetta, quella preferita
l’ultima di Jannacci
camminando e ballando
anch’io come tutti
me ne vado in cuffia
non parlo più a nessuno
ballo, passo e saluto
adesso che ho il sonoro
son diventato muto.
da Fotografie (p.102)
A Roberto Roversi, perché voglio chiudere con un “ostinato sussurro” poetico per le librerie, i librai e i libri…
C’è un buco nel portico
della città di Bologna
come l’inferno inghiotte
i giovani poeti
un diavolo benigno
li travia. Escono
trasfigurati, gridando
i loro versi al sole
se fuori c’è la nebbia
da quella libreria
si vede alla finestra
(per qual diavoleria)
il cielo azzurro
i libri parlano
anche se sono chiusi
beato chi sa ascoltarne
l’ostinato sussurro.
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