Ci sono nella vita eventi e cose inevitabili. Incontri con il destino a cui non puoi sottrarti, specialmente se hai superato i 60. Con il suo Dizionario delle Cose Perdute, Francesco Guccini si rende complice di un incontro fatale che ci fa rivivere i riti, i giochi, gli oggetti, i luoghi e le relazioni che hanno abitato la nostra infanzia e adolescenza.
Lo sguardo è chiaramente maschile, anche se devo confessare che con le bambine del mio “club” facevamo alcuni dei giochi da maschiaccio che Francesco racconta: una specie di nascondino detto Bomba, con un barattolo di pomodoro vuoto, messo al centro di una piazzetta e calciato con vigore da uno dei giocatori. Quello designato a raccoglierlo e a cercare chi si nascondeva, correva affannosamente nella speranza di rimetterlo subito a posto ed iniziare la ricerca dei giocatori.
Anche noi giocavamo a Guardie e ladri, a Uno e zompa la luna o Zompa cavallo (nelle varie regioni il nome subiva delle variazioni, ma di fatto, lo stesso gioco univa Nord, Sud, Est e Ovest.
Costruivamo il Carrettino con i cuscinetti a sfera, pericolosissimo, collezionavamo con gioia e civetteria le biglie colorate, stando attente ai loro colori e riflessi.
Giocate interminabili di Pulce e Shangai, dove anche noi cercavamo di “barare” inutilmente, attribuendo ai tavoli sbilenchi gli scivolamenti dei bastoncini.
Mi sembra di sentire gli occhi che bruciano per l’alcol, sento gli odori e rivedo il bel rosso cremisi dell’alchermes, sì, i liquori fatti in casa per le feste importanti. Anche per le festine tra ragazzi, ma il liquore era solo per gli adulti che, discretamente, sorvegliavano gli adolescenti in preda alla lotta ormonale tipica dell’età.
La conservazione dei cibi era un problema relativo, specialmente nelle zone fredde. ma, all’occorrenza, c’era la ghiacciaia e l’uomo del ghiaccio, il panetto di burro oblungo a mollo nell’ acqua, che in Abruzzo non era mai calda. Piccola epifania:
“Una bella zuppa di latte con il pane “rifatto” di qualche giorno. Con il pane di patate marsicano si può fare, diventa più buono, giorno dopo giorno! Il latte è denso, ricco e saporito.
Concettina ce lo portava ogni mattina “dalle Cese”. Scendeva giù in pianura dal paesino sul monte Salviano, con i suoi doni preziosi: il bidone di alluminio in testa dal quale proveniva il fresco sciac sciac del latte e il secchiello, anch’esso di alluminio, in cui galleggiava uno sghimbescio panetto di burro, protagonista della nostre merende a base di pane, burro e zucchero… Che meraviglia! Il caffellatte con il pane era un rito familiare, il suo gusto oggi, si arricchisce della magia dei ricordi d’infanzia. Dal mio post sul weblog Briciolanellatte, il gusto antico della modernità“
La cucina era il luogo privilegiato per lo studio, le chiacchiere, gli incontri, il cibo in cottura sulla piastra arroventata della cucina economica, l’odore delle bucce di mandarino sfrigolanti.
La cucina forniva tutto quello che serviva, anche il prete nel letto per riscaldarlo, il mattone avvolto nella lana per scaldarsi, la paura di prendersi i geloni quando, rientrando pieni di neve e freddo, ci si appoggiava subito alla stufa calda.
Il pacchetto verde delle Nazionali me lo ricordo bene e Guccini bene ha fatto ad usarlo come copertina. Così evocativo e accattivante. Quasi mi spinge a prenderlo in mano, come se sentissi di nuovo papà che mi chiede:
“Ornella, mi vai a comprare cinque nazionali senza filtro? Certo papà”
Cento metri su, per Via Mazzini, compro le sigarette dal tabaccaio di quartiere Franceschino, che comunque si trova pericolosamente vicino ai binari della ferrovia e al confine con un altro quartiere misterioso: il “Concentramento”.
Coincidenze piacevoli: Il racconto della naia (ricordo molto maschile…) ci porta a Caltabellotta dove siamo stati da poco con Camilleri, inseguendo l’ombra inquietante di Guglielmo Raimondo Moncada
Ora prendetevi una piacevole pausa musicale a bordo della Topolino Amaranto di Paolo Conte. Anche Guccini le dedica un gustoso siparietto nel suo Dizionario.
La “banana” che Francesco ricorda, mi fa venire in mente le parole della signora Pettinella, (e chi può dimenticare lei, Sor Emidio e il loro provvidenziale negozio di alimentari sotto casa!) appena sono nata: “che bella morona!” Mamma mi raccontava che si riferiva alla bananona di neri capelli lucidi che mi avevano fatto a poche ore dalla mia nascita in casa, con tanto di ostetrica di famiglia, come da tradizione.
Tutte e tre le sorelline Fortuna, di domenica pomeriggio, appena dopo pranzo si avviavano verso il cinema parrocchiale Don Orione dove tra fruscii, pellicola rotta, Western e bruscolini trascorrevano il pomeriggio e lasciavano finalmente mamma e papà da soli per un po’.
Quante cose abbiamo in comune, Francesco! Quante emozioni! Fanno parte di me, di come ero e di come sono diventata. Senza di esse non sarei come sono. Sarei tante cose in più o in meno o, semplicemente, diversa.
Il ritorno al passato con Guccini è un piacevole viaggio tra cose non perdute, ma inglobate nel ciclo del tempo che tutto trasforma. Ho voluto abbandonarmi, per lo spazio di un libro, all’operazione nostalgia del Dizionario.
Non sono sicura che i giovani lettori riescano a provare tutte le emozioni che il libro ha procurato a me, ma forse i più curiosi sorrideranno e si lasceranno avvolgere per un attimo da questo piccolo, grande mondo antico.
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