Il grado zero della lettura
Il libro è un regalo che mi arriva dalla rete, come premio per la mia partecipazione a un gioco letterario organizzato qualche tempo fa da un’ amica di blog .
Si tratta di una lecture tenuta all’Università di Stanford nel 2007 da Ian McEwan, uno dei miei scrittori preferiti.
Comincio a leggere e immediatamente mi rivedo a Boston. Era il 1983 ed io ero negli USA come borsista Fulbright.
Diverse processioni di persone in preghiera, che trasportavano delle grandi croci, mi colpirono profondamente. Piccoli gruppi di fedeli dallo sguardo ispirato percorrevano le strade della città e i viali del Boston Common.
Mi chiesi in che pianeta fossi atterrata e come mai la laica America fosse attraversata da tali fenomeni. Succedeva a Boston, cuore pulsante del New England e città di tradizioni e convinzioni radicate, ma anche di larghe vedute culturali.
Non conoscevo molto del mondo della religiosità americana se non attraverso letture, forse superficiali e film, forse folcloristici. Ritrovarmi nel bel mezzo di queste manifestazioni mi creò un certo disagio, ma stimolò anche la mia curiosità.
E qui vengo a McEwan.
Blues della fine del mondo è una piacevole lettura sul senso della relazione tra Uomo-Universo-Religiosità-Dio/Dei.
McEwan argomenta sulle visioni apocalittiche che, dalla notte dei tempi, condizionano le vite dei singoli e della collettività,
L’abilità narrativa dell’oratore/narratore trae linfa da maestosi riferimenti letterari, culturali e religiosi. Chiede infatti aiuto alla poesia di Larkin, allo sguardo attento e critico di Susan Sontag sulla fotografia e, a livello universale, ai Testi Sacri e a Sant’Agostino.
Trovo molto efficace il riferimento alla Curiosità come principio guida del destino dell’umanità, sempre temuto dai religiosi e fortemente invocato invece dai laici di tutti i tempi. Siate curiosi! Perchè
“a salvarci non verrà nessuno. Dovremo pensarci da soli.”
e inoltre, cedere alla curiosità intellettuale non significa “cadere in tentazione”, a dispetto del grande Sant’Agostino:
“C’è un’altra specie di tentazione, ancora più irta di pericoli. È il vizio della curiosità. Per causa sua siamo indotti a provare e scoprire i segreti della natura che trascendono la nostra comprensione, che non giovano a nulla e che l’uomo non dovrebbe desiderare di conoscere.” Confessioni
Cosa c’è dunque di più “religioso” se non la curiosità e dunque la ricerca continua di soluzioni sempre più avanzate e utili per la sopravvivenza dell’uomo, fino al compimento del suo destino? Evviva il vizio…
“L’umanità si è sempre lasciata incantare dai racconti che annunciavano la sua totale distruzione: gli ultimi giorni, il tempo della fine, l’estinzione della vita sul pianeta. Oggi, la fantasia di una fine violenta e collettiva risorge nei movimenti apocalittici: pacifici o bellicosi, musulmani o cristiani ma tutti capaci di influenzare la politica contemporanea.
Assistiamo all’imponente risorgere del pensiero apocalittico, perché la scienza e la cultura della ragione non sono ancora riuscite a trovare una mitologia che possa competere con il fascino della fine. Ma se la credenza apocalittica è una funzione della fede, quell’intima convinzione che non richiede alcuna conferma, allora l’antidoto non è tanto la ragione quanto l’impulso umano alla curiosità. Perché il mandato della nostra maturità è agire con saggezza, scegliendo tra salvezza e autodistruzione.
Da un maestro della letteratura contemporanea, una riflessione provocatoria e sorprendente sui modi di guardare alla nostra esistenza collettiva.” Ed.Einaudi
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