L’ultima pagina di questo libro si chiude con l’invito a “non star fermi”. Per Nesi, infatti, scrivere questo libro sul suo passato, rappresenta una tappa importante nella narrazione della sua esperienza e una spinta per proseguire la sua ricerca.
E’ notte fonda ed io chiudo il libro. “Ci dormo su” dico a me stessa. Il giorno dopo, di mattina, riposata e “vigile” torno a Prato, con Edoardo. Che dire? Ho letto il suo diario? un “instant book?” un’autobiografia? un saggio sociologico sull’economia delle piccole imprese, ex-artigianali, fu-pilastro della produzione di qualità italiana?
Il romanzo è tutto questo, con in più quel tocco ammaliante di cultura generazionale, anche mia, pur avendo qualche anno in più di dell’autore! Mi affascinano i suoi richiami alla grande letteratura americana, al suo sguardo privilegiato su Fitzgerald. Mi affascinano le sue estati di lettura “dedicata” (Dostoevsky; La Bibbia; Salinger; Lowry Sotto il vulcano). Scopro Pynchon (ma l’avevo incontratocon Franzen in Freedom) e Joan Didion e mi sento solidale con Edoardo quando sottolinea, orgoglioso, di aver letto in Inglese le loro opere. Per lui, come per me, questo ha un significato speciale, intimo e condiviso, proprio come un codice di cui capiamo bene la chiave. E sento il suo legame profondo con la musica, ormai classica, di Dylan, Young, Baez, Taylor; con il cinema di Orson Welles e la storia travagliata del suo “L’Orgoglio degli Amberson” e con il magnifico Paul Newman del film galeotto “Il Verdetto”,
La musica, anche questa intergenerazionale, anima la Versilia di Nesi, da Paoli a Gerry Calà e agli “sguaiati” anni ‘80. I suoi ricordi evocano i miei e appaiono improvvisamente davanti ai miei occhi persone a cui sono legata. Salgono al cuore e alla mente quando cita i soldati Italiani prigionieri alle Hawaii. Penso a Lillo, compagno bizzarro degli ultimi sprazzi di vita amorosa di Clara, in una casa di riposo/hotel sul mare e ai suoi personalissimi racconti sulla prigionia in India. Lì impara l’Inglese, legge poesie, legge la Bibbia e aspetta di rientrare in Italia…
Nesi ci offre il suo sguardo nostalgico, incazzato e un pò colpevole alla T.O. Nesi e figli S.p.A. di Prato. Sul cuore mostra il tatuaggio del titolo del suo primo libro su Gesù “Per sempre” per richiamare così alla mente verità per lui incancellabili:
“Per sempre sta a significare che a quarantaquattro anni mi sono finalmente reso conto che il costo della vita sono i ricordi; che ogni legame con la mia giovinezza è ormai affidato solo alla memoria, mostro implacabile e impossibile da zittire; che esistono cose e persone e avvenimenti e amori e dolori e felicità laceranti che non riuscirò mai più a dimenticare e che staranno con me, appunto, per sempre; che la lavagna della mia vita, insomma, non si può cancellare, e ogni cosa nuova che mi venisse in mente di scriverci sopra dovrà trovare posto nei pochi spazi ancora vuoti”.
Tempismo favoloso delle parole scritte nella lettera a Giavazzi (economista in grande ascesa…tecnico-politica).
Senti nella pelle, oltre che nelle orecchie, l’effetto travolgente di tutto quello che non ha funzionato nell’economia di questo ultimo ventennio…
Inizia il capitolo Cina/Italia/Mondo, da “bere”, anche assaporando l’amaro che lascia in bocca. Lo stesso amaro dell’incubo Fabio… Pungente da far male, anche la parentesi, con Devoto-Oli al seguito, dedicata alle “nicchie di specializzazione” e alle illuminate proposte degli economisti globalizzatori.
Paul Newman, avvocato alcolizzato, protagonista del film “Il Verdetto” comincia la sua arringa, faticosamente, con la frase che Nesi trova “formidabile” tanto da farla diventare il suo mantra personale: ”nella vita perlopiù ci sentiamo smarriti”, smarriti come i pratesi che provano nel 2009, timidamente e forse pateticamente, a manifestare. Contro chi? Per cosa? Con quali prospettive di successo? A tutti questi dubbi tipici di un atteggiamento “perdente” fanno da colonna le canzoni più tristi di De Andrè…(ma De Andrè non era triste per niente, semmai incazzatissimo!)
Di un’attualità sofferente è la lettera al Rettore della Bocconi, oggi Presidente del Consiglio dei Tecnici… A questa segue l’elenco impressionante e commovente di quella che Nesi considera la “sua gente”. Non solo i Pratesi, ma le tante imprese geniali sparse sul territorio italiano, da Como alla Sicilia, tutte troppo “grandi”(qualitativamente) e nello stesso tempo, troppo piccole per lottare e talora sopravvivere alla globalizzazione. Partecipa alla manifestazione con la sua gente e regge lo striscione lungo, lungo
“tutti insieme sorridenti, decisi, schierati insieme contro la sorte cattiva e ad ogni passo, mi sembra di star meglio[…]Non so bene dove stiamo andando, ma dicerto non siamo fermi.”
Leggere questo libro fa bene. Aiuta a dare umanità alle analisi economiche e sociali, spesso troppo fredde e inconcludenti, di questi ultimi tempi.
Per chiudere, a proposito di calore, scelgo una colonna sonora tra quelle citate da Nesi nel libro, che emoziona tanto sua figlia, i suoi amici e anche me: Horse with no name by America (1973, first UK broadcasting)
A Horse With No Name
Written by Dewey Bunnell, ©1971
On the first part of the journey
I was looking at all the life
There were plants and birds and rocks and things
There was sand and hills and rings
The first thing I met was a fly with a buzz
And the sky with no clouds
The heat was hot and the ground was dry
But the air was full of soundI’ve been through the desert on a horse with no name
It felt good to be out of the rain
In the desert you can remember your name
‘Cause there ain’t no one for to give you no pain
La, la …After two days in the desert sun
My skin began to turn red
After three days in the desert fun
I was looking at a river bed
And the story it told of a river that flowed
Made me sad to think it was deadYou see I’ve been through the desert on a horse with no name
It felt good to be out of the rain
In the desert you can remember your name
‘Cause there ain’t no one for to give you no pain
La, la …After nine days I let the horse run free
‘Cause the desert had turned to sea
There were plants and birds and rocks and things
there was sand and hills and rings
The ocean is a desert with it’s life underground
And a perfect disguise above
Under the cities lies a heart made of ground
But the humans will give no loveYou see I’ve been through the desert on a horse with no name
It felt good to be out of the rain
In the desert you can remember your name
‘Cause there ain’t no one for to give you no pain
La, la …
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