“Cile 1832: Eliza viene abbandonata ancora neonata sulla soglia di casa dei fratelli inglesi Jeremy, John e Rose Sommers [Tom Jones al femminile, evento comune a molte storie, ottimo presupposto per una storia ben riuscita!], che si sono trasferiti a Valparaiso. L’eccentrica Rose insiste perchè la piccola cilena venga adottata ed entri a far parte della famiglia. Eliza vive tra due mondi: le viene impartita un’ educazione rigidamente anglosassone, nella speranza di un futuro sereno coronato da un buon matrimonio e al contempo le vengono fatte conoscere della cuoca di casa, Mama Freisa, la vitalità, la magia e la carnalità del suo popolo. Si innamora perdutamente di un giovane idealista che lavora per Jeremy, Joaquim Andieta, il quale, però…”quarta di copertina
Uno sguardo alla Storia, uno alle tante piccole storie dei personaggi. Molto “romanzo ben strutturato”, molta abilità nel tessere la tela narrativa. Riaffiorano inevitabili prestiti da La Casa degli Spiriti. Torna con tutta la sua potenza, l’idea del viaggio al femminile, per mare e per terre da esplorare, alla ricerca dell’ amore perduto così come i cercatori si affannano dietro all’oro californiano. Frase guida quella di Tao Chi’en a Eliza:
“Non c’è niente di inutile. Nella vita non si arriva da nessuna parte, Eliza, si cammina e basta”(p.330)
Ma è un bel camminare, anche per il lettore, ricco di vita, di esperienze, di illuminazioni e dolori, di gioie piccole e grandi, fino alla frase conclusiva che abbraccia tutto in un sospiro profondo aperto al futuro:
“ Adesso sono libera…”
La lettura è stata gradevole, a tratti coinvolgente, ma più spesso un resoconto, quasi un diario di viaggio che crea una specie di frattura tra l’emozione narrativa e la cronaca.
Un pensiero riguardo “I. Allende-LA FIGLIA DELLA FORTUNA alla ricerca dell’amore perduto”
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