M.L. Daniele e M. Toffanin -“LA GRANDE STORIA IN MINUTE LETTERE” in una bella recensione di Giovanni Lugaresi

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Nel nostro tempo, per molti versi travagliato, di Amore, non se ne vede tanto in giro. Di Amore – diciamo. Perché di “amori”, invece ce n’è tanti, forse troppi. Di tutti i… generi, per così dire, mentre di spazio per l’Amore ce n’è ben poco. Almeno, a sensazione, vedendo, leggendo, ascoltando qua e là.

Eppure… Eppure, a volte ci si imbatte in pagine che all’Amore sono un inno: amore che è dedizione, capace di sacrificio, di attese, che vuole il bene dell’altro.

Ecco, è il caso nostro, un epistolario che si legge come un romanzo: romanzo d’amore (appunto), romanzo di guerra e di prigionia, con sullo sfondo vicende che da familiari si inseriscono in un quadro più generale di tragedia, ma anche di speranza. È quello che vede protagonisti Gino Daniele e Natalia (Lia) Schiavon, giovani padovani che devono all’àmbito familiare, per così dire, se la loro storia è diventata libro, appunto.

 Sono Maria Luisa Daniele (nota poetessa e animatrice culturale) e il marito Massimo Toffanin gli autori di “La grande storia in minute lettere” (Valentina Editrice; pagine 223; Euro 14,00), sottotitolo, “L’amore di una famiglia nel buio della guerra: la vicenda di Gino, Internato Militare Italiano, narrata attraverso la corrispondenza con la moglie Lia”, con una partecipe e acuta introduzione di Francesco Jori.

Sarebbe una storia familiare di ordinaria quotidianità, e per quel che riguarda Gino, di ordinaria (se così la si può chiamare) prigionia, se non fosse per alcuni particolari. Intanto, il materiale al quale gli autori hanno attinto: 597 lettere dai due protagonisti scambiate dal 1935 al 1945; la nascita dell’amore, le nozze, la chiamata alle armi, la guerra, l’internamento nei lager nazisti per lui; le ansie dell’attesa, le preoccupazioni, le paure, di lei, nel frattempo diventata madre di Marisa.

Il tutto testimoniato da una corrispondenza, appunto, eloquentissima: lettere scritte fra l’altro in una prosa sciolta nella sua semplicità, immediatezza, colloquialità che coinvolgono il lettore. Ma eloquentissima anche per i contenuti: l’espressione di sentimenti di un amore puro e pudico, profondo, vissuto, testimoniato, e di una fede religiosa mai venuta meno, anche nei momenti più tristi, più bui, quando continuare a sperare poteva sembrare utopistico.

Da questa ampia e articolata corrispondenza, gli autori hanno saputo cogliere i testi più significativi e hanno saputo compiere una sapiente opera di cucitura, di incastro, per così dire, inserendo le “minute lettere” di due persone “normali” nella più ampia storia di una terribile guerra, con quel seguito di prigionia che vide Gino allineato con altri seicentomila militari italiani a dire NO ai tedeschi, e quindi alla Rsi, per mantenere fede alla propria coscienza.

In questo contesto, il libro si inserisce anche in quella ampia e varia letteratura di guerra e di prigionia che ha avuto non pochi autori (un nome per tutti: Giovannino Guareschi, ma anche Arturo Coppola, Roberto Rebora, Paride Piasenti, Gianrico Tedeschi), e vittime-testimoni pure fra militari padovani, o a Padova allora residenti, quali il professor Giovanni Contarello, l’industriale Giancarlo de’ Stefani, il filosofo Enzo Paci… 

La lettura di questo libro appare infine emblematica perché testimonianza di sentimenti e valori che per tanta parte della società d’oggi possono apparire desueti: la fedeltà a un ideale, l’amore vero, che è negazione di qualsiasi egoismo individuale per cercare il bene dell’altro, come detto più sopra, la condivisione della buona e della cattiva sorte, i legami familiari e sociali di una piccola realtà di uomini e donne che sanno vivere e condividere. All’insegna di una parola che non si legge nel libro, ma lo percorre in tutte le sue pagine: purezza. Purezza di sentimenti in due persone dal profondo sentire e dal retto agire. Gino e Lia: una coppia certamente bella… esteticamente – ma bella anche “dentro”. E certamente cristiana, profondamente, convintamente cristiana. E non sono personaggi di e da romanzo, ma persone vere, autentiche, esistite nel tempo e nello spazio. Per cui a chi scrive verrebbe infine da osservare quanto sarebbe opportuna la lettura di queste pagine per giovani e per studenti. Li immergerebbe in un mondo diverso da quello nel quale sono oggi immersi. E forse li indurrebbe ad una riflessione, a rivedere magari loro stessi, le loro vite, le loro convinzioni.