P. Roth-IL COMPLOTTO CONTRO L’AMERICA. Vita, paure e desideri di una famiglia ”ebraico-americana” di Newark-New Jersey, in anni pericolosi.

 

roth complotto contro l'America.

IL COMPLOTTO CONTRO L’AMERICA di Philip Roth è un’ucronia, ovvero la versione alternativa, di solito indesiderabile, di un fatto reale, una sorta di post-verità trumpiana.  Nel caso specifico si racconta l’elezione a presidente degli USA-1940  di  Charles Lindbergh, il  mitico aviatore che nel 1927 vola in solitaria e in un’unica tappa da  New York a Parigi, alla guida dello “Spirit of St Louis”. La vittoria  di Lindbergh provoca un terremoto nello scacchiere internazionale, spostando lentamente e inesorabilmente gli Stati Uniti d’America verso la  Germania nazista.

Il piccolo Phil Roth, appassionato  collezionista di francobolli, racconta in prima persona( che meraviglia narrativa il suo  sguardo sul mondo!) l’ascesa politica dell’aviatore e lo fa dal suo punto di vista di bambino ebreo in una Newark in trasformazione lenta ma inesorabile verso il peggio. Si ritrova spettatore del dilagare della ideologia filonazista e vittima delle ricadute di  questa trasformazione  sulla sua vita di bambino, sulle sue amicizie, sulla sua famiglia e sulla comunità tutta. Lentamente  e senza scossoni  si può scivolare nella dittatura, partendo da una condizione di  normalità e  quotidianità “ serena”:

“Per il momento le nostre vite erano intatte, le nostre case erano in piedi e il comfort dei riti abituali era quasi abbastanza forte per non farmi perdere la pacifica illusione infantile di un presente eterno e immune da persecuzioni. C’era la radio che trasmetteva i nostri programmi preferiti, noi avevamo per cena sandwich gocciolanti di carne di manzo salata e una bella torta di caffè per dessert, avevamo davanti a noi la ripresa del tran tran della settimana scolastica e un doppio programma alle spalle.”

Phil, come milioni di cittadini statunitensi, inclusi molti membri della sua famiglia e della comunità ebraica, è affascinato dalla figura del coraggioso aviatore-eroe-mito, che diventa ancor più mitico e intoccabile dopo il rapimento e l’uccisione del figlioletto. Per questo gesto infame viene condannato a morte un noto criminale tedesco Bruno Hauptman, emigrato pochi anni prima  negli USA.

Lindbergh diventa il simbolo dell’America che resiste, della forza d’animo  di un figlio prestigioso del  grande paese che si rialza dopo ogni caduta, un modello  da prendere ad esempio senza riserve. Lindbergh cavalca politicamente questo clima e diventa il padre di America First.

“lo sguardo dal tovagliolo di carta che stava strappando in tante striscioline e, con quel sorriso nudo e ironico che viene quando uno ha pianto tutte le sue lacrime, disse a mio padre: – Be’, piaccia o non piaccia, Lindbergh ci sta insegnando cosa significa essere ebrei –.”

Ma qualcuno resiste a questa diabolica fascinazione sopportandone pesantemente le conseguenze, tra questi papà Roth, il cugino Alvin-senza gamba, il giornalista folle e tanti altri. Molti altri si adattano  alla perfezione al nuovo sistema, assumendo il ruolo  di mediatori e  diffusori della nuova “fede”, come la zia Evelyn e il rabbino Bengelsdorf suo marito, che riescono facilmente a indottrinare il giovanissimo Sandy, fratello di Phil e bravo disegnatore.   

Il viaggio  di ritorno dal Kentucky per riportare a casa il piccolo e traumatizzato Earl, ormai orfano di padre e di madre entrambi morti in circostanze violente,  è il ritratto di un’America profonda, spesso violenta, intollerante e chiusa alle diversità. Sandy e suo padre sono  i diversi, gli ebrei a cui dare la caccia.

“Sandy, che una volta a casa disegnò a memoria il capolavoro della sua adolescenza – la storia illustrata della loro grande calata nel duro mondo americano –, ammise di avere quasi sempre avuto paura: paura quando attraversavano città dove gli uomini del Ku Klux Klan dovevano essere in attesa di ogni ebreo tanto incosciente da passare in automobile, ma una paura non meno grande quando si erano lasciati alle spalle le città più pericolose, i tabelloni sbiaditi e le piccole stazioni di servizio e le ultime baracche dove viveva la gente più sbrindellata e povera – sgangherate baracche di legno meticolosamente disegnate da Sandy, sorrette ai quattro angoli da mucchi di pietre traballanti, con feritoie al posto delle finestre e un rozzo camino sgretolato a un’estremità, e sul tetto macchiato dall’umidità qualche sasso sparso per tenere ferme le scandole – ed erano entrati in quelle che mio padre chiamava «le regioni selvagge». Paura, disse Sandy, quando sfrecciavano davanti alle vacche e ai cavalli e alle stalle e ai granai senza che si vedesse un altro veicolo, paura quando in montagna affrontavano i tornanti senza muriccioli e senza parapetti, e paura quando l’asfalto cedeva il passo alla ghiaia e la foresta si chiudeva su di loro come se fossero Lewis e Clark.”

Roth racconta  dunque una possibile evoluzione alternativa di fatti realmente accaduti. “Cosa sarebbe successo se…?”  E ci accompagna in una sorta di  viaggio distopico negli USA alle porte della seconda guerra mondiale. Alla fine del viaggio, la fantasia, l’acume e la consapevolezza del grande  scrittore  ci riservano qualche sorpresa.

Partendo dalla realtà del quartiere, Phil Roth entra nella post-realtà Lindberghiana contraria all’intervento dell’America nella seconda guerra mondiale e torna alla fine, alla realtà vittoriosa degli USA sui nazisti, mettendo in campo molti personaggi, sia  in  veste romanzesca che in veste di autentici protagonisti della storia del periodo.

Quello che noterete vi lascerà stupiti e contenti  di aver fatto questo tuffo  nel “complottismo americano”, accompagnati  da un fine narratore che ha voluto inserire  nel suo romanzo qualcosa di molto, molto importante anche  per la storia di oggi.

 

 

Assaggi

 

Donne multitasking, il lavoro femminile-“Gli uomini lavoravano cinquanta, sessanta, anche settanta ore o più la settimana; le donne lavoravano tutto il tempo, con scarsi aiuti da parte delle macchine che avrebbero dovuto alleviare le loro fatiche, facendo il bucato, stirando camicie, rammendando calzini, rivoltando colletti, attaccando bottoni, mettendo l’antitarme nella roba di lana, lucidando i mobili, spazzando e lavando pavimenti, lavando finestre, pulendo lavandini, vasche, gabinetti e fornelli, passando l’aspirapolvere sui tappeti, assistendo i malati, andando a fare la spesa, cucinando, dando da mangiare ai familiari, riordinando armadi e cassetti, controllando il lavoro di imbianchini e altri artigiani, organizzando le cose per i riti delle feste, pagando le bollette e tenendo l’amministrazione familiare mentre si occupavano, simultaneamente, della salute, del vestiario, della pulizia, dell’istruzione, della nutrizione, della condotta, dei compleanni, della disciplina e del morale dei loro figli. Qualche donna lavorava al fianco del marito nel negozio a gestione familiare nelle strade commerciali del quartiere, aiutata dopo la scuola e il sabato dai figli più grandi, che consegnavano”

America First, viene da qui “Per molti seguaci di America First era indiscutibile (anche davanti alla realtà dei fatti), come sosteneva Lindbergh, che «il danno maggiore che fanno a questo paese sta nelle grandi proprietà che hanno e nell’influenza che [gli ebrei] esercitano nel cinema, nella stampa, nella radio e nel governo». Quando scriveva fieramente del «retaggio del nostro sangue europeo», quando metteva in guardia contro il suo «indebolimento prodotto da razze forestiere» e «l’infiltrazione di un sangue inferiore» (tutte frasi contenute nelle note del suo diario di quegli anni), Lindbergh registrava convinzioni personali condivise da una grossa fetta della base di America First, come pure da una platea di fanatici ancora più vasta di quanto un ebreo come mio padre, col suo odio accanito per l’antisemitismo – o come mia madre, con la sua radicata sfiducia nei gentili –, avrebbe mai potuto immaginare che esistesse in America.”

Giochi di strada, anch’io ci giocavo-“Sul marciapiede nei lunghi mesi di vacanza facevamo un gioco nuovo che si chiamava «Dichiaro guerra», con un pezzo di gesso e una palla di gomma da due soldi. Col gesso tracciavi un cerchio del diametro di un paio di metri, lo dividevi in tanti spicchi quanti erano i giocatori e in ogni spicchio scrivevi il nome di uno dei vari paesi stranieri di cui si era parlato durante l’anno. Successivamente, ogni giocatore sceglieva il «suo» paese e si piazzava ai margini del cerchio, a cavallo della riga, con un piede dentro e uno fuori, in modo da poter correre dentro in fretta e furia quando fosse venuto il momento. Intanto il giocatore designato, tenendo la palla in mano sopra la testa, annunciava lentamente, con una cadenza minacciosa: «Io… dichiaro… guerra… a…» C’era una pausa piena di suspense, e poi il ragazzo che dichiarava guerra sbatteva la palla per terra, gridando al tempo stesso «Germania!» o «Giappone!» o «Olanda!» o «Italia!» o «Belgio!» o «Inghilterra!» o «Cina!» – qualche volta gridando persino «America!» – e tutti scappavano via tranne quello contro il quale era stato sferrato l’attacco a sorpresa. Il suo compito era afferrare la palla al rimbalzo più in fretta che poteva e gridare «Stop!» Tutti allora, alleati contro di lui, dovevano fermarsi, e il paese passava al contrattacco, cercando di eliminare un paese aggressore alla volta colpendolo con la palla più forte che poteva, partendo da quelli che erano più vicini a lui e avanzando di qualche passo a ogni centro. Non facevamo che giocare a questo gioco. “

Caduto dal letto-“non prendevo più sonno senza pensare ai disegni di Lindbergh nascosti nella cartella di mio fratello. Continuavo a desiderare di chiedere a Sandy se non poteva nasconderli in cantina anziché sotto il letto accanto al mio, ma poiché avevo giurato di non parlare dei disegni con nessuno – e poiché non riuscivo io stesso a separarmi dal mio francobollo di Lindbergh – non osavo sollevare la questione, anche se quei disegni stavano veramente diventando un’ossessione e rendevano inavvicinabile un fratello della cui rassicurazione non avevo mai avuto più bisogno.”

Incubo notturno  e francobolli-“Nel sogno stavo andando da Earl con l’album dei francobolli incollato al petto quando qualcuno urlava il mio nome e cominciava a darmi la caccia. Mi gettavo in un vialetto e mi infilavo in uno dei garage a nascondermi e a controllare l’album per vedere se qualche francobollo si era staccato dalle linguelle quando, mentre fuggivo davanti al mio inseguitore, inciampavo e lasciavo cadere l’album proprio nel punto del marciapiede dove giocavamo regolarmente a «Dichiaro guerra». Quando aprivo l’album al Bicentenario di Washington del 1932 – dodici francobolli il cui valore andava dal mezzo cent marrone scuro al dieci cent giallo – rimanevo sbalordito. Sui francobolli Washington non c’era più. Immutata in cima a ogni francobollo –”

La vendetta della gamba-“Una sera, qualche giorno prima del previsto ritorno di Alvin, lucidai il suo paio di scarpe marrone e il suo paio di scarpe nere, ignorando il più possibile l’incertezza che mi spingeva a domandarmi se fosse ancora necessario lucidarle tutt’e quattro. Far brillare quelle scarpe, pulire i suoi vestiti buoni, sistemare nei cassetti del comò la roba appena lavata, tutto questo era solo una preghiera, una preghiera improvvisata rivolta agli dèi del focolare per implorarli di proteggere le nostre cinque umili stanze e tutto ciò che contenevano dalla furia vendicativa della gamba che non c’era più.”

Cantina da incubo-“Col suo fregio sbavato di muffa che correva lungo i muri imbiancati e screpolati – macchie dell’arcobaleno escrementizio in ogni sfumatura e chiazze lasciate da infiltrazioni che sembravano venire da un cadavere –, la cantina era un regno demoniaco separato dal resto del mondo che si stendeva sotto la casa intera e non traeva neanche un po’ di luce dalla mezza dozzina di sottili finestrelle orizzontali appannate dalla sporcizia che davano sul cemento dei vialetti e sulle erbacce del cortile anteriore.”

Stige“La cantina era un posto privo non soltanto di una finestra soleggiata ma di ogni umana sicurezza, e quando, arrivato al liceo, cominciai a studiare la mitologia greca e romana, e lessi nei libri di testo dell’Ade, di Cerbero e del fiume Stige, a tornarmi in mente fu sempre il ricordo della nostra cantina. Una lampadina da 30 watt penzolava sopra la vasca in cui avevo vomitato, un’altra vicino alle caldaie a carbone – fiammeggianti, voluminose e allineate come il Plutone in tre persone dell’oltretomba – e un’altra, quasi sempre bruciata, era appesa a un filo elettrico dentro ciascuna delle nicchie.”

Comincia la paura vera, Cucuzza il guardiano vigila “Intanto l’uomo più grosso che io avessi mai visto gironzolava con una pistola nell’appartamento buio, passando furtivamente da una finestra all’altra per controllare con l’occhiuta accuratezza del guardiano notturno sperimentato che nessuno fosse in agguato nelle vicinanze con un’ascia, un fucile, una corda o una latta di kerosene.”

Il complotto- “Il sindaco La Guardia dice: «È vero, c’è un complotto, e io faccio volentieri il nome delle forze che lo animano: isterismo, ignoranza, rancore, stupidità, odio e paura. Che spettacolo ripugnante sta dando il nostro paese! Dappertutto falsità, crudeltà e follia, e tra le quinte la forza bruta in attesa di darci il colpo di grazia.”

La First Lady rimette le cose a posto “Il complotto dei nostri nemici è fallito, la libertà e la giustizia sono ripristinate, e coloro che hanno violato la costituzione degli Stati Uniti saranno giudicati dalla magistratura, in stretto accordo con le leggi del paese».”

Poliziotti a cavallo, fascinazioni-“Da addestrare come poliziotti a cavallo reclutavano gli agenti più agili e atletici, e un bambino poteva rimanere ipnotizzato solo a vederne uno che mentre maestosamente e pigramente veniva giù per la strada si fermava a dare una multa per divieto di sosta e poi si chinava dalla sella per mettere il foglietto sotto il tergicristallo del veicolo, un gesto, se mai ce ne fu uno, di splendida degnazione verso l’era delle macchine. Ai famosi Four Corners della città c’erano delle postazioni di poliziotti a cavallo ciascuna delle quali era rivolta verso un differente punto cardinale, e il sabato moltissimi bambini venivano accompagnati dai genitori a vedere i cavalli in servizio e a fargli una carezza sul naso senza naso e a dargli da mangiare zollette di zucchero e a imparare che ogni poliziotto a cavallo valeva quattro uomini a piedi e, naturalmente, a fare le solite domande che si fanno ai poliziotti a cavallo, tipo «Come si chiama?» e «È un cavallo vero?» e «Di cos’è fatto lo zoccolo?»” 

 

E si torna ai personaggi reali

«L’unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa. Franklin Delano Roosvelt 1933»

 

I veri Lindbergh-“OTTOBRE 1940. In primavera, alla Yale University Law School viene fondato l’America First Committee per contrastare la linea interventista di FDR e promuovere l’isolazionismo; in ottobre, a Yale, Lindbergh parla a tremila persone chiedendo che l’America riconosca «le nuove potenze europee». Anne Morrow Lindbergh pubblica il suo terzo libro, The Wave of the Future, un trattatello anti-interventista sottotitolato «Una confessione di fede» che suscita enormi polemiche e va subito ai primi posti nella classifica dei bestseller di nonfiction nonostante il ministro degli Interni Harold Ickes lo accusi di essere «la Bibbia di ogni nazista americano».” 

America First si scioglie, ma ci penserà Trump a ravvivarla-“dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor e la dichiarazione di guerra americana al Giappone, alla Germania e all’Italia. L’America First Committee cessa le attività e l’organizzazione si scioglie.”

La lettura fa male al magnate Ford-“la sua difesa della «Giornata da cinque dollari» gli procura molti elogi e una fama di industriale illuminato, se non di illuminato pensatore. «Non amo leggere libri, – spiega. – Mi scombussolano la mente». «La storia, – dichiara, – più o meno sono tutte fesserie».” 

Protocolli falsi o veri?-“1920. In maggio, il «Dearborn Independent» – un settimanale locale comprato da Ford nel 1918 – stampa il primo di novantuno minuziosi articoli destinati a smascherare «L’ebreo internazionale: il problema del mondo»; nei numeri seguenti pubblica a puntate il testo dei falsi Protocolli degli anziani di Sion, sostenendo che il documento – e la sua rivelazione di un piano ebraico per dominare il mondo – è autentico. Il secondo anno la circolazione del giornale sale a quasi 300 mila copie; gli abbonamenti vengono imposti ai concessionari della Ford come un prodotto della società e gli articoli fortemente antisemiti vengono raccolti in un’edizione in quattro volumi: The International Jew: The World’s Foremost Problem.” 

Richiami

 

Il romanzo  di Roth mi  riporta immediatamente  a Il buio oltre la siepe di Harper Lee, due ragazzini, una femmina e un maschio, ci mostrano attraverso il loro linguaggio “essenziale” il mondo degli adulti e  delle loro relazioni  personali, sociali e politiche, spesso  malate e incomprensibili  ai loro occhi innocenti. 

un libro bellissimo. La voce narrante è quella di una  stupenda ragazzina, Jean Louise Finch-Scout, 6 anni quando la storia inizia, che  mette a fuoco un intenso periodo di scoperta del mondo e di conferma dei suoi affetti familiari: Atticus suo padre-avvocato, Jem suo fratello e complice di 10 anni e Dill, 6 anni-primo-amore e amico estivo, la cui presenza è tanto agognata all’inizio di ogni estate.

La narrazione in prima persona ci permette di entrare nella testa e nelle emozioni di una bambina fantastica, che rappresenta anche l’ infanzia di un mondo dove regna la curiosità, la filosofia del bianco e nero, di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato, dei confini netti tra i comportamenti buoni e quelli cattivi…”continua qui