Maigret torna nei luoghi della sua infanzia, che lo vedono spettatore-quasi complice del riscatto morale e del recupero di dignità da parte del rampollo scapestrato di una delle figure dominanti del suo immaginario di bambino, il conte di Saint Fiacre.
Torna a Saint Fiacre nei giorni dedicati ai morti, con più di un compito da svolgere: intimo e personale quello che prevede la visita ai suoi morti; misterioso e intrigante quello che riguarda l’ affascinante contessa…
Torna al castello dove suo padre aveva lavorato come intendente e dove aveva vissuto con la sua famiglia, Jules compreso. Commovente il tocco nostalgico del tavolo con i leoni intagliati…
Ritrova, nella locanda di Saint Fiacre la proprietaria, Marie Tatin e il suo persistente strabismo; rivive, dentro e fuori, il freddo pungente che si accuccia dentro le ossa e sembra non volerle lasciare mai.
Non priva di ironia, la cena, alla Walter Scott o alla Agatha Chrisite, o alla Christopher Marlowe, dove il rintocco dell’orologio accompagna verso la mezzanotte e verso il disvelamento del mistero, con la inevitabile conclusione melodrammatica in stile Dr Faustus.
Bella la costruzione dei personaggi. I loro occhi e la direzione dei loro sguardi mostrano tutti i tormenti dell’anima e le debolezze dello spirito e del corpo.
Nel corso di una narrazione veloce e incalzante, vola su tutto e tutti l’esile corpo della contessa. Bella, altera e irraggiungibile nel ricordo di Maigret; piccola, tormentata e vilipesa, alla fine della sua vita terrena.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.