“Io scrivo solo quando sento forte l’urgenza di scrivere. Il lettore deve sentire questa urgenza, altrimenti non si appassiona.”C. Abate
È proprio così. La storia è ricca di succosi ingredienti e, alla fine del viaggio, la collina, il vento, la magica rondine bianca e tutti gli altri compagni, mi portano a riflettere su alcuni aspetti che mi hanno lasciato una forte impressione di bellezza e coinvolgimento:
Il colore rosso nelle sue più svariate sfumature, quasi pascoliano nei suoi effetti, sembra sprigionare, nella descrizione dell’ autore, profumi ammalianti e indimenticabili.
Il tappeto di fiori di sulla che ammanta la collina magica dell’infanzia degli Arcuri e, in fondo, dell’infanzia della Calabria e della società contadina; il rosso del sangue, che suggerisce fiumi liquidi vellutati e musicali di gioia nella nascita e di dolore nella morte violenta, espande fino a penetrare nella memoria per sempre; il rosso e gli altri colori, inclusi i penetranti occhi azzurri di William, nei quadri di Ninabella; il rosso del vino del Rossarco, che colora il gusto e aiuta a vivere; il rosso che infiamma i cuori d’amore e di passione per un essere umano e per le giuste cause.
Dal colore al movimento: il vento, che fa da leit motiv, da coreografo, da soffio vitale a tutta la narrazione, è veramente appassionante, travolgente e liberatorio. Muove corpi, cose e sentimenti, gestisce i ricordi, stimola le sensazioni, ispira lo scrittore.
La collina diventa protagonista, punto di appoggio, di riscatto, di consolazione, rifugio, luogo di dolore e sofferenza e di gioia e amore, luogo della cultura. La collina è la madre terra dove Michelangelo culla la sua solitudine. La collina brucia, soffia, frana, ma poi si ricompone introno ad un’anima che la respira, con la rondine albina …
La figura femminile è così straordinariamente contraddittoria rispetto all’immagine comune della donna calabrese del passato, ma anche, in alcuni casi, del presente. Tante donne, tutte forti e determinate, siano esse meridionali o settentrionali, colte o no, percorrono la vita di ArtuRino e si trovano al centro di vicende forti, pronte a difendere senza paura se stesse, la propria famiglia e i propri beni. Donne determinate anche a svolgere il loro ruolo sociale, senza cedere ai condizionamenti, alle minacce, alla violenza, alla tristezza causata dagli eventi intorno a loro.
Interessante è lo spaccato di Storia d’Italia, della sua lenta evoluzione verso la modernità, nel rispetto della tradizione classica, quella veramente antica, attraverso i flussi migratori interni alla nazione e fuori da essa, con gli Arbëresch, a Torino, Catanzaro, Londra, Amburgo, il Trentino; i guasti del potere; i prepotenti; il confino; le ritorsioni; le speculazioni e tanto altro ancora.
È un’ode ai luoghi dell’anima e della vita nel suo svolgersi inarrestabile.
La scuola, la cultura, l’educazione. Che focus magnifico e universale! Abate lo tratta da “insider” e dunque con una passione viscerale e un’ intelligenza emotivamente lucida ed efficace.
E cita alcuni suoi miti letterari: il poeta Novalis e l’ ispiratore Elias Canetti che dell’Educazione ha fatto un suo punto fisso di riferimento (La Lingua salvata-Storia di una giovinezza), proprio come hanno fatto i vecchi Arcuri: il maestro Michelangelo, la sua preparazione, la sua dignità e il rispetto che raccoglieva intorno a sé.
Gli archeologi in lotta perenne con le istituzioni cieche, i politici ignoranti, i pregiudizi persistenti. Anche l’archeologia, i miti, la storia sono diventati parte della grande famiglia Arcuri che ne ha umanizzato i contorni, avvicinandola ai ritmi e ai bisogni della vita quotidiana.
Il modo di narrare è coerente con la storia: L’uso del passato prossimo sottolinea l’intreccio continuo tra eventi e sensazioni passate e vita presente, in fieri, verso il futuro. All’inizio, il mio occhio di lettrice era alla ricerca ritmica dell’armonia di una narrazione al passato remoto o al presente ”storico” e quando l’orecchio ha percepito la dissonanza di questo tempo prossimo così insistente, ha provato una specie di disturbo ma, velocemente, è subentrato l’adattamento, anzi l’apprezzamento, per questa convincente scelta logico-sintattica.
Conclusione
Le riflessioni conclusive su La collina del vento prendono in prestito la voce dell’autore:
“La verità è che i luoghi esigono fedeltà assoluta come degli amanti gelosi: se li abbandoni, prima o poi si fanno vivi per ricattarti con la storia segreta che ti lega a loro; se li tradisci, la liberano al vento, sicuri che ti raggiungerà ovunque, anche in capo al mondo.”
Premessa alla recensione in La Fiera delle Parole si apre con Carmine Abate e il “rosso” vento calabro
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