9/10/12, pomeriggio caldo-umido di inizio autunno padovano. Con la mia amica Lucia, andiamo all’incontro di apertura de La Fiera delle Parole. L’Aula Magna del Bo, maestosa e solenne, ci accoglie nei suoi spazi aviti con le rituali parole di benvenuto e di “buon viaggio” del Rettore Zaccaria, del sindaco Zanonato e del dottor Furlan dalla Camera di Commercio. Tutti e ciascuno mettono in evidenza quanto bravi e sensibili siano stati nell’incoraggiare e “finanziare” la manifestazione. Bravi!
Bravissima davvero Bruna Coscia, organizzatrice dell’evento, che ha detto due parole essenziali e dirette e ha lasciato, la parola al Libro.
Si materializza Carmine Abate, autore di La collina del vento, che ha vinto il premio Campiello alla sua 50esima edizione. La mia amica mi ricorda come lo avessimo cercato e voluto per il nostro lavoro Comenius Promise su Cent’anni di Emigrazione Europea. Vero! L’ avevo dimenticato.
Dopo l’esauriente presentazione di De Michelis, che, preso da passione espositiva travolgente, rischia di svelare il finale, parla Carmine:
“Io scrivo solo quando sento forte l’urgenza di scrivere. Il lettore deve sentire questa urgenza, altrimenti non si appassiona.”
E le sue parole e la sua persona mostrano inequivocabilmente l’atteggiamento riconoscibile dell’insegnante appassionato, la sua grande carica di umanità ed esperienza, la visione del presente attraverso il passato, senza nostalgie e rimpianti. Non mancano, tuttavia, alcune considerazioni veloci sulle varie forme di razzismo e sradicamento. Anche io non sopporto tutta la manfrina della ricerca delle origini o che “le radici non si dimenticano” etc etc..
ma io chi sono?
Tutto bello ed interessante, Ma la scintilla scoppia, quando Abate ci racconta della domanda epica: “ma io chi sono?”. Sì è posto la domanda dopo essersi sentito definire nei modi più diversi (Italiano con accezione “dubbia” in Germania, terrone nel Trentino, trentino in Calabria, Arbëresh dagli Albanesi, migranti del 91 in Calabria…). Chi di noi non si è mai posto questa domanda esistenziale, pur non essendo necessariamente un migrante?
La domanda di Abate riaccende il film della mia vita e di quella di molte persone intorno a me. Da buona migrante, in viaggio attraverso lo Stivale, concordo con lui. Sono molto più ricca di tanti altri, perchè ho esplorato terre diverse e incontrato gente nuova, bella, brutta, affascinante, repellente. E sono rimasta sempre io, sempre la stessa, ma con qualche piccola radice in più ad arricchire il mio albero della vita.
Mah, forse me lo leggo questo libro, anche sa ha appena vinto un premio prestigioso e io con i premi non vado molto d’accordo. Poi Carmine cita Elias Canetti e qui mi dico: sì, lo leggo. Anzi lo compro ora e lo faccio pure firmare, proprio come si vede nei film. Canetti e la sua Lingua salvata, storia di una giovinezza è una pietra miliare del migrante illuminato, multi identitario. Lo aggiungo ai libri di Ottobre. Con Lucia decidiamo di leggerlo e di organizzare, dopo, una cenetta per “raccontarlo e commentarlo” Fixed!
Chiude l’incontro Chiara PARRINI, viola d’amore dei Solisti Veneti. Che meraviglia! adoro le contaminazioni.
Anch’io voglio leggerlo come migrante illuminata!!!!
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