Sto andando a Venezia per lavoro e “un vento di libro” mi spinge verso il punto vendita Mondadori della stazione centrale di Padova. Penna, luna, cielo stellato in copertina accrescono la fascinazione… Lo compro.
Saggio? Sì; Diario? Credo di sì; Storia di lettori che crescono? Certamente sì.
Pennac ri-evoca le centomila domande che anche io mi ponevo regolarmente quando “dovevo” coinvolgere i miei studenti nella lettura di classici Inglesi e Americani… Lettura ad alta voce? lettura silenziosa per una comprensione più approfondita?
Un vecchio professore dell’Università di Venezia entrava continuamente in conflitto con noi, docenti appassionati di analisi testuale perchè, secondo lui, quello che evoca sentimenti, piacere e voglia di continuare a leggere è la lettura ad alta voce di “frammenti” significativi di opere famose. Mamma mia quante discussioni su: task-non task! Le nostre ragioni:
“Come possono capire un testo in lingua straniera se non guidi la comprensione, passo dopo passo, con tanti task ben strutturati?”
Poi ho cominciato a capire…
A ricordare gli occhi sgranati delle mie studentesse quando leggevo loro ad alta voce, per esempio, la storia della
diciottenne Eveline, più o meno loro coetanea, dai Dubliners di James Joyce. Il suo dramma familiare, il desiderio di avventura represso… E mettevo l’accento su frasi ricche di allitterazioni, di suoni onomatopeici, facendo appello al suono e al ritmo.
O quando leggevo brani dalla storia di Tess of the D’Urbervilles di Hardy e the Rhyme of the Ancient Mariner di Coleridge, veicolata anche tramite il ritmo metal degli Iron Maiden!
La sorpresa traboccava dai loro occhi. Ma è vero, non durava molto. Si interrompeva bruscamente quando parlavo di compiti, di simulazione di terza prova, di colloquio e tesina, insomma di “programma”, come dice Pennac. Sono sicura, tuttavia, che qualcosa sia rimasto, dentro.
La pedagogia della lettura efficace è argomento complesso, non si sa mai veramente quali siano i percorsi migliori. Come sono d’accordo sul distacco affettivo che i ragazzi provano quando vedono che un’opera è in programma e dunque va letta… E allora ci si ingegna a cercare vie alternative, ad attualizzare la lettura senza perdere di vista la qualità del “compito”.
Sento ancora su di me gli sguardi scettici dei colleghi che strabuzzano gli occhi quando sentono che stiamo leggendo la Saga di Twilight, su suggerimento di alcune studentesse che, al suono della parola twilight durante una lezione sul Romanticismo Inglese, sentono vibrare il corpo e l’anima, si lanciano sguardi complici e io me ne accorgo! E penso: “prese!” La inserirò in programma accanto ai grandi dello stile gotico anglo-americano…(Shelley, Stevenson, Stoker, Poe etc). Si lavora per differenza? Anche.
Le strade dell’interesse sono infinite. I miracoli avvengono spesso “a nostra insaputa”.
Devo dire però che condivido in pieno il discorso sull’armonizzazione degli stili di apprendimento, dell’attenzione alle intelligenze multiple e altre suggestioni psico-pedagogiche. Spesso quello che va bene per alcuni è sbagliato per altri. E qui si presenta il problema: come trovare il punto di incontro? Anche alcuni genitori, che assillo! Vorrebbero i propri figli allegramente sprofondati tra le pagine di un libro, ma solo quando lo dicono loro! Legge? Non legge? Perchè? Ha problemi? E’ pigro?
Pennac continua e conclude:
“No, seguiva il suo ritmo, ecco tutto, che non è necessariamente quello di un altro, e che non è necessariamente il ritmo uniforme della vita. Il suo ritmo di apprendista lettore, che conosce accelerazioni e brusche regressioni, periodi di bulimia e lunghe sieste digestive. La sete di progredire e la paura di deludere…”
In Come un romanzo c’è tutto questo.
Pennac mi colpisce anche quando sconvolge la mia visione della lettura. A me piace discutere di quello che leggo. Non voglio tenermelo dentro, voglio offrire agli altri le mie emozioni. Loro, ne facciano quel che vogliono. Pennac stronca tutto ciò e invita al silenzio post-lettura. Invita al segreto:
“il piacere del libro letto lo teniamo spesso segreto[…]Silenzio, dunque… Salvo naturalmente per i parolai del potere culturale. Ah! le chiacchiere da salotto…”
Poi, fortunatamente aggiunge:
“Tuttavia, pur non essendo un atto di comunicazione immediata, la lettura è, alla fine, l’oggetto di una condivisione…”
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