Barney, ma quale versione è questa?
Tutto così “cinemabusiness”, compattato e stravolto, in questo film di Lewis. Tutte le letture di Barney, le confusioni tra uno scrittore e l’altro (quanti altri segni della malattia incalzante che hanno accompagnato il lettore verso il climax della fatale dimenticanza del numero di telefono di Miriam “his heart’s desire”, diventata nel film una scena di rabbia banale e fuori contesto), tutti i riferimenti anche ironici alla grande letteratura Americana e Inglese, liquidati con la fuggevole frase di Boogie che gli ricorda stralunato di essere stato lui ad aprirgli le porte dei grandi libri! E i grandi pittori e gli intellettuali amati e odiati, il Canada, i giochi linguistici, e le gelosie e i conflitti con Mc Iver? E il dramma esistenziale-artistico di Clara… E’ lungo l’elenco delle cose che mancano in questo film…
E’ solo un collage di siparietti da una storia di vita, molto più complessa. Sembra quasi una conversazione tra due amici che si incontrano alla stazione, dopo dieci anni e hanno solo dieci minuti prima che il treno parta (e uno dei due deve prenderlo assolutamente). Devono raccontarsi tutto in poco tempo e fatalmente tutto diventa superficiale e banale. Dopo rimane l’amaro in bocca per la consapevolezza che le cose da dire erano ben altre. Succede lo stesso in questo film…Bravo Giamatti, ma anche lui vittima di questa esigenza di compressione, di zippaggio….
Colpisce la mancanza di trama e di tensione nel narrare l’ evoluzione della malattia. Insomma tanti bozzetti “montati” ad usum di una” totally uninterested production”, disinteresse per la vera qualità della storia. Incapacità di focalizzare. Il prodotto è tuttavia commerciabile e può commuovere, i temi si prestano. Ma, sicuramente, delude i lettori di Mordecai. All’uscita dal cinema ho pensato che mi piacerebbe sentire le reazioni di tutti quei lettori che, forse sull’onda delle emozioni provate nel vedere il film, hanno deciso di leggere il libro. Anche a me è successo in qualche caso. Sono curiosa.
Lietta Tornabuoni nella sua recensione del film, dopo la proiezione al Festival di Venezia 2010, scrive che la trasposizione è “convenzionale” e “goffa”(si pensi alla descrizione della Roma bohemiènne…). Evidenzia inoltre l’assoluta mancanza del vero e caustico umorismo ebraico…
Il libro è ovviamente una dimensione totalmente differente, lo abbiamo sempre saputo eppure, come lei conclude
“… ritrovare le figure d’un romanzo amato è sempre una tentazione, anche quando il film può essere deludente”(La Stampa”14/01/11)
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