Il 3 dicembre 2021 faccio la terza dose di richiamo del vaccino. Servirà a ricordare al mio organismo di produrre altri anticorpi per combattere il COVID 19 nemico del momento. Sono prenotata per le 20:20 al padiglione 6 cancello M della Fiera di Padova – entrata da via Rismondo n.18- Dettagli inutili? No, anzi sono utilissimi a creare una certa atmosfera.
Ho trascorso la giornata accompagnata da una lieve ansia. Ogni dose di vaccino mi ha creato questo stato emotivo. Inoltre il booster sarà Pfizer, diverso dalle altre due dosi (Astra Zeneca). Dunque affronterò una vaccinazione eterologa. Razionalmente lo stato delle cose non mi crea problemi, credo nei vaccini, credo nella scienza.
Ancora conservo nitida l’immagine di me e delle mie sorelle accompagnate dalla mamma presso il dispensario comunale a fare il famoso vaccino antivaiolo che ci avrebbe lasciato un piccolo marchio sul braccio per tutta la vita e che, indubbiamente, ci avrebbe protetto dagli esiti nefasti della malattia. Ricordo anche con emozione le vaccinazioni fatte alle mie due figlie. Mi facevano sentire a posto, tranquilla e sicura di aver fatto il necessario per proteggerle. Ciò nonostante, ieri 3 dicembre, la giornata è stata caratterizzata da una lieve vena ansiosa che è andata aumentando man mano che mi avvicinavo all’ora x.
Alle 20:10 arrivo in fiera. Buio, freddo, luci altrettanto fredde all’esterno. Entro, faccio il primo check in e vengo invitata a trovare posto tra la folla di persone sedute in attesa della chiamata. La chiamata avviene ogni 5 minuti in base all’orario di prenotazione. Dovrò aspettare un bel po’, siamo ancora alle 19:45. Curano lo smistamento due giovani donne di un’efficienza austroungarica. Perfette. E nessuno degli astanti dice una parola di troppo.
Mi sono portata un libro per riempire il tempo dell’ attesa, ma riesco a leggere solo qualche pagina. Mi soffermo invece a guardare i miei compagni di avventura. Tanti, tantissimi, soprattutto giovani adulti. Non me l’aspettavo. Sono davvero tanti e molto disciplinati.
Quello che mi turba è l’ambiente. Mi richiama alla mente i miei amati 1984 di George Orwell, Brave New World di Aldous Huxley e tanta filmografia distopica. I locali della fiera contribuiscono a produrre questo effetto. Ad essi si aggiungono la voce metallica del disco che scandisce il trascorrere dei 5 minuti, le donne in gilet catarifrangente, perfette nei loro gesti e nel tono neutro, quasi meccanico degli annunci:
“sedetevi nell’ordine di arrivo, attendete il vostro turno, avanti il prossimo…”
Inquadrati, rassegnati o forse desiderosi di farla finita al più presto, OBBEDIAMO. Mi sento sempre più Winston ad Oceania, e sempre più John il Selvaggio nel meraviglioso mondo nuovo di Huxley. Finire, evadere, fuggire, fare di nascosto un gesto creativo! Leggere. Pensare.
Arriva il turno delle 20.20. Ci siamo! Questa volta il tono mi sembra più umano, forse perché è arrivata la mia ora. Ecco, sta per entrare Pfizer nel mio corpo. Fatto. Quindici minuti di attesa e poi via. L’ansia si attenua. Esco verso la notte, sempre fredda, sempre illuminata da una luce malata. Ecco la macchina, il calore. A casa.
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