Inizio la recensione di La nuova manomissione delle parole di Gianrico Carofiglio nello stesso modo in cui ho iniziato quella sulla prima versione, con A word is dead di Emily Dickinson:
A word is dead
When it is said,
Some say.
I say it just
Begins to live
That day
Emily Dickinson, 1894
È sempre bello leggere una poesia di Emily Dickinson, in questa ritroviamo un’idea fondamentale per l’umanità: la vita della parola, il suo valore. Non è vero come alcuni pensano e dicono che una parola muore nel momento stesso in cui viene pronunciata, è verissimo il contrario: una parola comincia a vivere, e dunque ad agire proprio in quel preciso momento.
Il valore performativo delle parole è il tema del libro di Carofiglio che insiste molto sull’importanza delle parole e del modo in cui vengono usate nel determinare la nostra sopravvivenza civile, sociale e politica. La nuova manomissione delle parole riprende ed espande i concetti già espressi nel primo “volume” mettendo a fuoco la rilevanza di alcune parole guida anche attraverso le riflessioni di grandi letterati e personalità della cultura. Dunque a coloro che hanno letto la prima piacerà anche questa seconda versione, aggiornata con considerazioni e riferimenti alla realtà politica che nella prima stesura erano ancora di scottante attualità. E tuttavia l’effetto prodotto non è meno dirompente: potenza delle parole, insomma del “fare cose con le parole”. Ma repetita iuvant. In ogni caso l’autore chiarisce che:
“Il libro è lo stesso, dunque. Ma è anche, a un tempo, nuovo. Per via degli innesti, per lo sforzo di storicizzare ciò che al momento della prima uscita era attualità incandescente, per l’aggiunta di un nuovo capitolo.”p.12
A Carofiglio non piace pensare che il suo libro possa essere visto come “vagamente pedagogico e didascalico” eppure lo è, e questo non lo rende meno bello, anzi. La lettura diventa atto formativo e sociale se ti permette di attingere al mondo della conoscenza attraverso autori di secoli e luoghi diversi e di ritrovarci i motivi ispiratori delle tue scelte. Molti di questi sono gli stessi citati da Carofiglio.
“Resta quello che ho detto all’inizio: il libro è un atto politico, una scelta di campo, una scommessa sulla possibilità di distinguere la buona dalla cattiva politica. Non solo con lo scrutinio delle scelte e dei comportamenti, ma anche-forse soprattutto – attraverso una riflessione sul linguaggio e sul nesso fra parole, verità e democrazia”.p.12
Già da un primo sguardo all’indice delle sei parole/azioni esplorate nel libro potrete intuire il peso e il ruolo che hanno avuto e tuttora hanno nelle relazioni sociali e politiche. Forse vi verranno subito in mente coloro che ne hanno fatto un uso scellerato, declinando la parola “manomissione” nella sua accezione più negativa. Infatti, disturba profondamente l’elenco che l’autore fa delle “violazioni delle parole” di alcuni politici che ci hanno governato sfasciando leggi, anche buone, per farne di nuove ad uso personale, manomettendo ferocemente parole e principi.
Nell’ Epilogo Carofiglio condensa la natura del suo “esperimento letterario” in una metafora affascinante:
“Ed eccoci alla fine di questo esperimento. Mentre scrivevo qualcuno mi ha chiesto cosa stessi scrivendo. In quei momenti mi accorgevo di non avere una risposta precisa, con la quale sentirmi a mio agio, perlomeno[…] È stato un gioco. Un gioco personalissimo e, in qualche misura, inevitabilmente arbitrario, di cui parte essenziale sono stati i libri degli altri. Ho giocato a smontare e rimontare le parole come certi bambini fanno con i giocattoli. Con lo stesso spirito: per vedere cosa c’è dentro, per capire come funzionano, per sperimentarne usi diversi. Senza seguire le istruzioni.”
L’occasione è ghiotta per incontrare di nuovo alcuni autori che di “parole” e di linguaggio se ne intendono: Don Lorenzo Milani, T. Morrison, Dante Alighieri, V. Klemperer, George Orwell, Platone, Cicerone, Socrate, J.W Goethe, Nadine Gordimer, Antonio Gramsci, H. Arendt, Paul Auster, T.S Eliot, L. Carroll, J.L. Austin, Q. kinner, A, de Toqueville, Emily Dickinson, José Saramago, H. Melville, A. Camus, S. Sontag, G.G. Marquez, P. Weir, W.E. Henley, J.S. Mill, Bob Dylan. Ma l’elenco è ben più lungo e gli spunti su cui riflettere numerosi.
La guerra nella NEOLINGUA di Orwell
“La Guerra è Pace”
“La libertà è schiavitù”
“L’ignoranza è forza”
La guerra di Putin in Ucraina: “un operazione militare speciale”. Vietato usare la parola “guerra”! Se questa non è manomissione delle parole. E della verità!
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