“Fin dal suo apparire, nel 1977, questa “storia di una giovinezza” è stata accolta da molti come un classico immediato, uno di quei libri destinati a restare, che coinvolgono profondamente ogni specie di lettori. Con la sua prosa limpida, tesa, vibrante in tutti particolari, Canetti è qui risalito ai suoi ricordi più remoti, cercando di ritrovare nella propria vita quella difficile verità che solo il racconto può dare. Dopo aver vagato per decenni fra migliaia di miti, di fiabe, di trame, si è rivolto a quell’unica storia che per ciascuno di noi è la più segreta ed enigmatica: la propria” quarta di copertina.
La diversità degli insegnanti
Comincia ora una parentesi intrigante, più utile di un titolato corso di preparazione alla professione docente. La diversità degli insegnanti: fantastici ritratti di tutti i professori di Elias, di tutti quegli aspetti che ne hanno resi alcuni indimenticabili, altri dimenticati; alcuni amati profondamente, altri rispettati e presi a modello di vita e serietà; altri ancora odiati o ignorati, quelli di cui si dimentica tutto, dal nome alla fisionomia. Leggete questo passaggio lo trovo commovente nella sua semplicità, e intellettualmente alto.
“La diversità degli insegnanti era sorprendente, è la prima forma di molteplicità di cui si prende coscienza nella vita. Il fatto che essi ci stiano davanti così a lungo, esposti in tutte le loro reazioni, osservati ininterrottamente per ore e ore, oggetto dell’unico vero interesse della classe, impossibilitati a muoversi e dunque presenti in essa sempre per lo stesso tempo, esattamente delimitato; la loro superiorità di cui non si vuole prendere atto una volta per tutte e che rende acuto, critico e maligno lo sguardo di chi li osserva; la necessità di accostarsi a loro senza rendersi le cose troppo difficili, dato che non ci si è ancora votati al lavoro in maniera esclusiva; e poi il segreto in cui rimane avvolto il resto della loro vita, in tutto il tempo durante il quale non stanno recitando la loro parte davanti a noi; e ancora il loro susseguirsi uno dopo l’altro, nello stesso luogo, nello stesso ruolo, con le stesse intenzioni, esposti con tanta evidenza al confronto-come tutto questo agisce e si manifesta, è un’altra specie di scuola, del tutto diversa da quella dell’apprendimento, una scuola che insegna la molteplicità della natura umana, e purchè la si prenda sul serio anche solo in parte, è questa la prima vera scuola di conoscenza dell’uomo.”p.204
Il terremoto di Messina nel tunnel degli orrori
A Vienna nel tunnel degli orrori con Fanny la bambinaia, quando arrivava la cosa principale…Il terremoto di Messina:
Prima si vedeva la città in riva al mare azzurro, le molte case bianche sul pendio dei una montagna, un paesaggio placido e sereno illuminato dal sole; il trenino si fermava e la città sul mare pareva vicinissima, quasi sembrava di poterla toccare. In quell’istante io scattavo in piedi e Fanny, contagiata dalla mia paura, mi teneva stretto a sè afferrandomi per la giacchetta: si sentiva un boato terrificante, si faceva buio, si udivano sibili e gemiti spaventosi, la terra tremava e ci scuoteva tutti, tuonava di nuovo fra lampi accecanti: tutte le case di Messina erano in fiamme, in un chiarore divampante”(p.110).
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