“Un uomo è il romanzo della vita di Alekos Panagulis, che nel 1968 è condannato a morte nella Grecia dei colonnelli per l’attentato a Georgios Papadopulos, il militare a capo del regime. Segregato per cinque anni in un carcere dove subisce le più atroci torture, restituito brevemente alla libertà, conosce l’esilio, torna in patria quando la dittatura si sgretola, è eletto in Parlamento e inutilmente cerca di dimostrare che gli stessi uomini della deposta Giunta sono ancora al potere. Perde la vita in un misterioso incidente d’auto nel 1976.
Oriana Fallaci incontra Panagulis nel 1973 quando, in seguito alla grazia, esce dal carcere. I due si innamorano, e in questo libro l’autrice ripercorre la loro relazione coraggiosa e tormentata: raccontando le battaglie politiche, i momenti di incertezza, la fiducia reciproca, Oriana ci restituisce l’immagine indelebile di quella “voglia di amare, di desiderare, di lottare. È una voglia oscura, dolorosa, fragile come un cristallo. Ma a un eroe basta per compiere lo sforzo finale”. Sinossi BUR
Incontri
L’incontro tra Alekos e Oriana rappresenta una svolta determinante nella vita di entrambi. L’amore li travolge, la complicità li unisce, la paura li abita insieme a momenti di gioia e passione intense, senza limiti. Nell’intervista ad Alekos subito dopo la sua liberazione (per grazia del Presidente, non richiesta ma concessa per calcolo politico e propagandistico) Oriana gli chiede:
“Alekos, cosa significa essere un uomo?”E lui risponde:“Significa avere coraggio, avere dignità. Significa credere nell’umanità. Significa amare senza permettere a un amore di diventare un’ancora. Significa lottare. E vincere. Guarda, più o meno quel che dice Kipling in quella poesia intitolata Se. E per te cos’è un uomo?”“Direi che un uomo è ciò che sei tu, Alekos”.
Il libro di una vita da eroe tragico
Dopo il vile assassino di Panagulis, Oriana Fallaci mantiene la promessa che gli aveva fatto e crea un capolavoro. Riprende a scrivere il libro che Alekos aveva iniziato per raccontare al mondo quanto successo a lui e al suo paese sotto la dittatura dei Colonnelli in Grecia. A pagina 23 si era fermato. Il numero della pagina lo aveva paralizzato. I numeri giocano un ruolo peculiare nella storia, le date in particolare.
Alle numerose critiche rivolte alla Fallaci, anche da parte di alcuni familiari, per aver distorto i fatti relativi alla vicenda di Alekos, Oriana risponde rivendicando la sua libertà di donna e di scrittrice:
“Leggendo Propp ho visto che la storia di Panagulis corrispondeva alla struttura della fiaba. L’iniziazione, il periodo della grande prova, il ritorno al villaggio, l’ultima sfida, l’apoteosi o la morte”.(p.638 n.d.e.)
Semi preziosi
Suggerirei ai giovani lettori di seguire Oriana in questo tragico e meraviglioso viaggio. Con la sua scrittura così cristallina, ma appassionata, così strutturata ed efficace, ma piena di poesia e coinvolgente dalla prima all’ultima riga, Fallaci li porterà dentro un mondo che è esistito e che ancora oggi, in tempi di democrazia, nasconde alcune zone d’ombra. Alekos Panagulis ha seminato il seme della democrazia, un seme che va nutrito con libertà, coraggio e partecipazione. Un seme di poeta e per questo, agli occhi del tiranno, più pericoloso che mai.
ANNAFFIALO
Non piangere per me
sappi che muoio
non puoi aiutarmi
Ma guarda quel fiore
quello che appassisce, ti dico
AnnaffialoSettembre 1971
Quel “Tu”…
Non voglio soffermarmi oltre su considerazioni storiche o politiche, che pure sono parte determinante della storia, sento invece prepotente il bisogno di dire che questo libro è il più bello che abbia letto in questi ultimi mesi. Uno stile impeccabile per un ritmo travolgente, ispirato ad una logica assoluta, permeata di umanità dolente e rivoluzionaria. Poetico.
Quel “tu” confidenziale che tira in ballo, parola dopo parola, i gesti, i pensieri e le azioni di Alekos e del suo cuore rivoluzionario, è totalizzante e il lettore lo fa subito suo. In una trama densa di tensione narrativa che la tragica realtà alimenta, il lettore non può fare a meno di calarsi nelle vite di Alekos e Oriana.
E diventa aglio appeso sui rami dell’albero per scacciare il male, diventa lampione in Piazzale Michelangelo. Siede accanto a loro nella Primavera verde mela, provando tutte le emozioni che l’inseguimento vigliacco genera. Si accomoda con loro nei ristoranti e nei locali dove i due incontrano gente e aggrediscono il vino e il cibo, la vita insomma. Sente le ossa dolere e le ferite bruciare durante le lunghe sedute di tortura.
Prova rabbia violenta verso la sporcizia del potere, e stanchezza, tanta stanchezza di fronte alla cecità umana, all’indifferenza del gregge, alla puzza della sua paura. E diventa virgola e punto e lettera nelle poesie di Alekos. Piange e soffre con loro il dolore della perdita violenta e tragica del loro bambino mai nato. Ascolta la mente turbolenta di Oriana scossa dalle infinite domande sull’amore, sul perché di questo rapporto, sul suo ruolo di compagna di un eroe, o meglio di un uomo grande e nello stesso tempo piccolo e fragile.
Un uomo che sa sorridere e godersi la vita, ma che va verso il suo destino finale con una consapevolezza che spiazza, con la certezza di aver fatto tutto quello che poteva fare per realizzare il suo progetto di libertà. Fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo minuto lotta e sebbene consapevole di quanto gli sta accadendo, non facilita il compito ai suoi assassini. Accarezza, infine delicatamente, il viso di Alekos nell’ attimo in cui il suo ultimo respiro sale verso il cielo.
DEVI VIVERE
Se per vivere, o Libertà
chiedi come cibo la nostra carne
e per bere
vuoi il nostro sangue e le nostre lacrime,
te li daremo
Devi vivere(Quartine d’Autunno 1972)
Si, viaggiare…
Il viaggio è la metafora principe della vita umana e non a caso la poesia che Panagulis considera la sua più bella è proprio:
VIAGGIO
Alla mia amata Oriana Fallaci
Viaggio per inesplorate acque su una nave
che, come milioni di altre simili, peregrina
per oceani e mari
su rotte regolari
E altre ancora
(molte, davvero molte anche queste)
gettano l’ancora nei porti.
Per anni ho caricato questa nave
Con tutto quello che mi davano
e che prendevo con enorme gioia
E poi
(lo ricordo come fosse oggi)
la dipingevo a tinte sgargianti
e stavo attento
che non si macchiasse in nessun punto
La volevo bella per il mio viaggio
E dopo avere atteso tanto -proprio tanto
Giunse alla fine il momento di salpare
E salpai…
(Nave io e capitano
ed equipaggio per trovarti
fammi a pezzi
ma non farmi sanguinare il corpo)
Quando mi trovai in mare aperto
onde immense mi travolsero
e mi straziarono per rivelarmi
amare verità che ignoravo
Verità che dovevo imparare
Nell’abbraccio dell’oceano
con un lungo furente fragore
la solitudine
divenne per me faro del pensiero
indicando strade nuove
Il tempo passava e io
iniziavo a tracciare la rotta
ma non come mi avevano insegnato al porto
(anche se la mia nave mi sembrava diversa allora)
Così il mio viaggio
ora lo vedevo diverso
senza più pensare a porti e commerci
Il carico mi appariva ormai superfluo
Ma continuavo a viaggiare
conoscendo il valore della nave
conoscendo il valore della merce
E continuo ancora il viaggio
che scricchiolino incessantemente le giunzioni
sperando che non si spezzino
perché sono legni marci da anni
(secoli dovrei dire)
verniciati di recente ma senza
una forza nuova che li tenga uniti
la rotta sempre contro il tempo
nella stiva solo zavorra
Zavorra che mi dissero
merce preziosa, come quella
che di solito si compra nei porti
Ma se dicessi che mi hanno ingannato
non sarei onesto
osservo la bussola
senza sosta
con accanto la mappa
su cui studio la rotta
lontano dai porti che segnalano il passaggio
Quando poi succede che splendano
(che istanti difficili!)
all’orizzonte i porti della terra
l’equipaggio guarda le luci
(luci sirene
che promettono molto
che anche il cuore e la carne pretendono)
sempre aspettando che dica
al timoniere di far virare la nave
E attraccare almeno un poco
Mentre l’ora trascorre e io
osservo silenzioso la carta
tutt’intorno cresce il tumulto
Proposte subdole
vestite con idee
idee vendute che vogliono sempre
aornare l’inazione con le parole
e minacce
che vogliono passare per consigli
e promesse
che tentano la bestia e la risvegliano…
Quelle sono ore difficili
Perché da ognuna di loro
Dipende l’intero viaggio
E continuo ancora il viaggio
Desideri radicati nell’anima
sono diventati bussola per la mia nave
la mia mappa
altrettanto misteriosa
Ci sono ore in cui credo
che sia stata fatta
per chi non voglia approdare in nessun porto
e altre ore in cui confido
che il viaggio avvenga perché
su questa carta bisogna trovare
qualche cosa che manca
Così vado alla ricerca
guardando la mappa la bussola il cielo
in cielo, rintracciare segnali
nuove prove che dimostrino
che la bussola non sbaglia nel segnare
Non stupirti, questo non significa
che io abbia dei dubbi sulla mia bussola
E’ solo un’abitudine- una vecchia abitudine
che per secoli accompagnava l’anima
questa compagna
preziosa per i tempi bui
quando c’erano soltanto i semi nell’anima
degli amori che ora sono fioriti
E vado alla ricerca
Guardando la mappa la bussola il cielo
Le onde immense sembra che cerchino
di fare il gioco di chi vuole
che attracchi da qualche parte per un po’
E’ ognuna
di quelle onde un Golgota
e pensa
che la tempesta imperversa ininterrotta
Ma mentre aumenta
temo sempre più
che la spaventosa furia del mare
mi conduca ad avvistare
porti là sulla costa
porti che la mia mappa non indica
Sono ostacoli e momenti difficili
l’abbiamo detto
l’equipaggio comincerà a ribollire
quando quei porti appariranno sulla costa
E continuo il viaggio
alla ricerca ancora
pur sapendo di essere
nell’infinito del tempo un istante
nell’abisso dello spazio un puntino
E continuo il viaggio
anche se sono tenebra
e tutto attorno a me è tenebra
e la tempesta lo rende più spaventoso
E continuo il viaggio
e mi basta
che io tenebra
abbia amato la luceDicembre 1971
La piovra
La storia inizia e termina nella spirale pericolosa dei tentacoli di un mostro: La Piovra…
“Un ruggito di dolore e di rabbia si alzava sulla città, e rintronava incessante, ossessivo, spazzando qualsiasi altro suono, scandendo la grande menzogna. Zi,zi,zi! Vive, vive,vive! Un ruggito che non aveva nulla di umano. Infatti non si alzava da esseri umani, creature con due braccia e due gambe e un pensiero proprio, si alzava da una bestia mostruosa e senza pensiero, la folla, la piovra che a mezzogiorno, incrostata di pugni chiusi, di volti distorti, di bocche contratte, aveva invaso la piazza della cattedrale ortodossa poi allungato i tentacoli nelle strade adiacenti intasandole, sommergendole con l’implacabilità della lava che nel suo straripare divora ogni ostacolo, assordandole con il suo zi,zi,zi. Sottrarsene era illusione. Alcuni tentavano, e si chiudevano nelle case, nei negozi, negli uffici, ovunque sembrasse di trovare un riparo, non udire almeno il ruggito, ma filtrando attraverso le porte, le finestre, i muri, esso gli giungeva ugualmente agli orecchi sicché dopo un poco finivano con l’arrendersi al sortilegio. Col pretesto di guardare uscivano, andavano incontro a un tentacolo e ci cadevano dentro, diventavano anche loro un pugno chiuso, un volto distorto, una bocca contratta. Zi,zi,zi! E la piovra cresceva, si spandeva in sussulti, a ciascun sussulto altri mille, altri diecimila, altri centomila. Alle due del pomeriggio erano cinquecentomila, alle tre un milione, alle quattro un milione e mezzo, alle cinque non si contavano più…”
Da Poeta a Poeta.
Il Ragazzo Che Sorride ( Panagulis) di Miki Thaodorakis
IL PROGRESSO
C’erano schiavi un tempo
Oggetti di carne
Animali con due piedi
che nascevano e morivano
servendo bestie con due piedi
Sì
c’erano schiavi un tempo
che in vita
li teneva la speranza
della Libertà
Anni e anni sono passati
e adesso
quegli schiavi non esistono più
Ma è nato
un nuovo genere di schiavi
Schiavi pagati
Schiavi saziati
Schiavi che ridono
Schiavi che vogliono
Rimanere schiavi
Questo è il Progresso!
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