“Lo sai che in tutte le tombe c’è sempre una porta falsa?…Ebbene la stessa cosa succede con la gente. Creano delle porte false…per ingannare. Se qualcuno sa di essere debole e inefficiente si costruisce un’imponente maschera di prepotenza, di vanterie d’imperiosa autorità…e dopo un poco finisce col crederci lui stesso. Pensa e induce tutti a pensare che lui è veramente così. Ma dietro le porte false, Renisenb, non c’è niente… Così quando la realtà si afferma e tocca quella gente con la piuma della verità, il loro vero essere si rivela.” p.86
Quando sento il bisogno di una lettura rinfrescante so a chi rivolgermi: un bel classico del Mistero! C’era una volta di Agatha Christie mi ha davvero fatto respirare un po’ di ossigeno vitale. Ho divorato il libro e sono soddisfatta. Ho fatto anche un tuffo piacevole nel linguaggio “autentico” della versione in Inglese (Death Comes as the End), che ho recuperato in rete.
La storia
La storia della famiglia di Imothep contiene tutti gli ingredienti di una saga familiare universale. La vita dei personaggi acquista spessore narrativo grazie alla sapiente costruzione del climax delittuoso e allo scioglimento finale del groviglio misterioso.
I personaggi maschili sono molto “flat”, squadrati, un po’ in bianco e nero. Imhotep, il vecchio padre vedovo da anni, è il classico padre padrone, pieno di boria e di soldi; i suoi figli: Yamhose il buono e docile; Sobek, il bello e cattivo e Ipy, il bellissimo e impudente, riassumono tutti i vizi e le qualità dei ricchi rampolli, scalpitanti per il potere e il riconoscimento, che il cieco padre si ostina a non concedere. Ma loro se lo prendono. Come? E a che prezzo? Hori il factotum sembra la bontà, l’intelligenza, la sensibilità e la prudenza in persona. Un uomo fatto per essere sposato. Affidabile e preciso, ma anche spirituale e romantico. Un po’ più round degli altri maschi; Kameni è fuoco puro: bello, forte e intrigante, un diavolo tentatore a cui difficilmente una donna può resistere.
Le donne del gineceo sono più sfaccettate, anche se appaiono classificabili in tipi: Reninsenb la figlia buona, intelligente e sensibile, Satipy la nuora n.1 perfida sapientona, Kait la nuiora n.2 scema-ma-non-troppo, Henet la vecchia strega governante, Esa l’ava saggia.
Ma su tutte svetta lei: la bellissima, giovanissima e conturbante Nofret, “dal sorriso pigro, felino”. È lei la catalizzatrice dello sviluppo drammatico della vicenda. Nofret è la concubina del vecchio padre che, incautamente, impone al gineceo di famiglia, salvo lasciarla, subito dopo quando gli affari lo richiamano al Nord, in balia di belve gelose della sua bellezza e assatanate di vendetta.
I bambini sono teneri e fanno da contorno a questo quadro, in apparenza perfetto. I loro giocattoli di legno e di pezza ci riportano a giochi antichi e creativi. Tutto ciò che sembra essere bello e positivo viene avvolto dal velo magico del Nilo, tra il rosato e il dorato.
Il gioco eterno tra amore, paura, vita e morte coinvolge e travolge tutti i giocatori. Compreso il lettore che non riesce a smettere di leggere e vuole capire subito come va a finire. Non solo, strada facendo partecipa al gioco, come una sorta di Sherlock Holmes, raccogliendo indizi e facendo ipotesi, fino ad arrivare molto vicino alla soluzione dell’enigma…
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