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E’ arrivato il suo momento. Sarà perché è Aprile, sarà perché si è attenuato il rumore del suo successo, sarà perché il mio giardino è tornato prepotentemente a chiedermi attenzione, fatto sta che  ho deciso di leggere il  romanzo di Vanessa Diffenbaugh, The Language of Flowers,   ignara del suo contenuto e sedotta invece dal titolo accattivante, dal sapore antico.

A Stansted  aspetto il mio volo di rientro. Ho tempo per comprare un libro al volo. E’ una specie di rito, ormai. Il commesso di WHS mi guarda perplesso. “Vanessa D-i-f-f-e-n-b-a-u-g-h? The Language of Flowers? ” Faccio lo spelling nel timore di aver pronunciato male questo difficile cognome. L’uomo sembra non conoscere il libro e continua a guardare la “madam” in modo un po’ puzzled e un po’ compassionevole. Poi  comincia a consultare il data base al computer e, all’improvviso, tutto orgoglioso  dice: “Got it. Last copy! madam”  Si reca allo scaffale dedicato, prende l’ultima copia, me la consegna  contento e…mi offre anche della cioccolata!

Prendo il libro, lo tocco, sfoglio velocemente le pagine a mo’ di ventaglio e, meraviglia delle meraviglie, il mio olfatto arrugginito percepisce l’antico, avvolgente odore di carta nuova e morbida. Questa sensazione è forse la più forte che questo libro mi ha lasciato.

mistletoe_i surmount all obstaclesLa catena di vite di bambine, adolescenti e donne, protagoniste drammatiche di  alcuni romanzi letti di recente, si arricchisce con Victoria Jones, problematica fosterchild americana, protagonista della storia. La tecnica narrativa è comune, fatta di  salti  continui e regolari, per capitoli successivi, tra passato e presente, nel tentativo di  costruire un futuro accettabile, sia per i protagonisti che per i lettori.

Al cuore di  questa storia, ben narrata e non priva di tensione narrativa, c’è il bisogno e la difficoltà di comunicare con gli altri, ma soprattutto con se stessa e con il proprio corpo. Duro e impietoso lo sguardo di Victoria sulle sue fragilità e incapacità. Mai indulgente, neanche di fronte alle manifestazioni esterne di apprezzamento nei suoi confronti.

Il tema è di quelli “spinosi”, molto sentito in America: il bisogno di amore e il doloroso  senso dell’abbandono di una bambina, rifiutata dalla madre biologica e sottoposta ad un drammatico percorso di vita attraverso speranze, rifiuti, violenza ed esperienze di vita estreme, verso l’annullamento di sè.

Ci sono tante donne nella storia, tante “madri” che in qualche modo  si prendono cura di Victoria. Renata, Elizabeth, Mother Ruby, Meredith, Catherine. Hazel/Reconciliation, occupa un posto a parte e arriva ad illuminare il mondo della ragazza dei fiori.

Grant,  con il suo amore di giovane uomo cresciuto anch’egli tra  fiori, verde e viti ed educato  a comunicare attraverso  il loro linguaggio, è quasi l’alter ego di Victoria, a ben pensarci. Molto  belli e intensi i silenzi carichi  di  significato, durante i loro incontri.

Il linguaggio dei fiori  e il contatto simbiotico con la natura offrono ai protagonisti il codice e il pretesto per entrare in comunicazione con il mondo e scoprire, spesso dolorosamente,  la propria soggettività e l’amore degli altri.

Tutte le fasi  della  vita di Victoria sono  segnate da messaggi floreali. La sua impresa, Messaggio, rappresentata da un Iris,  ha un successo enorme grazie alla indescrivibile  capacità della “fiorista” di creare composizioni floreali personalizzate.

Un fiore per ogni situazione, un archivio tenuto  in modo  ordinato, quasi maniacale, nelle famose scatole blu e arancioni. Molto  suggestiva la scoperta della macchina fotografica e delle sue potenzialità messe a frutto nel costruire il magico archivio botanico.


Kate Greenways LFIl nome della protagonista richiama l’età Vittoriana, ovvero  il periodo  in cui nasce e si afferma  l’uso del linguaggio dei fiori.

Non meno  affascinanti i riferimenti letterari: da Gertrude Stein e il suo “a rose is a rose is a rose…” a Elizabeth Barrett Browning e le sue poesie d’amore.

La storia si chiude con  una dichiarazione di intenti, amorosa e floreale, che  apre a prospettive intense nel rapporto tra madri e figlie.

 

 

Intervista a Vanessa Diffenbaugh sul romanzo