Erri De Luca- LE REGOLE DELLO SHANGAI, un gioco fatto da solo, come la vita.

 

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Un anziano signore si sta godendo il suo bel soggiorno in montagna, quando all’improvviso appare un’adolescente visibilmente accaldata e impaurita. Sta fuggendo da un campo di gitani e da un futuro già programmato per lei dal clan. L’anziano signore l’accoglie nella sua tenda, addirittura nel suo sacco a pelo, senza chiederle niente, Fa freddo, insieme si riscaldano. Ma i piedi gelati sul petto no!

Inizia una relazione molto speciale, dove l’anziano si assume il compito di proteggere la ragazza da tutte le insidie che la rincorrono. Ed entra in scena anche lo Shangai e il ruolo che ha giocato e continua a giocare nella vita dell’uomo, orologiaio per professione, e della piccola gitana. 

Ogni volta che leggo un libro di De Luca. Mi sembra di respirare meglio. A petto aperto per far entrare l’aria ricca di ossigeno nei polmoni. Sono accanto a lui in montagna o al mare, dopo una lunga passeggiata in bicicletta. Mi è successo anche con Shanghai, dove è il trionfo del noi che fa vivere le pagine del denso volumetto.  

Lo scambio di esperienze, la loro natura simbiotica, umana ed empatica, confermano la visione del mondo che De Luca ci offre nelle sue storie. Solitario, ma irresistibilmente legato agli altri, lo scrittore veste i panni di un ambiguo orologiaio che, alla fine rivela la sua natura, il suo vero io all’unica eccezione del suo lavoro, a quella piccola gitana in fuga da un padre padrone e da un matrimonio forzato. Non dico altro su queste “rivelazioni” perché è lì la chiave del mistero che solo chi legge deve avere il piacere di scoprire. 

La montagna, con i suoi anfratti nascosti e accoglienti, Napoli con le sue identità multiple, le Moscow rules, le lingue e i linguaggi, e soprattutto, lo Shanghai esistenziale, sono i grandi protagonisti di questa nuova, coinvolgente avventura letteraria di De Luca. Ad un certo punto il racconto prende una piega totalmente inaspettata e non so dire se mi ha convinto o meno. Quello che mi convince sempre nei romanzi di De Luca è l’apertura d’ali della sua narrazione e delle sue divagazioni culturali. Mi piace sempre. 

A proposito, giocavo anche io a Shangai da bambina e da ragazza. È vero in quei magici anni 60 era uno dei giochi più appassionanti. Quanta attenzione richiedeva e che competizione scatenava! Quel bastoncino nero era l’oggetto del desiderio di tutti giocatori.  

PERLE DI ERRI

Il gioco 

-Il gioco mi rinfresca il cervello. 

-Non capisco bene questo affare del gioco.  

-Quello che faccio da solo. Insomma, montare un orologio, leggere un libro, montare la tenda, cucinarmi ogni cosa da solo è un gioco. Il lavoro comincia quando sto con gli altri. 

Lo Shangai 

Una regola dello Shanghai è dimenticare il giro precedente. È opposto agli scacchi, dove i giocatori ricordano le mosse delle partite, lo Shanghai sparecchia. Io somiglio al gioco, mi faccio dimenticare subito. 

Ancóra  

Come essere vecchi e quando ti parlano e ci infilano la parola ancora lei lavora ancora, ancora va in campeggio, ancora fa questo e quest’altro, così la mia parola preferita è diventata ancora. Quando qualcuno mi chiede come sta risponde ancora, ancora ci sto. 

Contemporanei 

Senti, io non ho figli e non cerco di adottare qualcuno. Scambio qualcosa con chi incontro lontano dalle strade. Non faccio distinzioni di età. Tu mi chiami vecchio, va bene, ma io sono lo stesso tuo coetaneo, vivo nello stesso tempo, le generazioni per me non esistono. Finché si è vivi siamo contemporanei, siamo due persone. 

Le parole 

A word is dead 
When it is said, 
Some say. 
I say it just 
Begins to live 
That day. 

E. Dickinson

-Le parole che stiamo dicendo si possono scrivere, rimanere raccolte. Un proverbio dice che le parole volano e quelle scritte restano. 

– Non c’è questa cosa da noi, le parole restano dopo che si dicono. Gli scambi, gli affari, le nozze si combinano a voce. 

Scrivere una lettera 

-Con i soldi dei capelli, ho comprato dei libri per imparare da sola.  

-Allora leggi e scrivi? La prima lettera spediscila a me, va bene? Ti lascio l’indirizzo della Fondazione. 

-Prima devo capire come si fa una lettera, non so neanche cos’è un indirizzo. 

-Quando impari scrivimi, ci sono cose che si possono dire solo in una lettera, hanno bisogno di lontananza.   

Crescere con l’orso 

Sono cresciuta insieme a un orso. Lui imparava a imitare mosse umane, io imparavo a percepire attraverso i suoi sensi molto più intensi. Preferiva stare coi bambini. Ringrazio lo studio, i libri, che oggi mi permettono di esprimere in linguaggio, quello che sentivo e sapevo da bambina. Le parole oggi mi aggiungono la precisione, un tocco di Shanghai. 

Restare in contatto 

Cara gitana,

l’età mi sta rallentando i battiti e la mano che scrive le lettere. Noi due siamo tra gli ultimi che si affidano a questo antico modo di restare in contatto. Noi due e quelli che stanno in prigione, che proseguono l’usanza della corrispondenza. La posta elettronica ha ridotto le lettere a messaggi, annullando le distanze. Ma si sta ugualmente lontano. 

L’appello quotidiano 

Al mattino faccio l’appello, chiamo ogni parte del corpo a dire presente comincio dai piedi, finisco alla nuca. Progetto l’attività del giorno, la necessaria e la superflua. Il fuoco, l’acqua, la minestra, l’igiene sono il fabbisogno, poi devo aggiungere la lettura e il gioco per allenamento di pensieri. 

Meccanismi linguistici 

Ho studiato al liceo classico il latino e il greco. Le grammatiche sono orologi composti di molti pezzi che funzionano insieme. Così quelle lingue mi sono piaciute, però nessuno dei loro autori. Era bello per me il loro meccanismo, non il marchio di fabbrica dei singoli da studiare. La sola eccezione: Epicuro, e di lui una sola frase: vivi nascosto. Mi riguardava. Epicuro aveva scritto la formula della mia vita. 

La guerra 

La guerra: succede per questo e quest’altro motivo. Ma poi quando ti sta addosso e intorno hai distruzioni, campi di concentramento, fosse comuni, deportazioni: nessun perché regge, è all’altezza di giustificare. La guerra annienta, divora e una volta avviata non ha bisogno di nessuna causa. 

Un’altra lettera 

Scrivi di non sapere a cosa sei servito che ti è bastato essere ingranaggio, non lo credo. Hai fatto parte di un noi, di questo superamento dell’io e dei suoi limiti e noi abbiamo governato i risultati. Siamo stati causa e abbiamo determinato effetti.