A. Tamigio-IL COGNOME DELLE DONNE “comincia tu a tenerti il tuo, e poi si vede…”

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Caterina è la figlia della mia vicina di casa, una giovane ostetrica con una visione del mondo aperta e sempre disponibile ad aiutare chi ha bisogno. È sposata con un giovane professore di lettere, altrettanto aperto al mondo.  Da poco mamma di un bel bambino, fa una scelta “rivoluzionaria” che mi ha lasciato a bocca aperta: Il bambino porta il cognome della madre! E la legge è dalla sua parte:

“La sentenza n. 131 del 2022 della Corte Costituzionale ha posto fine all’inerzia del legislatore espungendo definitivamente dall’ordinamento giuridico l’automatismo del patronimico e dunque introducendo la regola dell’assunzione da parte del figlio dei cognomi dei genitori nell’ordine dai medesimi concordato e fatto salvo l’accordo per attribuire il cognome di uno di loro soltanto.” da Questione giustizia

Durante le prove dell’abito da sposa Marinella chiede a Patrizia:” Il cognome tuo te lo tieni?” Patrizia risponde: “Lo sapete, vero, che il cognome delle donne è una cosa che non esiste. Portiamo sempre quello di un maschio.” A questo punto Lavinia interviene con parole di sfida: “Comincia tu a tenerti il tuo, e poi si vede”. 

Rosa, Selma, Patrizia,  Lavinia e Marinella sono le meravigliose protagoniste  di Il cognome delle donne di Aurora Tamigio, una “saga familiare siciliana” che  attraversa il 900, in luoghi caratteristici della Sicilia: dal piccolo paese sulla montagna alla “grande città” di cui riconosciamo le strade  e i luoghi simbolici. 

Le 5 Romiti-Quaranta-Maraviglia

Rosa la capostipite gestisce un’ osteria che diventa il punto d’incontro  della gente dei quattro paesi circostanti, per il buon cibo che Rosa cucina e per l’atmosfera cordiale e serena che Sebastiano crea. Il primo voto di Rosa è per la” Re Pubblica”. Con Sebastiano è amore a prima vista. Quaranta è l’uomo  della sua vita, e della sua morte: è lui a portarsela via sotto la spinta di una tiepida folata di dolce grecale notturno: un po’ Marquez, un po’ Allende, un po’ Amado e Donna Flor e i suoi mariti. 

Selma figlia di Rosa è quasi un fantasma, attraversa momenti letteralmente bui, quando la cecità la costringe all’inerzia e all’abbandono del suo amato ricamo, allietata solo dalla voce del fratello Fernando che legge per lei. Selma è la sposa scelta per caso da Santi Maraviglia, detto Santidivetro per lo scintillio che lo circonda  e che affascina tutti, soprattutto le donne. Selma vuole Santi, anche se è ben consapevole che lui non l’ama e che la sua famiglia lo detesta. Lo affiancherà in  tutte le sue scelte, una per tutte quella che farà imbestialire Rosa.

Patrizia figlia di Selma è la figlia ribelle dagli occhi neri come il carbone. Il suo rapporto con il padre è pessimo, fino a sfociare nella violenza. Studia in convento dove, sotto “tutela” di Zio Donato sacerdote, è costretta a una vita disciplinata e senza vie di fuga.

Lavinia figlia di Selma è una bionda fanciulla che somiglia tanto a Virna Lisi, che ama il cinema tanto che vorrebbe diventare attrice, ma Patrizia le gioca un brutto tiro! È  attaccatissima a mamaranna Rosa con cui condivide la camera e  momenti significativi della sua crescita. 

Marinella figlia di Selma. E poi c’è Marinella, la piccola di casa che ama la musica e i dischi, la preferita di papà, che cresce sotto l’occhio attento delle due sorelle maggiori, soprattutto  quello, molto severo, di Patrizia, quasi una mamma dopo la morte di Selma.

Altre figure di donna attraversano la vita delle protagoniste: la Medica che insegna a Rosa l’arte della medicina; la suora che insegna a Selma a ricamare, Ada-complice  compagna di zio Fernando, la signora Carolina odiata seconda moglie  di papà Santidivetro, le compagne di scuola di Marinella.

Non è facile  sintetizzare questo caleidoscopico mondo femminile, dominato da un radicato senso di appartenenza e di sostegno  reciproco,  contro ogni forma di prepotenza ed esercizio del potere cieco e retrivo, soprattutto di alcuni uomini violenti e prevaricatori. Le donne della storia incontrano però anche uomini  gentili  e buoni che sapranno ricompensarle dei soprusi subiti, come  Sebastiano, zio Fernando, zio Donato, Luciano del negozio di dischi, Cosimo eterno fidanzato di Patrizia. 

Gli anni tra inizio 900 e gli scintillanti anni 80 in cui cresce Marinella, sono messi a fuoco  attraverso  gli eventi e i riferimenti culturali che li hanno caratterizzati. La musica, per esempio, gioca un ruolo importante nella storia, da Cosa hai messo nel caffè di Riccardo del Turco, che piaceva tanto a Selma, a Sanremo, a tutti i grandi del  pop e del rock anni 80,  alle esclusività che Luciano custodisce nel suo negozio di dischi, luogo in cui desideri e gusti musicali accendono la scintilla dell’amore. Un posto a sé merita la Singer, la macchina da cucire che accomuna molte donne italiane del dopoguerra, che ne fanno quasi uno strumento di emancipazione.

macchina da cucire singer

Il cognome delle donne è un romanzo leggero e profondo nello stesso tempo, una sorta di  romanzo di formazione “familiare”.  Tra le righe si avverte uno sguardo narrativo fresco verso la realtà circostante, che mostra comunque di aver appreso la lezione di grandi scrittrici. A proposito di ispirazioni, non notate una certa somiglianza  tra Rosa e Delia di  C’è ancora domani di Paola Cortellesi? La loro giornata di voto sembra la stessa.

La vena femminista che caratterizza il romanzo, è anch’essa leggera, ma consapevole e realista, filtrata dallo sguardo di una scrittrice figlia della modernità. Il cognome delle donne  di Aurora Tamigio è un gran bel romanzo che soddisfa pienamente i desideri di chi lo legge. 

Assaggi ad alta voce e non…

2 giugno 1946 Rosa va a votare, Chi vi ricorda? 

Delia-Cortellesi

Ma nella primavera del 1946, dopo quasi un anno che sentiva la radio, non solo si era convinta ma era andata persuadere tutte le altre donne del paese che, siccome potevano …votare, dovevano esprimersi non per il re ma per la RePubblica. Che voleva dire la cosa di tutti, una cosa dove si avevano gli stessi diritti a prescindere che si fosse  nati maschi o femmine e lo dimostrava il fatto che anche lei anche tutti loro, potevano votare come gli uomini e come i ricchi. 

[…] Vestita con un abito verde, cento forcine le tenevano in  equilibrio sulla testa un cappellino che Selma non aveva mai visto. Si era messa le scarpe col tacco, bianche e nere e un rossetto color ciclamino sulle labbra. Sembrava una banconota di carta, da quanto era bella. “Amunì, andiamo” disse”.

[…]Davanti all’ingresso del municipio, sventolava la bandiera tricolore  più grande che Selma avesse mai visto e, dietro un tavolo pieno di manifestini, due funzionari dicevano quello che si poteva fare dentro al seggio. A ogni passo Rosa spingeva il petto sempre più innanzi e il mento in alto, che se il cappellino non fosse stato trattenuto dalle forcine sarebbe di certo   caduto indietro. Era l’unica così elegante, e Selma se ne era accorta subito, come si era resa conto che non solo sua madre ma tutte le donne apparivano agitate davanti a quell’evento del voto. In un’altra occasione si sarebbero messe a ciuciuliare tra loro, parlando di figli e mariti oppure  dei reumi accumulati lavando i panni al torrente: invece stavano, come Rosa, impettite e con la tessera elettorale ben stretta tra le dita. Di tanto in tanto si scambiavano un cenno educato, ma niente di più. Non volevano apparire fuori posto né dire una parola di troppo o fare un passo in meno: femmine che Selma aveva visto urlare a tutta gola per chiamare giù dagli alberi i figli disobbedienti o sbiascicare in mezzo alla via maledizioni contro la guerra e gli uomini, adesso procedevano ordinate e silenziose come le chiocciole a bordo strada. p. 59

Col rossetto non si vota! 

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Rosa si era raccomandata con Selma di attenderla all’ingresso del Municipio. Quando aveva fatto per entrare però, il sindaco l’aveva fermata di nuovo, mettendole tutte e due i palmi davanti, rispettosamente, ma non abbastanza perché lei non protestasse. “Le regole non le faccio io, donna Rosa.” Aveva estratto un fazzoletto di stoffa dalla tasca interna della giacca di cotone, che gli stava stretta sulla pancia e che quindi portava sbottonata, e lo aveva allungato a Rosa, “Ci dovrebbe entrare senza rossetto nella cabina elettorale.” Per un solo momento, Rosa aveva abbandonato la sua aria glaciale.  “La motivazione?”

Il maresciallo Conte, più bravo del sindaco a spiegarsi, aveva detto che siccome la scheda elettorale andava incollata con la sputazza, proprio come le buste da lettere, era importante che non avesse alcun segno di riconoscimento, tantomeno tracce di rossetto che rivelassero che si trattava di una elettrice e non di un elettore. “Mentre incollate la busta potreste, senza volerlo, lasciare il segno del rossetto: in questo caso, signora, il vostro voto sarebbe nullo.” Selma aveva guardato sua madre togliersi il rossetto, usando il proprio fazzoletto per strofinarlo via, e non quello che le aveva offerto il sindaco.  “Il rossetto lo portasse con sé, donna Rosa, per farsi bella subito fuori dal seggio.”

 Il 2 Giugno 1946 Selma Quaranta aveva osservato sua madre  entrare nel seggio elettorale allestito nel Municipio del paese di San Remo a Castellazzo: senza rossetto, con il vestito buono e i palmi delle mani umidi, aveva espresso la sua preferenza per la repubblica d’ Italia. Uscita dal seggio, dopo aver salutato con contegno le  divise, il sindaco e i paesani che attendevano in fila dietro di lei, Rosa aveva preso sua figlia sotto braccio per allontanarsi in direzione della chiesa, dove Donato le aspettava al portone di legno. Siccome a rimettersi il rossetto ormai le pareva di fare un piacere al sindaco,  Rosa aveva messo il tubicino nero in mano a Selma. “Questo tienilo tu, te lo regalo.”  ppgg 60e61

Il pater familias è il padrone assoluto di tutto.  “lui è il capofamiglia, l’amministratore unico dei beni e delle vite di tutte loro. Poteva comprare una casa in città senza dire niente a nessuno e poteva obbligare Selma, Patrizia e Lavinia ad andarci a stare.”  p.154 

Le cose tue “Accura a tenerti strette le cose tue Marine’, adesso che sei grande. Non fare come la nonna, come la mamà e come me e patrizia. A chi ti vuole portare via quello che ti spetta, gli devi sputare in faccia.”p.310

La scuola e lo studio “Marinella a scuola non era mai andata troppo male,ma nemmeno bene: non le interessava niente, ma soprattutto detestava l’economia e il diritto. Eppure, se molte persone innamorate rendevano peggio, da quando aveva preso a uscire con Luciano. Marinella andava molto meglio a scuola. ogni volta che si portava i libri al negozio, per ripassare storia o finire gli esercizi di algebra, Luciano si avvicinava curioso, faceva domande e, infine, scuoteva la testa, si lamentava che non sapeva niente e che quello schifìo di scuola elettrotecnica era servito solo a renderlo ignorante come una capra.”p.387