M. Murgia – CHIRÚ. La triade madre-amante-maestra

Eleonora e Chirù si scelgono. Una è la maestra, l’altro è l’allievo. No, non siamo in una scuola  tradizionale, siamo nella scuola della vita dove la distanza di venti anni tra i due ci porta dentro uno scenario umano ricco di implicazioni. Li unisce la musica, il teatro e altro. Innamorati? Amici? Amore pseudo materno e filiale? Comunqe un sentimento forte li coinvolge. 

Chirù è un giovane come tanti altri, confuso e incerto sul suo presente e sul suo futuro:

 “Chirù aveva la spalla appesantita da una borsa piena di spartiti e le gambe gli fluttuavano nei calzoni come batacchi di una campana. Aveva litigato con la sua ragazza e s’infervorava dicendo che era tutto finito. C’era qualcosa di primitivo nell’ansia confidenziale con cui mi si rivelava, e nell’apparenza del suo candore scorsi una spinta selvatica da bestia pronta a tutto. Non avevo mai incontrato qualcuno così terrorizzato dall’idea dell’abbandono[…] Gli spiai il profilo. Tutto in lui appariva approssimativo, dai movimenti a grazia alterna fino all’abbigliamento privo di logica estetica. Aveva la postura un po’ curva che avevo osservato spesso in persone più alte della media, come se la maggiore statura fisica rappresentasse un’affermazione di superbia di cui giustificarsi di continuo. Il collo magro svettava dal giubbotto e i capelli castani erano scarmigliati oltre ogni giustificazione di vento, rigogliosi. Sarebbe morto in molti modi, ma certamente non calvo.”pp-gg 41 e 43

Eleonora è proprio bella, di una bellezza che emerge dalla sua sensibilità e soprattutto dal conflitto tra i suoi dubbi e le sue certezze. È un personaggio che cresce nel corso della storia. Fa i conti con i traumi infantili, con il suo corpo e la sua famiglia. Indelebile il ricordo di suo padre che, avendola vista dormire nuda, dice sprezzante alla moglie: “ Dorme come una puttana”. Un episodio questo che influirà moltissimo nella crescita di Eleonora, e nell’accettazione di sé. È un personaggio che impara a conoscere l’amore e lo vuole provare in ogni sua sfaccettatura. Che faccia gioire o soffrire.

“Dopo essermi tolta il trucco guardai il mio corpo nudo allo specchio e davanti alla sua forma familiare non formulai alcuno dei  giudizi che di solito miriservavo nell’intimità. Non mi vidi  grassa né bassa, e non mi sembrai vecchia né persa. Mi colsi solo donna, piena di una carnalità compiuta, e con la mano mi accarezzai il gonfiore del seno, il ventre accennato  e una spalla rotonda, sfiorandola come se dovessi tirrar giù un’invisibile sottoveste di paure. Non tolsi tutto per dormire. Era una di quelle notti in cui è meglio andare a letto con gli orecchini perché non sai chi potresti incontrare nei sogni” p.133

Molto significativo  è il suo rapporto con Martin Von Lothringen, un musicista svedese molto famoso, con una risata travolgente e una grande passionalità, a dispetto di un aspetto algido da nordico. Con lui  Eleonora apre il suo spazio nascosto e profondo di sofferenza antica. Stoccolma lascia filtrare lame di fuoco  tra le sue nebbie e il suo buio complice.  Sembra quasi che, in certi momenti, Eleonora sia Chirù. Come lui è  totalmente dentro un percorso di maturazione, sebbene avanti di vent’anni rispetto al giovane Chirù, e ai precedenti allievi.

 La triade madre-amante-maestra

In molte occasioni  la vista di Eleonora e Chirù insieme suscitano sorrisetti, ammiccamenti, insomma fanno scattare il pregiudizio: una trentottenne che “si prende cura” di un ventenne! Un’altra storia di toyboy e cougar? O, piuttosto, una storia di affinità elettive? 

Se fossi stata per Chirù solo una madre, una madre logica disposta a rivendicare la supremazia su quella biologica, quel titolo terribile ci avrebbe divorati entrambi. La volontà di una maternità assoluta l’avrebbe reso per me un figlio eterno, stritolato dai denti segreti di un utero razionale che non avrebbe concepito alcuna libertà fuori da sé. Se però fossi stata una maestra e nient’altro per Teo e Alessandro(precedenti allievi), li avrei perduti una volta esaurito il percorso di formazione, nel momento misterioso e terribile in cui l’allievo non si riconosce più tale. Se fossi stata la loro amante li avrei segnati di me senza ritorno, rubando loro il diritto a farsi imprimere la  memoria del corpo da qualcuno che disponeva del solo potere dei sensi, mentre io avevo anche tutti gli altri. La madre, l’amante, e la maestra erano una triade simbolica che non poteva perdere neppure un tassello: le prime due si facevano la guardia a vicenda, e la terza ricordava a entrambe che il privilegio di quella tensione aveva il tempo contato. Sapevo di essere un insieme  di queste cose, ma allo stesso tempo non ne ero alcuna pienamente. Proprio in quell’incompiutezza si reggeva l’equilibrio che rendeva possibile l’affiancamento. Rinunciare a uno di quegli aspetti o assumerne uno soltanto significava essere disposta a far sedere i miei demoni accanto alle persone di cui pretendevo di indirizzare il destino.” p.110

Gli oggetti della storia

Anche gli oggetti aiutano a crescere…

Il carrello da gelataio è il giocattolo negatole dal padre quando era una bimba felice di essere alla fiera con mamma, papà e il fratello Daniele. Troppo caro? Troppo  diverso dal tipo di giocattoli adatti a una bambina? Quel carrello diventerà il simbolo della  “ribellione” di Eleonora, e un pezzo di arredamento irrinunciabile nella sua casa di adulta:

“Tra i passeggini rosa e le bambole di ogni dimensione brillava un carrello da gelataio bianco e dorato in stile retrò, con le ruote girevoli, un set di otto coni in finta cialda e altrettanti gusti colorati da  avvitarci sopra. Sul carrello c’era una tendina a strisce dove si poteva apprendere la scritta ICE CREAM, e l’insieme mi apparve come un prodigio in tossiche sfumature pastello che fece impallidire di colpo ogni mia scorribanda pomeridiana[…] “Lasci, grazie, ma non va bene”( disse il padre) p. 8

I tessuti preziosi. Eleonora è all’opera come maestra di vita. Vuole mostrare a Chirù un posto  speciale dove lui possa capire cosa sia un tessuto di qualità e come questo sia  segno di eleganza e raffinatezza. La gita d’istruzione  è nella famosa sartoria del maestro di stoffe Frongia, un’ ”imponente cattedrale”, tra tessuti stupefacenti come i velluti  Visconti di Modrone, un tessuto frutto della genialità italiana. 

Scegliere un allievo brillante da accompagnare verso l’autonomia esistenziale è una relazione che non avevo mai considerato. Murgia ne analizza tutti gli aspetti caratterizzanti. E la sua analisi mi coinvolge, ancora una volta con il suo stile peculiare. L’io narrante è proprio lei. Non riesco a scindere le due entità, specialmente quando fa entrare in ballo le sue esperienze di vita, la sua terra, la lingua sarda che usa per dare a un concetto corpo e suono unici.

Quando leggo i suoi romanzi percepisco l’ autenticità e la complessità di una donna moderna. E questo mi piace molto.